• Mondo
  • Martedì 10 aprile 2018

L’FBI ha perquisito l’ufficio dell’avvocato di Trump

Ha sequestrato dei documenti relativi ai soldi versati alla pornostar Stormy Daniels, ma non solo: Trump non l'ha presa bene

(AP Photo/Pablo Martinez Monsivais)
(AP Photo/Pablo Martinez Monsivais)

Lunedì mattina l’FBI ha perquisito l’ufficio di Washington di Michael Cohen, l’avvocato personale del presidente degli Stati Uniti Donald Trump. La notizia è stata confermata dall’avvocato di Cohen, secondo cui la perquisizione è stata ordinata dai magistrati federali di New York sulla base di alcuni documenti forniti da Robert Mueller, il procuratore speciale che sta indagando sulla presunta collusione fra il governo russo e il comitato elettorale di Trump. L’obiettivo della perquisizione non è stato reso pubblico, ma il New York Times ha scritto che sono stati sequestrati «registri contabili, mail e documenti relativi a molti fatti».

Cohen è entrato nella Trump Organization, la principale azienda di Trump, nel 2006 e da molti anni è l’avvocato personale di Trump. Il Washington Post scrive che al momento è indagato per frode bancaria e informatica e violazione del finanziamento elettorale, ma non sono disponibili informazioni più precise. Fra i documenti sequestrati ce ne sono alcuni che riguardano i 160mila dollari versati nel 2016 all’attrice porno Stormy Daniels, che all’epoca aveva firmato un documento per non rivelare di avere avuto una relazione sessuale con Trump. Cohen sostiene da tempo di aver versato personalmente quei soldi a Daniels, senza avvisare Trump. Pochi giorni fa, parlando pubblicamente per la prima volta dell’argomento, anche Trump ha confermato questa versione. Il versamento a Daniels però è soltanto una delle ragioni per cui è indagato Cohen, ha detto al New York Times una fonte informata sulla perquisizione.

Trump non l’ha presa bene. Secondo la trascrizione ufficiale di un incontro tenuto lunedì sera alla Casa Bianca, Trump ha definito la perquisizione dell’ufficio di Cohen «una disgrazia» e «un attacco alla nostra nazione». Rispondendo a un giornalista che gli chiedeva se avrebbe licenziato Mueller – come aveva già deciso di fare un anno fa, per poi essere fermato da un suo collaboratore – Trump ha risposto: «credo che stia avvenendo una disgrazia. Vedremo. Credo che sia davvero triste. Molte persone mi dicono che dovrei licenziarlo. Loro [i collaboratori di Mueller] non hanno trovato nulla, e questo la dice lunga».

Trump ha detto da tempo di avere stabilito delle “linee rosse” che l’inchiesta di Mueller non avrebbe dovuto superare, come ad esempio l’intromissione nei suoi affari personali: più di una volta negli ultimi mesi Trump ha definito l’indagine di Mueller una «caccia alle streghe». Il licenziamento di Mueller sarebbe una misura praticamente senza precedenti nella storia politica americana.