C’è una scoperta su neutrini e raggi cosmici da far girare la testa

È stata trovata la sorgente che li ha prodotti a 4 miliardi di anni luce da noi: la storia comincia a migliaia di metri nelle profondità dell'Antartide

di Emanuele Menietti – @emenietti

Il laboratorio di IceCube in Antartide (Icecube/NSF)
Il laboratorio di IceCube in Antartide (Icecube/NSF)

Uno speciale osservatorio sommerso al di sotto dei ghiacci dell’Antartide e la collaborazione tra decine di telescopi – in tutto il mondo e in orbita – hanno permesso di identificare una fonte di neutrini cosmici, le particelle subatomiche con massa piccolissima e nessuna carica elettrica che possono viaggiare per miliardi di anni luce nell’Universo attraversando qualsiasi corpo celeste, compresa la Terra. La scoperta ci permetterà di capire meglio che cosa produce le particelle subatomiche a grande distanza e l’origine dei raggi cosmici. Le due ricerche che sulla rivista Science spiegano nel dettaglio lo storico risultato sono state accolte con grande interesse e, secondo molti ricercatori, sono la conferma delle grandi opportunità offerte dall’astronomia multi-messaggero: l’interpretazione di più segnali e osservazioni con mezzi diversi per comprendere il funzionamento dell’Universo e in ultima istanza come si è formato tutto, noi compresi.

Nelle profondità del Polo Sud
I neutrini ad alta energia sono tipi piuttosto sfuggenti, tanto da essere chiamati amichevolmente “fantasmi” dagli stessi ricercatori. Per riuscire a rilevarne il passaggio servono particolari ed enormi rivelatori, che devono essere il più possibile isolati per evitare interferenze. Uno di questi, il più grande di tutti per volume, si chiama IceCube ed è stato costruito al di sotto della superficie dell’Antartide. Semplificando, è composto da oltre 5mila sensori di luce, disposti a griglia a una profondità massima intorno ai 2.800 metri: il loro compito è di attendere che per puro caso un neutrino di passaggio vada a sbattere contro un atomo, invece di attraversare tutto il pianeta senza urtare qualcosa.

Rappresentazione schematica dei sensori di IceCube, immersi nelle profondità dell’Antartide ( IceCube Collaboration/NSF)

Quando un neutrino interagisce con il nucleo di un atomo, si crea una particella carica secondaria, che a sua volta produce per qualche istante un cono di luce blu, ed è questa a essere rilevata dai sensori. La particella secondaria e la luce blu mantengono sostanzialmente la stessa traiettoria che stava percorrendo il neutrino, quindi seguendola a ritroso i ricercatori possono risalire alla sorgente che aveva emesso il neutrino.

IceCube rileva il passaggio di un neutrino ogni manciata di minuti, la maggior parte delle rilevazioni riguarda però neutrini a bassa energia, che sono prodotti relativamente vicino alla Terra e per fenomeni già noti e piuttosto comuni. Ai ricercatori in Antartide interessano neutrini molto più energetici, intorno ai 300 teraelettronvolt (TeV, l’elettronvolt è l’unità di misura dell’energia usata nella fisica delle particelle, indica l’energia guadagnata o persa dalla carica elettrica di un singolo elettrone, mentre si muove nel vuoto tra due punti che hanno una differenza di potenziale di 1 Volt). Per fare un confronto, l’energia dei protoni che vengono fatti circolare e collidere nel più grande acceleratore di particelle al mondo, quello del CERN a Ginevra, raggiunge di solito i 6,5 TeV.

Raggi cosmici
Per capire l’importanza nell’osservazione dei neutrini e della scoperta annunciata su Science, dobbiamo far entrare in scena i raggi cosmici, cioè le particelle altamente energetiche che raggiungono costantemente la Terra. Furono identificati più di un secolo fa e continuano a essere un mistero per gli astrofisici. I raggi cosmici sono le particelle con più alta energia mai osservate, fino a 100 milioni di volte più energetici delle particelle prodotte nell’acceleratore del CERN. La loro formazione avviene al di fuori della nostra galassia: le loro tracce sono meno complicate da rilevare rispetto ai neutrini, ma non sappiamo di preciso che cosa sia a crearli e a proiettarli fino a noi da distanze enormi, né da dove provengano. Tra i principali indiziati dalle teorie ci sono gli eventi cosmici più violenti e colossali noti, come le collisioni tra galassie o i buchi neri supermassicci al centro di alcune galassie.

I raggi cosmici sono costituiti da particelle cariche, per lo più protoni ad alta energia, e non seguono una traiettoria ben definita: il loro viaggio viene disturbato dai campi magnetici che incontrano nello Spazio, cambiando di continuo il loro percorso. Sappiamo però che nel momento in cui vengono prodotti si producono anche neutrini. Come abbiamo visto, i neutrini non hanno carica, quindi la loro traiettoria non è disturbata dai campi magnetici. Inoltre, sono così piccoli da non avere quasi massa e da interagire raramente con il resto della materia. Una volta che inizia il suo viaggio, è rarissimo che un neutrino cambi rotta: essendosi formato insieme ai raggi cosmici, se segui a ritroso il suo percorso troverai anche la fonte dei raggi cosmici. Ed è quello che è successo.

