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  • Mercoledì 16 maggio 2018

La teoria più plausibile sull’incidente al volo MH370

L'ha proposta un affidabile team di investigatori, che sostiene che sia stato pianificato dal pilota: la prova principale è una strana manovra

La foto aerea di una nave impegnata nelle ricerche del volo MH370. (HOANG DINH NAM/AFP/Getty Images)
La foto aerea di una nave impegnata nelle ricerche del volo MH370. (HOANG DINH NAM/AFP/Getty Images)

Una squadra di esperti messa insieme dalla versione australiana di 60 Minutes, un famoso programma di inchieste giornalistiche, ha concluso che la causa più probabile dell’incidente al volo MH370, l’aereo della Malaysia Airlines scomparso nell’Oceano Indiano l’8 marzo 2014 con 239 persone a bordo e mai ritrovato, fu una strage pianificata dal pilota. È una teoria già proposta diverse volte negli scorsi anni, durante i quali il relitto dell’aereo e le scatole nere non sono mai stati trovati, né sono stati scoperti indizi concreti che spieghino cosa successe al volo. Tra gli altri, a proporre la teoria della strage-suicidio era stato anche il primo ministro australiano Malcolm Turnbull, commentando le ricerche.

La principale prova a sostegno della teoria è una deviazione fatta dell’aereo – prima di sparire dai radar – in direzione dello stato malese di Penang, dove era nato Zaharie Ahmad Shah, il pilota 53enne. Per due volte l’aereo si è inclinato verso sinistra, ha spiegato 60 Minutes confermando un’osservazione già circolata in passato: come se il pilota volesse guardare meglio la terraferma. «Potrebbe essere stato un lungo, sentito addio alla sua terra natale», ha detto Simon Hardy, un esperto pilota di Boeing 777 membro della squadra investigativa. Insieme a lui c’erano anche Martin Dolan, capo commissario dell’Australian Transport Safety Bureau, che si occupò delle indagini ufficiali sul volo MH370 e la cui presenza nel team contribuisce a dare affidabilità allo studio, e il suo omologo canadese Larry Vance, oltre al veterano dell’Aeronautica militare statunitense John Cox.

Secondo l’indagine, Zaharie avrebbe depressurizzato l’interno dell’aereo in modo da far svenire chiunque non indossasse una maschera per l’ossigeno. Questo spiegherebbe perché nemmeno il co-pilota abbia lanciato un segnale di soccorso, e soprattutto perché non ci siano stati messaggi di addio o chiamate d’emergenza dai passeggeri. In questo modo Zaharie avrebbe avuto tutto il tempo di passare sopra Penang e poi di dirigere l’aereo in mare, in un luogo che non è ancora stato localizzato e forse non lo sarà mai. Nel gennaio del 2017, infatti, i governi di Malesia, Australia e Cina hanno annunciato la fine delle ricerche, dopo quattro anni e centinaia di milioni di dollari spesi senza ottenere risultati. Attualmente è in corso un tentativo privato di una società americana, la Infinity Ocean, che sta cercando in un nuovo tratto di mare: finora non ha trovato niente.

Il volo MH370 era partito da Kuala Lumpur, in Malesia, e diretto a Pechino, in Cina, ma sparì dai radar poco dopo la partenza senza che se ne avessero più notizie. I suoi spostamenti precisi sopra l’Oceano Indiano non sono noti e, qualche anno fa, furono parzialmente ricostruiti utilizzando dati satellitari, ma in modo indiretto e senza la possibilità di conoscerli accuratamente. Secondo l’indagine, questo dipese dall’abilità di Zaharie, che aveva alle spalle 20mila ore di volo. Hardy ha spiegato infatti che l’aereo volò al confine tra gli spazi aerei di Malesia e Thailandia, in modo che nessuno dei due paesi lo interpretasse come una minaccia né se ne curasse più di tanto. «Se dovessi far sparire un 777 farei esattamente nello stesso modo», ha detto Hardy.

Secondo l’indagine di 60 Minutes, l’Australian Transport Safety Bureau dovrebbe abbandonare la sua teoria secondo la quale l’aereo stava volando con il pilota automatico e Zaharie e il co-pilota per qualche motivo non poterono impedirne lo schianto. Un’altra teoria sostiene che i responsabili siano stati due passeggeri che si erano imbarcati con passaporti falsi, ma è stata ampiamente smentita perché nessuno dei due aveva collegamenti con il terrorismo (uno era un richiedente asilo). Una rivendicazione di un gruppo terrorista cinese, conosciuto come Brigata dei Martiri della Cina, non è mai stata presa sul serio.

Si è provato invece in passato a spiegare i motivi del possibile omicidio-suicidio di Zaharie. Sono circolate notizie sulla fine del suo matrimonio, secondo le quali avrebbe deciso di far schiantare l’aereo dopo aver scoperto che la moglie lo stava per lasciare. Un’altra teoria è che abbia dirottato l’aereo per protesta contro l’incarcerazione dell’oppositore politico malese Anwar Ibrahim (ma l’assenza di proclami o rivendicazioni rende meno probabile questa ipotesi).

La teoria dell’indagine di 60 Minutes è probabilmente la più plausibile, e spiegherebbe le strane deviazioni dell’aereo sopra Penang, ma a sua volta non è supportata da nessuna vera prova: anche se nel 2016 era stato scoperto che sul simulatore di Zaharie era stata impostata una rotta simile a quella che si presume abbia tenuto il volo MH370. Non è detto, in ogni caso, che nemmeno un eventuale ritrovamento del relitto possa spiegare la verità: le scatole nere, se mai fossero recuperate, potrebbero essere state danneggiate irreparabilmente dal forte impatto e dalla permanenza per anni sott’acqua.