• Mondo
  • Sabato 28 ottobre 2017

«Spero che qualcuno ti spari per davvero»

Lo hanno scritto alcuni commentatori a Braden Matejka, un sopravvissuto alla sparatoria di Las Vegas oggetto di alcuni video complottisti molto visibili su YouTube

(AP Photo/Robert Ray)
(AP Photo/Robert Ray)

Braden Matejka è canadese, e per festeggiare i suoi trent’anni l’1 ottobre era a Las Vegas insieme alla sua ragazza, Amanda Homulos, al concerto in cui Stephen Paddock sparò sulla folla uccidendo più di 50 persone e ferendone più di 500. Matejka fu colpito alla testa da un proiettile e si salvò perché un uomo lo portò subito all’ospedale e, soprattutto, perché il proiettile gli passò a circa due centimetri di distanza dal cervello. Nei giorni dopo la sparatoria, la più grave nella storia degli Stati Uniti, Matejka e Homulos hanno raccontato la loro storia: a tanti, ma soprattutto in due video-interviste fatte da Associated Press e dal Guardian, due tra le più autorevoli fonti d’informazione al mondo. La loro intervista, però, non è stata accolta come ci si aspetterebbe.

Come succede con ogni tipo di notizia – e in particolare con quelle su stragi, tragedie e sparatorie – esistono migliaia di persone che credono sia tutta una messa in scena organizzata dal governo, e che di conseguenza Matejka sia parte di un grande complotto. È quindi successo che alcune persone si siano messe a insultarlo e a dargli del bugiardo. I complottisti sono solo una piccola parte degli utenti di internet, ma sono anche molto rumorosi e capaci di influenzare il dibattito online, come successo in questo e molti altri casi.

Negli ultimi anni società come Facebook e Google hanno provato a risolvere il problema cercando di evitare che notizie complottiste pubblicate da siti di bufale finissero accanto a notizie, vere, di siti più affidabili. La cosa continua ad essere un grosso problema su YouTube, che è controllata da Google ed è usato ogni mese da circa un miliardo e mezzo di persone. A inizio ottobre il Wall Street Journal si occupò della cosa e scrisse che cercando semplicemente “9/11” (la sigla con cui si fa riferimento agli attentati dell’11 settembre 2001) il secondo video tra quelli in elenco conteneva teorie del complotto, e che fino a quel momento era stato visto 40 milioni di volte.

A Matejka e alla sua compagna è capitata la stessa cosa. Un paio di giorni fa bastava cercare su YouTube “Braden Matejka” per trovare, tra i primi video suggeriti uno – ora rimosso – dal titolo “How To Spot Crisis Actors & Fakest News Ever” (“Come scoprire un figurante nella più finta notizia della storia”). La pubblicazione di questi video ha avuto effetti concreti. Il Guardian ha raccontato che una donna ha postato 26 messaggi sul sito di una raccolta fondi per Matejka per dargli apertamente del bugiardo. Un altro utente gli ha scritto: «Sei un bugiardo pezzo di merda e spero che qualcuno ti spari in testa per davvero». Matejka ha provato a rispondere ai commenti che gli arrivavano, ma ha poi deciso di chiudere i suoi profili social.

Il video su Matejka è stato cancellato, ma su YouTube continuano a girare video che parlano di alcuni sopravvissuti della sparatoria di Las Vegas come di dei figuranti pagati dal governo (o da qualche organizzazione di vario tipo). In certi casi i video continuano a vedersi anche tra i primi risultati, anche dopo ricerche neutre. Scrivendo per esempio “Mike Cronk” (il nome di un altro sopravvissuto), fra i primi risultati compaiono due video complottisti.

In un articolo incentrato sui video complottisti su Las Vegas, il Wall Street Journal ha spiegato che i risultati delle ricerche di YouTube sono basati sulla cronologia di video visti e sulla popolarità di ciascun video, ma che YouTube non ha mai spiegato nel dettaglio quale peso abbiano questi fattori. Come nel caso dei post di Facebook, lo scopo è comunque far vedere a ogni utente più video possibile, cercando di capire cosa è piaciuto di più agli altri utenti e quali cose potrebbero andare incontro ai suoi gusti o alle sue idee.

Al Wall Street Journal, YouTube aveva detto di aver cambiato da tempo i suoi algoritmi per far sparire, almeno per chi fa ricerche “neutre”, i video sulle teorie del complotto. Le modifiche all’algoritmo, però, non sembrano così efficaci. Fra le altre cose il Wall Street Journal ha scoperto che a volte i video complottisti vengono proposti anche agli utenti che in precedenza non hanno dimostrato interesse per contenuti del genere.