• Sport
  • Mercoledì 11 luglio 2018

Perché tutti i calciatori fanno questo gesto?

Davanti a un gol mancato si mettono le mani tra i capelli, così come i tifosi: lo abbiamo visto e fatto migliaia di volte, il New York Times ha provato a rispondere

Cristiano Ronaldo durante la partita del Portogallo contro l'Iran ai mondiali di Russia 2018 (Imaginechina via AP Images)
Cristiano Ronaldo durante la partita del Portogallo contro l'Iran ai mondiali di Russia 2018 (Imaginechina via AP Images)

Un assist al momento giusto dal compagno di squadra, un difensore superato all’ultimo istante, lo spazio libero fino alla porta, il tiro, la palla vola di poco sopra la traversa mancando una preziosa occasione, l’attaccante osserva incredulo e si mette le mani tra i capelli. È una scena che abbiamo visto più volte nel corso dei Mondiali in Russia e che si ripete praticamente su qualsiasi campo di calcio, da quelli improvvisati in spiaggia a quelli delle serie maggiori e della Champions League. Quando sbagliano un gol o perdono un’occasione, i giocatori si mettono le mani in testa, spesso contagiando i loro stessi tifosi in un unico e universale gesto di rammarico. Ma perché?

Sul New York Times, David Gendelman ha provato a rispondere consultando alcuni psicologi e le ricerche pubblicate sulle reazioni delle persone, in particolari situazioni di stress o nelle quali ci sono grandi aspettative. La prima spiegazione è piuttosto intuitiva e immaginabile, come ha spiegato Jessica Tracy, docente di psicologia presso l’Università della Columbia Britannica (Canada): mettersi le mani nei capelli significa “mostrare di essere consapevoli di avere fatto una cavolata”. Secondo Tracy è un modo per mostrare agli altri di sapere di non avere fatto bene qualcosa: “Me ne rendo conto e mi spiace, quindi non serve che mi sbattiate fuori dal gruppo, non c’è bisogno che mi facciate fuori”.

Tracy ha lavorato a lungo sull’analisi del comportamento degli sportivi. In una ricerca pubblicata nel 2008 si occupò dei gesti di vittoria e sconfitta fatti dagli atleti olimpici e paralimpici vedenti e non vedenti. Insieme con il suo collega David Matsumoto, Tracy notò che il modo di mostrare orgoglio o vergogna a seconda dell’esito delle gare era comune tra i due gruppi, indicando quindi una reazione innata e universale. Sul modo in cui reagiscono i calciatori davanti a un errore o a un’occasione mancata, dice Tracy: “Hai la testa tra le mani: questo indica vergogna. Hai il giocatore che cerca di farsi più piccolo, se noti il modo in cui muove le braccia per portarle alla testa. Questi sono modi classici di mostrare vergogna”.

L’uruguaiano Carlos Sanchez durante Uruguay – Arabia Saudita ai Mondiali, 20 giugno 2018 (PASCAL GUYOT/AFP/Getty Images)

Portarsi le mani alla testa è un gesto piuttosto diffuso e che viene eseguito in numerosi contesti, ma sembra comunque essere soprattutto comune sui campi di calcio. La cosa non sfuggì già nel 1981 all’etologo e zoologo Desmond Morris, autore del saggio La tribù del calcio, diventato un classico della sociologia su tifo e comportamenti calcistici riconducibili a quelli tribali. Nel suo saggio, Morris inserì il gesto delle mani in testa tra le 12 più comuni forme di manifestazione di sconfitta da parte dei calciatori. Secondo Morris, ha la funzione di darsi conforto: “Un sistema diffuso quando l’individuo ha la necessità di un abbraccio rassicurante, ma non ha nessuno nelle vicinanze che possa darglielo”. Da etologo, Morris spiega che comportamenti di questo tipo sono diffusi anche tra gli altri primati.

La reazione davanti a un gol mancato per un errore o per una parata improbabile per quanto acrobatica del portiere è sostanzialmente la stessa. Secondo Dacher Keltner, docente di psicologia presso l’Università della California, Berkeley, portarsi le mani tra i capelli ha comunque un’origine molto antica: “L’intenzione comportamentale più antica per quel genere di gesto è proteggere la propria testa da eventuali colpi”. A metà degli anni Novanta, Keltner condusse una ricerca sulle reazioni emotive delle persone quando sentono di colpo una forte esplosione o un rumore molto intenso. I volontari studiati tendevano ad avere reazioni simili a quelle dei giocatori di calcio: “Senti un rumore molto forte e lo metti in relazione alla possibilità di essere colpito in testa da qualcosa, ed essendo il capo vulnerabile e un punto critico, tendi a proteggerlo”.

Il brasiliano Neymar durante Brasile – Belgio ai Mondiali, 6 luglio 2018 (JEWEL SAMAD/AFP/Getty Images)

Keltner ha inoltre notato che spesso i calciatori, e gli sportivi in genere, tendono ad accompagnare il gesto principale delle mani tra i capelli con altre reazioni. Alcuni si coprono le faccia con le mani e chinano il capo, sempre in segno di vergogna. Altri, invece, tengono le mani sulla testa e guardano verso l’alto come alla ricerca di una risposta sovrannaturale al mancato gol. Più il gesto è evidente, più è probabile che sia istintivamente imitato da altri compagni di squadra e dai tifosi sugli spalti. Le motivazioni in questo caso possono differire: mentre il calciatore che ha mancato il gol reagisce alla sua stessa azione, i tifosi spesso reagiscono a una prospettiva più ampia legata all’andamento della partita in generale e alla possibilità di vincerla o perderla.

Un tifoso russo durante Russia – Croazia ai Mondiali, 3 luglio 2018 (KIRILL KUDRYAVTSEV/AFP/Getty Images)

Naturalmente non sono solo i calciatori a mettersi le mani in testa quando qualcosa va storto, o se posti davanti a un evento sorprendente. Il gesto è piuttosto diffuso e comune anche fuori dai campi da calcio e sportivi in generale, ma passa più spesso inosservato. Una partita di calcio di Serie A o dei Mondiali è ripresa da decine di telecamere con angolazioni diverse, che ripropongono nel dettaglio non solo le azioni di gioco, ma anche le reazioni dei calciatori per rendere più emozionante l’esperienza degli spettatori. Avvenendo dopo un’occasione mancata, le mani tra i capelli sono sempre riprese dalle telecamere e non passano mai inosservate: questo contribuisce a farcele percepire ancora più frequenti e ricorrenti durante i 90 minuti di gioco.