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  • Giovedì 28 dicembre 2017

In Iran chi viola i “codici islamici” non sarà più messo in carcere: sarà “educato”

Lo ha annunciato la polizia di Teheran, senza però dare troppi dettagli: è una notizia importante, ma va presa molto con le molle

Una donna iraniana cammina per una strada di Teheran, passando vicino ad alcune decorazioni natalizie, il 24 dicembre 2017 (ATTA KENARE/AFP/Getty Images)
Una donna iraniana cammina per una strada di Teheran, passando vicino ad alcune decorazioni natalizie, il 24 dicembre 2017 (ATTA KENARE/AFP/Getty Images)

Il capo della polizia di Teheran, Hossein Rahimi, ha annunciato ieri un importante cambiamento relativo alle sanzioni imposte dalle autorità iraniane a quelle persone che non rispettano i «codici islamici», per esempio sull’abbigliamento da tenere nei luoghi pubblici. Rahimi ha detto che queste persone non verranno più arrestate, come era invece pratica consolidata finora: saranno obbligate a frequentare dei corsi di educazione ai valori religiosi, ma rimarranno incensurate. Non si hanno molti altri dettagli sulle nuove norme, che non sono state specificate più di tanto, ma l’annuncio di Rahimi ha attirato molte attenzioni. L’Iran è infatti un paese dove la legge prevede multe, detenzioni e addirittura frustate per le donne che si mettono lo smalto o non si coprono abbastanza i capelli. Rahimi ha detto che già 7.913 persone stanno partecipando ai corsi educativi.

In Iran ci sono regole molto rigide sulla vita quotidiana dei cittadini, in vigore dalla Rivoluzione del 1979, cioè dalla rivoluzione khomeinista e dall’instaurazione di una teocrazia islamica. Per esempio alle donne – anche alle straniere – è vietato scoprirsi i capelli in pubblico, a prescindere dalla propria provenienza e religione. Esiste un organo di polizia, la cosiddetta “polizia morale” (ershad in farsi, cioè la lingua che si parla in Iran), che controlla che vengano rispettate le norme sull’abbigliamento.

In Iran negli ultimi anni i giovani – che sono molti, il 40 per cento della popolazione ha meno di 25 anni – sono diventati più audaci a contravvenire a certe regole, sulle feste e sull’abbigliamento ad esempio, risentendo dell’influenza straniera. Capita soprattutto nelle città come la capitale Teheran, perché pene come le frustate – previste ad esempio per chi beve alcol – vengono comunemente trasformate in multe. In generale, comunque, ogni cambiamento annunciato in Iran va preso con le molle: la polizia alterna spesso periodi di maggiore e minore rigidità. Solo lo scorso anno, il predecessore di Rahimi, Hossein Sajedinia, aveva annunciato che settemila agenti della polizia morale avrebbero lavorato sotto copertura per far rispettare con più rigore certe regole e molte modelle erano state arrestate per aver messo su Instagram delle fotografie in cui non indossavano il velo.

Il punto è che la polizia di Teheran risponde al ministero dell’Interno, quindi – almeno in teoria – al governo guidato dal presidente Hassan Rouhani, ma è difficile dire con certezza quale siano le dinamiche interne alla struttura del potere in Iran. L’impressione è che Rouhani sia favorevole ad allentare le regole che riguardano la vita quotidiana degli iraniani: per esempio nel 2015 disse che non spettava alla polizia il compito di far rispettare l’Islam. Ci sono momenti però in cui sembrano prevalere le posizioni più intransigenti degli ultraconservatori, cioè la fazione legata alla Guida suprema Ali Khamenei, che invece vorrebbero controlli e sanzioni più rigide.

Sui social network diversi iraniani hanno reagito con scetticismo all’annuncio, chiedendo informazioni più dettagliate sulle infrazioni che non comporteranno più arresti. Una persona ha commentato su Twitter scrivendo: «Probabilmente hanno finito le celle». Ali Vaez, esperto di questioni iraniane dell’International Crisis Group, un’organizzazione non governativa che si occupa di conflitti, ha detto al Wall Street Journal che la polizia morale iraniana non è più in grado di controllare i giovani. Vaez ha commentato l’annuncio di Rahimi dicendo anche che la ricerca di consenso tra i giovani potrebbe essere un modo per alleggerire le pressioni sulla società in un momento in cui a livello internazionale il paese deve affrontare grossi problemi, ad esempio il fatto che a ottobre il presidente degli Stati Uniti Donald Trump abbia chiesto al Congresso di riesaminare l’accordo sul nucleare iraniano promosso dall’ex presidente americano Barack Obama.

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