11 cose sull’ottavo episodio di “Westworld”

È stato diverso: per gran parte parlato in una lingua che non conoscete e con un protagonista di cui forse non sapevate nemmeno il nome

“Kiksuya”, l’ottavo episodio della seconda stagione di Westworld, è disponibile in versione originale su Sky Atlantic, dove si potrà vedere in italiano dal 18 giugno.
“Kiksuya” è un episodio particolare perché si concentra su un personaggio di cui si sapeva poco e ne racconta la storia per 45 minuti, mostrando la grande importanza che ha quella specifica vicenda personale all’interno della ben più grande storia della serie.
La particolarità dell’episodio sta anche nel fatto che, per una volta, l’impatto emotivo è molto più forte della spinta all’analisi e alla decostruzione.

Nel caso di “Kiksuya”, finito l’episodio non ti fai mille domande e non hai mille dubbi, come invece era capitato per tutti gli episodi fin qui; un po’ di dubbi restano, ma prevale il coinvolgimento. C’è comunque anche tutto il resto, ovviamente. Come ha scritto Brian Grubb su Uproxx: «Questa serie sui milionari che giocano con i robot è diventata un’esplorazione della coscienza e di cosa significhi essere vivi. A volte ci sono anche massacri di samurai con una cover del Wu-Tang Clan in sottofondo».

Da qui in poi, SPOILER su “Kiksuya”, ottavo episodio della seconda stagione di Westworld.

La storia di Akecheta 

“Kiksuya” è un lungo flashback in cui Akecheta, il capo della Nazione Fantasma (o Ghost Nation), racconta la sua storia alla figlia di Maeve (che ancora non ha un nome). Alla fine dell’episodio si scopre però che quella storia la sta raccontando anche – o forse, soprattutto – a Maeve, che riesce a entrare in contatto con i residenti androidi del parco.
Akecheta racconta il suo decennale percorso verso il “risveglio”, verso la presa di coscienza della sua situazione di androide costretto a vivere innumerevoli vite in un mondo finto. Inizia a porsi strane domande trovando un’immagine del labirinto di cui tanto parlavamo durante la prima stagione. Lo trova dopo che Dolores ha ucciso Arnold e da lì inizia a vagare cercando una via d’uscita da quel mondo/labirinto; e lo trova anche grazie alle parole di un delirante Logan.

Quasi tutti gli altri androidi residenti del parco hanno un ciclo di vita molto breve, “muoiono” spesso all’interno dei loro loop narrativi. Akecheta invece non viene ucciso per diversi anni e quindi ha tempo per ricordare e mettersi a vagare per il parco – si spinge molto lontano e vede nell’Oltre Valle (the Valley Beyond) quella che lui pensa essere una porta d’uscita da quel mondo. Vuole portarci sua moglie Kohana, ma il tentativo finisce male. Akecheta dedica quindi tutto il suo tempo a disseminare in giro per il parco rappresentazioni del labirinto, perché anche gli altri sappiano.

La cosa più importante dell’episodio è senza dubbio l’incontro di Akecheta con Robert Ford, che dà un gran contributo alla “messa in discussione della natura della sua realtà”. Ford non sapeva che Akecheta stesse capendo così tante cose. Durante la loro conversazione, che vediamo in un flashback, Ford gli dice che quando Dolores (la “portatrice di morte”) lo ucciderà, sarà Akecheta a dover guidare il suo popolo verso un nuovo mondo. È quello che sta provando a fare nel tempo presente della storia.

Nell’episodio succede anche altre cose: l’Uomo in Nero viene prima salvato da Akecheta e poi consegnato a sua figlia Emily, che pare molto arrabbiata con suo padre e in ottimi rapporti con Akecheta. Maeve, in fin di vita, affida sua figlia ad Akecheta. Lee Sizemore dimostra di essersi molto affezionato a Maeve. Charlotte Hale scopre i “poteri” di Maeve e chissà se e come riuscirà a usarli.

Nonostante sia un episodio di emozioni più che di concetti, “Kiksuya” è comunque un episodio di Westworld: ci sono le solite teorie, traduzioni, domande, risposte e curiosità.

