• Mondo
  • Lunedì 9 luglio 2018

Etiopia ed Eritrea faranno la pace?

Due giorni fa ad Asmara è successa una cosa che non accadeva da quasi 20 anni, e sembra essere una buona notizia

L'abbraccio tra il primo ministro etiope Abiy Ahmed e il dittatore eritreo Isaias Afwerki ad Asmara, Eritrea, 8 luglio (ERITV via AP)
L'abbraccio tra il primo ministro etiope Abiy Ahmed e il dittatore eritreo Isaias Afwerki ad Asmara, Eritrea, 8 luglio (ERITV via AP)

Domenica è stato un giorno particolare ad Asmara, la capitale dell’Eritrea, perché è successa una cosa che non accadeva da quasi vent’anni, cioè dalla fine della sanguinosa e violenta guerra tra Eritrea ed Etiopia. Il primo ministro etiope Abiy Ahmed è arrivato all’aeroporto internazionale di Asmara dove ha incontrato il dittatore eritreo Isaias Afewerki: i due si sono abbracciati, hanno sorriso e scherzato, prima di tenere un incontro sulla complicata relazione tra i due paesi, ufficialmente in guerra dal 1998.

Domenica sera, Abiy ha annunciato di avere concordato con Afewerki la riapertura della rotta aerea diretta tra le capitali dei due paesi, Addis Abeba e Asmara, del commercio bilaterale e delle rispettive ambasciate. È stata annunciata inoltre la ripresa delle linee telefoniche dirette tra i due stati, per la prima volta negli ultimi due decenni. Tra le altre cose, Abiy ha detto: «Non c’è più alcun confine tra Etiopia ed Eritrea, perché un ponte d’amore l’ha distrutto». Nonostante le necessarie cautele, diversi osservatori hanno considerato l’esito dell’incontro incoraggiante: da un accordo di pace tra i due governi potrebbe infatti beneficiare l’intera regione del Corno d’Africa, una delle più instabili di tutto il continente.

I rapporti tra Eritrea ed Etiopia sono complicati da molti anni. L’Eritrea ottenne l’indipendenza dall’Etiopia nel 1993, dopo essere stata a lungo una sua provincia. Inizialmente i due paesi mantennero buone relazioni, ma nel 1998 iniziò una guerra per dispute territoriali nella quale furono uccise 80mila persone e migliaia di famiglie furono costrette a separarsi. Da allora le relazioni tra i due paesi sono rimaste ostili. L’Etiopia ha occupato alcuni territori in violazione dell’accordo che aveva messo fine agli scontri, mentre il leader eritreo Isaias ha usato il pretesto di una presunta minaccia alla sicurezza nazionale proveniente dall’Etiopia per giustificare una brutale repressione interna (condanne senza processi, chiusura di tutti i media indipendenti, annullamento delle opposizioni).

Le cose sono cominciate a cambiare con l’insediamento a capo del governo etiope di Abiy, all’inizio di aprile, che ha mandato segnali di apertura fin dal suo discorso inaugurale.

Il presidente e dittatore eritreo Isaias Afewerki, secondo da sinistra, l’ex presidente kenyano Mwai Kibaki, terzo da sinistra, e Ngina Kenyatta, moglie di Jomo Kenyatta, primo presidente del Kenya indipendente, a Nairobi, il 12 dicembre 2013 (SIMON MAINA/AFP/Getty Images)

All’inizio di giugno Abiy ha annunciato a sorpresa che il suo governo avrebbe rinunciato alle rivendicazioni territoriali che erano state la causa dell’inizio della guerra tra i due paesi. Abiy ha detto che l’Etiopia avrebbe infine accettato e applicato l’accordo di pace sostenuto dalle Nazioni Unite nel 2000, che prevede la cessione di alcuni territori all’Eritrea. Pochi giorni dopo l’annuncio di Abiy, il regime eritreo ha comunicato la sua intenzione di mandare una delegazione ad Addis Abeba, passaggio preliminare per l’incontro di domenica tra i due leader. Hallelujah Lulie, analista esperto di Corno d’Africa, ha detto al Washington Post che un ruolo importante nel processo di mediazione tra i due paesi è stato svolto da Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti, che negli ultimi mesi si sono avvicinati al governo eritreo e hanno favorito il dialogo.

Il 26 giugno scorso è arrivata nella capitale etiope una delegazione di alto livello del governo eritreo, di cui ha fatto parte anche il ministro degli Esteri Osman Saleh Mohammed. L’incontro è stato preparato con attenzione dal governo etiope, che si è anche adoperato per renderlo ben visibile. Il 26 giugno per le principali strade di Addis Abeba sventolavano bandiere dell’Eritrea e in diverse zone della città erano stati appesi cartelloni e striscioni con scritto “Benvenuti” sia in amarico, la lingua ufficiale dell’Etiopia, sia in tigrino, una delle lingue parlate in Eritrea. All’aeroporto internazionale di Addis Abeba, ad aspettare la delegazione eritrea c’erano anche alcuni importanti e conosciuti sportivi etiopi, come la tre volte vincitrice olimpica sui 5000 metri piani Tirunesh Dibaba.

Tirunesh Dibaba, atleta etiope tre volte vincitrice olimpica dei 5000 metri piani, e suo marito, Sileshi Sihine, altro importante atleta etiope, mentre aspettano la delegazione eritrea all’aeroporto internazionale di Addis Abeba il 26 giugno 2018 (YONAS TADESSE/AFP/Getty Images)

Celebrazioni simili sono state preparate ad Asmara per l’incontro di domenica tra Abiy e Afewerki: nelle vie della città c’erano persone che sventolavano le bandiere di entrambi i paesi e che cantavano chiedendo la pace. Mesfin Negash, analista etiope esperta di diritti umani, ha detto al New York Times: «Non è una relazione diplomatica ordinaria. È un giorno emozionante. Il processo di pace ora appartiene alle persone. Entrambi i leader non possono più sottrarsi alla pressione popolare».

Non è chiaro quali saranno i prossimi passi dei due governi, e se e quando si concretizzerà davvero un accordo di pace. I segnali positivi sono però diversi, e potrebbero avere conseguenze per tutta la regione. Hallelujah ha detto al Washington Post: gli ultimi eventi «ridisegneranno radicalmente la mappa geopolitica del Corno d’Africa e dell’Africa orientale. La rivalità tra Etiopia ed Eritrea ha avuto ripercussioni nei conflitti in Sud Sudan, Somalia e anche in Ciad». Ora le cose però potrebbero cambiare, ha concluso.