Un neutrino da una galassia lontana lontana
Il 22 settembre 2017 alle ore 20:54:30.43 UTC IceCube ha rilevato la collisione di un neutrino ad altissima energia con un atomo, all’interno o nei pressi dei suoi sensori sotterranei. Quasi istantaneamente, è stato inviato un segnale con le coordinate della traiettoria a una rete di telescopi in giro per il mondo e in orbita intorno alla Terra, facendo partire una ricerca collettiva che avrebbe poi convolto centinaia di esperti e ricercatori con storie e culture diverse. Seguendo le indicazioni di IceCube, il telescopio spaziale Fermi della NASA è stato il primo a identificare una forte attività di raggi gamma (indicatori delle interazioni dei raggi cosmici) proveniente da TXS 0506+056, un blazar. Bla che? Niente paura, ora vediamo di cosa si tratta.

I principali telescopi terrestri e spaziali impegnati nella ricerca della sorgente del neutrino rilevato da IceCube (Nicolle R. Fuller/NSF/IceCube)

Blazar
Per quanto ne sappiamo, ogni galassia ospita nel suo centro un buco nero. Anche la nostra Via Lattea ne ha uno, ma fortunatamente per noi il nostro è quiescente: se ne sta tranquillo senza ingurgitare la materia che ha intorno. Molte altre galassie non sono altrettanto fortunate: i loro gas e polveri vengono attirati dal buco nero, portando alla formazione di un “disco di accrescimento”. La grandissima attrazione gravitazionale esercitata dal buco nero fa sì che le parti più interne del disco girino ad altissima velocità, prossima a quella della luce, mentre nell’area più esterna del disco si muovono più lentamente. L’attrito tra le due parti e il forte campo magnetico fanno riscaldare enormemente i gas nel disco di accrescimento (parliamo di milioni di °C), che emettono grandi quantità di energia e concentrano il campo magnetico.

In questa elaborazione grafica, il blazar a sinistra proietta verso la Terra il neutrino poi identificato da IceCube (IceCube/NASA)

Il risultato è una sorta di fionda: il campo magnetico diventa così intenso da riuscire a strappare materiale dal disco di accrescimento e a spararlo a grande distanza a velocità simili a quella della luce. Il materiale viene proiettato da due getti che vanno in versi opposti, lungo l’asse di rotazione del disco. Se il disco di accrescimento è orientato verso di noi, e quindi vediamo direttamente uno dei due getti che ci punta contro, parliamo di blazar. Nel caso in cui l’orientamento sia diverso si parla di galassie attive, che a loro volta sono catalogate in vari modi a seconda delle loro caratteristiche.

TXS 0506+056 è un blazar che si trova a circa 4 miliardi di anni luce dalla Terra e, secondo le osservazioni basate sul rilevamento di IceCube, è il principale indiziato per la produzione di neutrini ad alta energia e di conseguenza di raggi cosmici. Questo blazar è una delle fonti più luminose nell’Universo conosciuto, altra caratteristica che rende più plausibile il fatto che sia in grado di produrre le accelerazioni di materia che portano alla formazione di raggi cosmici e di neutrini. I dati raccolti da altri osservatori in giro per il mondo hanno offerto ulteriori conferme sulle caratteristiche del blazar.

La sorgente dei raggi cosmici
Il telescopio spaziale Fermi – chiamato così in onore del fisico italiano Enrico Fermi, tra i pionieri dello studio dei raggi cosmici – in 10 anni di attività ha tenuto sotto controllo circa 2mila blazar rilevando i raggi gamma ad alta energia, prodotti in seguito all’accelerazione di elettroni o di protoni. L’osservazione di un neutrino, che è l’impronta lasciata dalle interazioni tra protoni, è la prova cercata da tempo sulla capacità dei buchi neri di funzionare come acceleratori di protoni. Poiché TXS 0506+056 produce neutrini di questo tipo, possiamo dire che il blazar sia anche la sorgente dei raggi cosmici.

Dopo l’osservazione del 22 settembre scorso, un altro gruppo di ricercatori si è messo a scartabellare nell’archivio delle precedenti rilevazioni di IceCube. Una decina di osservazioni è risultata compatibile con TXS 0506+056 come loro fonte, offrendo nuovi elementi per confermare che il blazar a 4 miliardi di anni luce da noi è una sorgente di neutrini ad altissima energia e di raggi cosmici.

Messaggeri cosmici
Saranno necessari nuovi studi e analisi per comprendere meglio il comportamento dei blazar, ma la scoperta è comunque storica e aggiunge un elemento molto importante nello studio dell’Universo. Tra i misteri da risolvere rimane da capire attraverso quali meccanismi i blazar riescono ad accelerare le particelle, facendo raggiungere livelli di energia così alti. Ma la recente scoperta non è solo un successo per lo studio dei raggi cosmici: è la conferma delle enormi potenzialità dell’astronomia multi-messaggero (o multi-messaggio), basata sulla combinazione delle informazioni fornite da diversi “messaggeri” (come i neutrini), per interpretare e ricostruire il funzionamento dell’Universo, la nostra casa.