Kiksuya

Gli abitanti della Ghost Nation parlano la lingua lakota, che nel nostro mondo – quello vero, fuori dalla serie – è anche nota come lakhota, lakotiyapi o teton. È una delle lingue dei nativi americani e il titolo dell’ottavo episodio è in lakota: significa “ricordare”. Le altre parole in lakota che si fanno notare sono Mi cante ki yu ha ya ye, “porta il mio cuore ovunque tu vada”.

Bignamino sulla Ghost Nation e su Akecheta

Nella prima stagione, quelli della Ghost Nation erano quelli strani con la pelle colorata che non si sapeva cosa facessero, a parte offrire un diversivo alle avventure degli ospiti umani del parco che si annoiavano a Sweetwater. Nella prima stagione gli indigeni (ma sono robot, indigeni non è proprio la parola giusta) lottavano con i Confederados e si rifiutavano di eseguire gli ordini del capo della sicurezza Ashley Stubbs. Nella seconda stagione avevano fin qui mostrato di non subire il controllo mentale e di essere interessati a catturare gli umani, forse per salvarli da Dolores.

Il protagonista di “Kiksuya” è uno degli androidi di vecchia generazione: lo si vede nel flashback che racconta la presentazione fatta, nel mondo vero, davanti a Logan Delos (nel secondo episodio della seconda stagione). Gli androidi Alpha, come lui e Dolores, sono quelli su cui Ford ha avuto più possibilità di influire e sono anche quelli che vivono nel parco da più tempo. Akecheta è interpretato da Zahn McClarnon: ha 51 anni, suo padre è irlandese e sua madre lakota; potreste averlo già visto quando è stato Hanzee Dent nella seconda stagione di Fargo.

Akecheta, Maeve, Dolores e la coscienza

Akecheta è per Ford “un fiore che è cresciuto nell’oscurità”: trova l’immagine del labirinto per caso ed è per caso che incontra Logan e trova i lavori in corso nell’Oltre Valle. Queste tre coincidenze, insieme al fatto che resta nel parco per dieci anni senza mai passare dai laboratori, lo portano a prendere coscienza di sé e mettere insieme tutti i necessari pezzetti del puzzle.  Conoscendo Westworld, è importante dare il giusto peso al come e al quando Akecheta ha preso coscienza di sé e della sua condizione: ci è arrivato prima di molti altri e senza che qualcuno lo spingesse a farlo.

Molti hanno notato le somiglianze tra le storie di Akecheta e Maeve: entrambi hanno il loro momento-scoperta nei laboratori di Westworld e per entrambi il principale motivo dell’azione non è la vendetta o la libertà, ma la possibilità di riunirsi a una persona amata. La cosa notevole è che dopo “Kiksuya” sappiamo che Akecheta è arrivato alla coscienza prima ancora che Maeve iniziasse a farsi le prime domande a riguardo. È anzi anche in parte grazie a un bambino indigeno della Ghost Nation (che fa cadere una piccola bambola modellata sulla figura dei tecnici di Westworld) che Maeve inizia a mettere insieme i necessari puntini.

La cosa importante, però, è come potrebbe prenderla Dolores. Fin qui si è chiaramente sentita un’eletta, la depositaria di un grande impegno da parte di Arnold e Ford affinché fosse lei a guidare la ribellione. Ora invece potrebbe scoprire che c’è chi aveva capito le stesse cose molto prima di lei e senza grandi aiuti umani, e ora ha come missione impedirle di fare quello che vuole fare nell’Oltre Valle.

È anche interessante che, dopo aver trovato la strade per l’autocoscienza, Maeve lasci alle persone la possibilità di scegliere se seguirla o no, Aketcha aiuti gli altri a trovare la strada da lui trovata per “svegliarsi”, Dolores scelga di non lasciare scelta e fare tutto lei.

Paesaggi, inquadrature, luci e colori

McClarnon, l’attore che interpreta Akecheta, ha raccontato che molte delle scene di “Kiksuya” sono state fatte prendendo ispirazione dai film di Terrence Malick, in particolare dal suo The New World – Il nuovo mondo, uscito nel 2005, e che lui si è personalmente molto ispirato a La sottile linea rossa, diretto da Malick nel 1998. L’episodio è stato diretto dalla regista Uta Briesewitz.

