Il M5S può ritirare o no le candidature degli “impresentabili”?

Il costituzionalista Michele Ainis sostiene di sì, il M5S ha risposto che ci ha provato ma senza successo

(profilo Instagram di Luigi Di Maio)
(profilo Instagram di Luigi Di Maio)

Uno dei temi più discussi negli ultimi giorni di campagna elettorale gira attorno ai cosiddetti candidati “impresentabili” del Movimento 5 Stelle: persone che il M5S ha candidato a un seggio in Parlamento in posizioni sicure per poi scoprire che hanno detto o fatto cose imbarazzanti per il partito o non rispettano alcune regole interne. Al momento queste persone sono state espulse dal Movimento, che in caso di elezione ha chiesto loro di rinunciare al seggio (operazione complicatissima anche ammesso che volessero farlo). Quattro giorni fa, però, il rispettato giurista Michele Ainis ha scritto su Repubblica che il Movimento 5 Stelle potrebbe rimuovere i cosiddetti “impresentabili” anche subito, se volesse, impedendone l’elezione. L’articolo di Ainis ha sollevato una certa polemica, a cui ha risposto una delle leader del M5S, la senatrice Paola Taverna.

Qual è il problema
Dopo la presentazione ufficiale delle liste di tutti i partiti, avvenuta il 29 gennaio, alcune inchieste giornalistiche hanno scoperto e raccontato cose che hanno messo in cattiva luce alcuni candidati del M5S. Il primo è stato Emanuele Dessì, candidato al Senato nel proporzionale del collegio Lazio 3, che comprende Frosinone, Latina e Fiumicino.

Ai primi di febbraio erano emersi un video in cui Dessì ballava con un membro del clan Spada, la gang criminale che controlla Ostia, e un post su Facebook in cui si vantava di aver picchiato un romeno. Negli ultimi giorni si è scoperto che tre candidati del M5S appartengono o appartenevano alla massoneria: sono Catello VitielloPiero Landi e Bruno Azzerboni, candidati rispettivamente in Campania, Toscana e Calabria. Poi ci sono i candidati coinvolti nel caso dei rimborsi falsi: per ora solo Andrea Cecconi e Carlo Martelli hanno detto pubblicamente che intendono rinunciare alla loro candidatura. Dal punto di vista formale hanno violato l’articolo 2 del nuovo codice etico del M5S, secondo cui i candidati devono rinunciare alla propria candidatura nel caso «emergano elementi idonei a far ritenere la condotta lesiva dei valori, dei principi o dell’immagine del MoVimento 5 Stelle».

Dessì ha fatto come Cecconi e Martelli e si è impegnato a rinunciare alla candidatura, mentre i tre candidati massoni saranno espulsi dal Movimento 5 Stelle. Al momento però rimangono tutti candidati, e salvo sorprese clamorose saranno eletti, perché secondo la dirigenza del partito non possono essere rimossi dalle liste. Il M5S si è impegnato a farli dimettere in caso di elezione, ma non sarà così facile: devono volersi dimettere loro, una volta eletti, e il Parlamento deve autorizzare le loro dimissioni, cosa non scontata. Questo meccanismo fu introdotto per evitare che un parlamentare fosse costretto a dimettersi dal proprio partito, cosa che andrebbe contro la norma sull’assenza del vincolo di mandato presente nella Costituzione, o da qualcun altro. La votazione avverrebbe a scrutinio segreto, come sempre nelle decisioni che riguardano un singolo individuo.

Perché le dimissioni siano accettate serve la maggioranza dei voti: dunque gli altri partiti potrebbero in qualche modo ostacolare le dimissioni, per ragioni di strategia o per solidarietà corporativa, diciamo. Tutto il processo non è brevissimo, poi, anche perché le votazioni vanno calendarizzate. Un esempio: il senatore Giuseppe Vacciano, uscito dal M5S nel 2015, ha provato per cinque volte a dare le sue dimissioni – il 17 febbraio 2015, il 16 settembre 2015, il 13 luglio 2016, il 25 gennaio 2017 e il 20 aprile 2017 – ma il Senato le ha sempre respinte. Vacciano è rimasto parlamentare fino al termine della legislatura.

C’è poi un secondo problema. Non è detto che tutti decidano effettivamente di dimettersi, in caso di elezione. Dessì, per esempio, di recente ha detto al Messaggero che valuterà cosa fare il giorno dopo le elezioni («se il M5S sarà andato bene nella mia Frascati, qualche domanda me la farò»).

La tesi di Ainis
In breve, Ainis sostiene che l’impossibilità di rimuovere un candidato dalle liste sia una fake news messa in giro dagli avversari del M5S per danneggiarli. Ainis dice che secondo il nuovo articolo 22, comma 6-ter del Testo unico delle leggi elettorali, modificato dalla nuova legge elettorale, in caso di “eventuale rinuncia alla candidatura” ciascun partito può sostituire un proprio candidato con un altro presente nella lista dei “supplenti”, cioè l’elenco di candidati di riserva presentati contestualmente a quelli ufficiali.

È una circostanza prevista anche dalle Istruzioni per la presentazione e l’ammissione delle candidature (PDF) diffuse dal ministero degli Interni, che prevede che il buco nella lista lasciato dal candidato escluso venga riempito con uno «slittamento verso l’alto di tutta la lista» (se il candidato escluso è il secondo del listino proporzionale, il terzo prenderà il suo posto, e così via). Ainis spiega anche che secondo lui non esiste alcun limite temporale alla rinuncia, perché lo stesso documento del ministero scrive che può avvenire «fino alla conclusione di tutti gli adempimenti dell’Ufficio [centrale circoscrizionale]», un organo di tre magistrati istituito presso il tribunale nella cui giurisdizione si trova il comune capoluogo della provincia che ha il compito di ricevere e controllare la regolarità delle liste presentate dai partiti.

Il problema è che l’articolo 22 del Testo unico delle leggi elettorali indica una serie di cose che può fare l’Ufficio centrale circoscrizionale ma solo entro il giorno successivo alla scadenza del termine stabilito per la presentazione delle liste dei candidati: quindi teoricamente entro il 30 gennaio, secondo le scadenze di questa tornata elettorale.

Anche la stessa Paola Taverna ha spiegato che il Movimento ha provato a escludere formalmente Dessì dalle liste, ma senza successo. Ospite di Massimo Giletti su La7, ha detto che la Corte d’Appello di Roma ha rifiutato la richiesta «perché questa deve venire presentata prima della presentazione formale delle liste». Forse Taverna intendeva dire che doveva essere presentata entro il termine ultimo per la presentazione delle liste, che scadeva il 29 gennaio. Taverna ha poi aggiunto: «al momento stiamo cercando di capire se ci sono possibilità per procedere a una formale rinuncia [alla candidatura di Dessì], sembra di no».