I meal-kit erano un’altra bolla?

Sono quei servizi che spediscono a casa ingredienti e ricette per cucinarsi la cena: sono partiti fortissimo, ma ora le cose vanno meno bene

(Illustration by Scott Eisen/Getty Images)
(Illustration by Scott Eisen/Getty Images)

Sull’onda della crescente attenzione verso il cibo e la ristorazione, negli ultimi anni sono nati in tutto il mondo servizi e prodotti di qualunque tipo, da strane macchine per spremere la frutta alla vendita di “acqua grezza”. Uno di questi servizi è quello dei meal-kit, i kit-per-il-pasto: pacchetti che contengono tutti gli ingredienti necessari per una certa ricetta, insieme alle istruzioni per cucinarli. Negli Stati Uniti società come Blue Apron o la tedesca Hello Fresh consegnano i kit direttamente a casa dei loro clienti e i loro servizi hanno ottenuto abbastanza successo e attenzioni da essere replicati – tra gli altri posti – anche in Italia da società come SecondChef o Quomi.

Il problema è che dopo alcuni anni di grande espansione del mercato, ora le cose stanno rallentando e qualcuno teme che anche quella dei meal-kit sia l’ennesima bolla: l’ennesimo servizio che dopo aver attirato attenzioni, articoli di giornale e discussioni sul futuro-del-mondo, è sparito nel nulla.

Chi si iscrive a servizi di meal-kit come quello di Blue Apron – il più grande e famoso, soprattutto negli Stati Uniti – può scegliere quelle che preferisce da un menù di ricette molto diverse tra loro e indicare in quali giorni vuole ricevere le scatole con tutti gli ingredienti. Gli abbonati – che di solito devono impegnarsi ad acquistare almeno un tot di pasti a settimana – ricevono così cibo fresco, nella quantità giusta per una cena, senza dover andare a comprarlo, e senza correre il rischio di non sapere come cucinarlo o di dimenticarsi un ingrediente fondamentale per la ricetta.

L’idea – nuova e attraente, soprattutto per chi ha poco tempo per cucinare e fare la spesa – ha funzionato e in poco più di due anni Blue Apron e Hello Fresh sono passate dal non esistere al quotarsi in borsa, raccogliendo grossi finanziamenti. Solo nel 2017, per esempio, Blue Apron ed Hello Fresh hanno incassato rispettivamente 900 e 600 milioni di dollari grazie agli abbonamenti dei loro clienti. Quando Blue Apron si è quotata in borsa nel giugno 2017 è stata valutata 1,9 miliardi di dollari.

Una crescita così repentina espone naturalmente al rischio di una bolla speculativa. L’interesse verso un certo prodotto aumenta molto, crescono gli investimenti e il prezzo di quel prodotto (la valutazione di una società, per esempio) e di conseguenza anche le aspettative di chi da quegli investimenti si aspetta in cambio un certo guadagno. Le grandi società di meal-kit, come molte altre negli ultimi anni, si sono trovate in questa situazione: dopo un buon inizio sono state costrette a dimostrare di poter continuare a crescere e a far guadagnare.

Come ha raccontato un recente articolo dell’Economist, tuttavia, gli affari hanno subito un grosso rallentamento negli ultimi mesi, facendo dubitare sulla reale sostenibilità di questo mercato. Dopo aver raggiunto quasi un milione di abbonati, nel 2017 Blue Apron ne ha persi quasi il 15 per cento. Hello Fresh, nello stesso anno, era arrivata a spedire fino a 20 milioni di meal-kit a quasi 900 mila persone: secondo dati forniti da Second Measure, però, dopo un anno l’87 per cento dei suoi clienti statunitensi ha scelto di disdire il proprio abbonamento. Le azioni di Blue Apron ora valgono l’80 per cento in meno di un anno fa, quelle di Hello Fresh – quotata alla borsa di Francoforte – sono ancora in crescita ma sono pochi gli analisti che ci scommetterebbero sopra.

I problemi, ha spiegato l’Economist, sono diversi. Il primo è che la grande crescita delle prime start up di meal-kit ha spinto tantissimi imprenditori a copiare il loro modello di affari. Negli Stati Uniti, uno dei mercati più grandi per i meal-kit, ci sono per esempio più di 150 aziende che offrono servizi simili; in Italia – dove i margini di crescita sono molto più piccoli – ci sono comunque due società che fanno le stesse cose. Insomma, troppa concorrenza. La seconda ragione è che alla concorrenza di altre start-up si è aggiunta anche quella delle società di grande distribuzione, che hanno fiutato l’affare ed erano poco inclini all’idea di cedere un’altra fetta di mercato dall’ennesima start-up. Insomma, altra concorrenza: e le catene di grande distribuzione avevano già infrastrutture e una scala tale da poter ridurre al minimo i costi e le perdite.

Il risultato per Blue Apron e Hello Fresh – e probabilmente per molte altre società simili – è stato che i costi hanno cominciato a superare i guadagni. Le grandi campagne pubblicitarie necessarie per attirare nuovi clienti si sono dimostrate meno utili del previsto – uno studio dell’università di Emory sostiene che Blue Apron perda soldi su due terzi dei nuovi clienti che acquisisce, perché raggiungerli costa più di quanto loro rendano come clienti – e molti abbonati si stufano presto. Vuoi perché il servizio è piuttosto costoso (quattro pasti alla settimana per quattro persone costano circa 100 euro, con Blue Apron), vuoi perché non tutti apprezzano di essere vincolati a cene che hanno dovuto scegliere e ordinare giorni prima. Non è ancora detto come finirà con i servizi di meal-kit – i più grandi potrebbero dimostrarsi solidi abbastanza per superare questo momento negativo, ma come ha scritto l’Economist, «le rampanti società di meal-kit hanno bisogno di una nuova ricetta per crescere».