Perché Renzi e Fedeli parlano dell’uscita dei ragazzi da scuola

C'entra una recente sentenza della Cassazione che da settimane sta preoccupando i presidi delle scuole medie

Il segretario del PD Matteo Renzi e la ministra all'Istruzione Valeria Fedeli, 24 settembre 2017 a Imola
(ANSA/MARCO ISOLA)
Il segretario del PD Matteo Renzi e la ministra all'Istruzione Valeria Fedeli, 24 settembre 2017 a Imola (ANSA/MARCO ISOLA)

Dopo una recente sentenza della Corte di Cassazione, la ministra dell’Istruzione Valeria Fedeli e il segretario del Partito Democratico Matteo Renzi si sono espressi sull’argomento dell’uscita da scuola per i minori di 14 anni, e in particolare a chi appartenga la responsabilità di quello che succede loro fra genitori, docenti o dirigenti scolastici. Se n’è parlato abbastanza soprattutto per la posizione molto netta di Fedeli, poi ammorbidita da una dichiarazione di Renzi.

La sentenza della Cassazione – legata alla morte di un ragazzo di 11 anni di Firenze investito da un autobus dopo essere uscito da solo da scuola nel 2002 – è stata diffusa a settembre e ha confermato la condanna di un docente e un preside per non aver consegnato il bambino a un adulto. In seguito alla sentenza, molti dirigenti scolastici hanno smesso di accettare le liberatorie firmate dai genitori per permettere ai figli di uscire da soli al termine delle lezioni – sostengono infatti che non siano sufficienti per sollevarli davvero dalla responsabilità che prevede la legge – e hanno firmato una lettera aperta per chiedere al governo di cambiare la legge in questione.

La sentenza è di settembre, ma la questione è tornata attuale dopo un’intervista di  Fedeli a La7, trasmessa il 26 ottobre, in cui ha confermato i timori dei presidi. Secondo Fedeli, queste liberatorie non hanno alcun valore perché secondo l’articolo 591 del codice penale “chiunque abbandoni una persona minore degli anni quattordici (…) della quale abbia la custodia o debba avere cura, è punito con la reclusione da sei mesi a cinque anni”, senza eccezioni. La ministra ha anche specificato che il ministero dell’Istruzione non ha la funzione né la responsabilità di modificare una legge dello stato, e un po’ bruscamente ha spiegato a La7 che «questa è la legge, anche i genitori devono esserne consapevoli».

Sabato 27 ottobre è intervenuto anche Renzi, che in un post su Facebook ha espresso invece la necessità di intervenire subito per modificare la legge. Renzi ha infatti incaricato la deputata del PD Simona Malpezzi – responsabile Scuola del partito – di presentare la settimana prossima un emendamento per “modificare la regole” (anche se non ha specificato come). Nel post di Renzi, si legge: «siano i genitori a scegliere e ad assumersi le responsabilità. Senza scaricarle sui professori, ma senza costringere per forza un ragazzo di terza media a farsi venire a prendere a scuola».