In questi giorni è uscita anche un’intervista/raccolta fotografica in cui Howard Cummings, scenografo della seconda stagione di Westworld ha parlato delle cose che lo hanno ispirato. Cummings, che ha 36 anni e non ha lavorato alla prima stagione di Westworld ha parlato di paesaggi western, corpi senza pelle (che ora sappiamo chiamarsi écorché) e, ovviamente, paesaggi e interni giapponesi.

Succede anche ai migliori

Il problema di una serie ambiziosa, profonda e piena di importanti dettagli è che ci sono molte persone che guardano con grande attenzione ogni scena, spesso più volte di fila. Qualcuno si è accorto di due errori: in un caso si vede un operatore che segue Maeve con una cinepresa (in basso a sinistra nella prima immagine, o in questa gif), in un altro si vede una donna che, mentre Akecheta uccide qualcuno a pochi metri da lei, gioca con una pistola (nel video sotto la gif).

Una critica

Se siete qui è perché guardate Westworld, e se non siete di quelli che guardano le cose giusto per averne una in più da criticare, la guardate perché vi piace. Facendo i conti con quelli che hanno un’opinione diversa, però, Megan McArdle ha di recente scritto sul Washington Post che «Westworld ha tutti gli ingredienti della grande serialità tranne uno: l’unico davvero importante». Dice:

Tutto quello che funzionava nella prima stagione ha smesso di funzionare. Le linee temporali differenti, una volta scoperto il trucco, non generano più suspense. E sembra che gli sceneggiatori si siano impigriti e non vogliano più giocare a non farci capire in quale linea temporale siamo, senza cercare la coerenza. Passiamo il tempo a chiederci “aspetta, questo quando è ambientato?” e smettiamo di farci prendere dalla vicenda.

La serie continua a essere visivamente ottima. Continua a essere piena di puzzle da ricomporre e profonde questioni filosofiche sulla natura umana. La sua struttura complicata merita elogi: se non per il risultato almeno per l’ambizione. Quello che non c’è più in Westworld è un motivo per seguire le storie di personaggi di cui non ci importa granché, che saltano meccanicamente da un meccanismo narrativo all’altro verso un finale che, come unica cosa, sarà percepito come un sollievo.

Questa può tornare comoda

In molti ci hanno provato, in pochi ci sono riusciti davvero. Ma negli ultimi giorni sta avendo diversi consensi una linea temporale, aggiornata dopo ogni episodio, degli eventi di Westworld. Magari vi torna utile, se non avete paura che vi confonda ancora di più le idee.

La canzone della settimana

Avete riconosciuto la canzone di questa settimana, quella che si sente mentre Akecheta vaga per i laboratori della Delos? È ovviamente fatta da Ramin Djawadi ed è una cover di “Heart-Shaped Box” dei Nirvana.

Domande

Ce ne sono forse meno che dopo altri episodi, ma ce ne sono comunque.

– Maeve sta per morire? Vale la regola Game of ThronesTUTTI possono morire? O vale la regola Westworld-finora, che è: quasi NESSUNO muore davvero, perché anche se sembra che muoia e si vede il suo corpo umano putrefatto e con i vermi, quel qualcuno può sempre tornare in vita nella Culla.
– La Porta e l’Oltre Valle sono la stessa cosa? È stato Akecheta a dare involontariamente a Ford l’idea per il gioco e la nuova narrazione?
– La moglie di Akecheta è in giro per il parco, dopo che alla fine della prima stagione Ford aveva liberato gli androidi che stavano nei laboratori?
– Charlotte userà le capacità di Maeve, che praticamente è l’admin unica del parco, per provare a riprendere il controllo?
– C’è un qualche significato profondo nelle parole con cui Lee Sizemore dice a Maeve che non voleva che succedesse quello che è successo? O Sizemore intende solo: non volevo che ti sparassero?
– Cosa diavolo ha in mente di fare Emily con suo padre? E come diavolo ha fatto a sapere che l’avrebbe trovato lì?
– Perché nessuno del parco si è preoccupato del fatto che Logan Delos, figlio del grande capo, stesse rischiando di morire, nudo e umiliatissimo, in mezzo a un deserto, sotto il sole?

Il trailer del prossimo episodio

Il nono e penultimo episodio della seconda stagione si intitolerà “Vanishing Point”: si vedono tutti i protagonisti principali e, per la prima volta, si vede quella che sembra proprio essere la moglie dell’Uomo in Nero: è interpretata da Sela Ward.