Quelli che mettono le canzoni nelle serie tv

Per la prima volta sono stati premiati agli Emmy, perché fanno un lavoro fondamentale e complesso

Susan Jacobs, premiata per la supervisione musicale di Big Little Lies agli Emmy, 10 settembre 2017
(Richard Shotwell/Invision/AP)
Susan Jacobs, premiata per la supervisione musicale di Big Little Lies agli Emmy, 10 settembre 2017 (Richard Shotwell/Invision/AP)

All’ultima cerimonia di consegna degli Emmy, i più importanti premi statunitensi della tv, è stata introdotta una nuova categoria: la Outstanding Music Supervision, che premia i cosiddetti supervisori musicali, ovvero le persone che scelgono le canzoni dei film e delle serie tv. La prima edizione del premio, consegnato domenica scorsa a Los Angeles, è stata vinta da Susan Jacobs per il suo lavoro nella miniserie Big Little Lies, una delle grandi vincitrici della serata, scelta tra altri quattro candidati: Kerri Drootin e Zach Cowie per Master of None; Thomas Golubić per Better Call Saul; Manish Raval, Jonathan Leahy e Tom Wolfe per Girls; e Nora Felder per Stranger Things. Grant Rindner ha spiegato su Vox la portata del nuovo premio, definendolo «una pietra miliare» che riconosce finalmente una categoria rimasta nell’ombra ma fondamentale, sempre più fondamentale, nel costruire la riuscita di una serie e di alcune sue scene memorabili: come quella di Megan Calvet che canta “Zou Bisou Bisou” in Mad Men o il finale di Six Feet Under su “Breathe me” di Sia.

Rindner ha parlato con alcuni supervisori musicali, a partire da quelli candidati all’Emmy, per capire come funziona il loro lavoro, quali sono gli aspetti più complicati, come si è evoluto e perché ha raggiunto un certo riconoscimento soltanto adesso.

In breve: il supervisore musicale è la persona che, lavorando insieme agli autori e ai produttori, ricerca e seleziona la colonna sonora di un film o di una serie tv e che si occupa anche di ottenere i permessi per usare legalmente quelle canzoni. Non è quindi soltanto un lavoro creativo che richiede conoscenza e gusto musicale, ma c’è un grosso e logorante aspetto pratico: rintracciare chi detiene i diritti di una canzone, convincerli a concederne l’uso, far quadrare il budget. Tutto questo mediando tra il proprio gusto personale e le richieste dei produttori, anzi mettendo quasi sempre da parte le proprie preferenze. Doti necessarie a un supervisore musicale sono quindi, oltre a un vasto bagaglio di conoscenza musicale, l’empatia e un notevole senso pratico.

A volte accade che gli autori scrivano una scena attorno a una specifica canzone – come per Life Is a Highway nella quinta stagione di The Office – ma la maggior parte delle volte bisogna trovare il pezzo giusto a partire da una scena già scritta, che sia in grado di rispecchiare l’atmosfera e far emergere lo stato d’animo dei personaggi. Maggie Phillips, che ha lavorato come supervisore musicale di Fargo (la serie tv), Legion e Snowfall, spiega che è fondamentale «la capacità di occupare lo stato mentale di un personaggio e di creare un’adeguata tavolozza musicale contando su una spiccata empatia»: «devi essere in grado di immedesimarti nelle vite di tutti i personaggi e sentire quello che sentono loro».

L’empatia e il senso musicale però non bastano, sottolinea Rob Lowry, che ha lavorato per The Bold Type e prima per Man Seeking Woman: «Devi avere a che fare col budget, devi negoziare le tariffe, fare ricerca sul copyright, è tutto un grande incastro». Thomas Golubić, candidato per Better Call Saul e che aveva precedentemente lavorato per Breaking Bad, spiega le differenze con cui operano i compositori e i supervisori: i primi lavorano spesso sul momento, si concentrano sulla scena e le emozioni, mentre i supervisori hanno un’idea più chiara degli archi narrativi, dello sviluppo della storia e dei personaggi. Fanno insomma parte di un organismo narrativo più vasto, e lavorano di concerto, anzi a servizio degli autori. Kerri Drootin, candidata insieme a Zach Cowie per la supervisione musicale di Master of None, sottolinea che le serie tv in cui «puoi scegliere la musica che personalmente ti convince, sono davvero poche. Molte persone pensano che basti infilare le tue canzoni preferite, che sia super figo e che sia una cosa tipo “ho un grande gusto, guardate qua”. In realtà tu lavori per i produttori, tu devi aiutarli a comporre la serie tv come vogliono loro. Spesso hai a che fare con musica che potrebbe non piacerti, e devi davvero mettere da parte il tuo ego molto più di quanto ci si aspetti».

Solitamente il lavoro del supervisore musicale inizia quando la serie dev’essere ancora scritta, con una riunione insieme a sceneggiatori e produttori per discutere delle linee generali della serie, degli archi narrativi, dei temi che verranno trattati, dello sviluppo dei vecchi personaggi, ognuno con un suo tema musicale, e dell’introduzione di quelli nuovi. È così che è successo per esempio per Better Call Saul, spiega Golubić. In alcuni casi, quando le serie tv ruotano molto attorno all’autore, come nel caso di Master of None con Aziz Ansari e di Girls con Lena Dunham, i supervisori musicali ci lavorano gomito a gomito, finendo per intrecciare una sorta di «amicizia musicale», spiega Manish Raval di Girls, che non si interrompe neanche a riprese finite. I supervisori cercano di approfondire sempre di più il gusto e la sensibilità dell’autore così da interpretare al meglio i suoi desideri per ogni singola scena.

Una volta trovata la canzone giusta inizia poi il faticoso lavoro per ottenerne i diritti. A volte la parte difficile è rintracciare chi li detiene – si può trattare di brani vecchissimi o di band sconosciute o di paesi lontani – altre è convincere chi li detiene a concederli. Nora Felder, che ha curato la supervisione musicale di Stranger Things, racconta che la canzone centrale e riconoscibile è “Should I Stay or Should I Go” dei Clash, che compare più volte in scene importanti per marcare la stranezza della scomparsa di Will Byers e il rapporto con suo fratello maggiore Jonathan. Ottenere il permesso di usarla non è stato semplice, dato che la serie era alla sua prima stagione e bisognava convincere i proprietari dei diritti soltanto con il riassunto della trama, dove si parlava di mostri e di un mondo alternativo. «Inoltre l’uso di questa canzone si evolve in ogni nuovo capitolo di Stranger Things, per cui avevamo bisogno di un’autorizzazione ancora più solida. Dovevamo essere certi che i Clash e chi li rappresenta non pensassero che stavamo ridicolizzando l’uso della loro canzone».

Drootin ha dovuto invece gestire la difficile concessione di Amarsi Un Po’ di Lucio Battisti per le ultime due puntate della seconda stagione di Master of None. Gran parte delle canzoni di Battisti sono di proprietà di grandi etichette discografiche, ma questa apparteneva alla vedova Grazia Letizia Veronese, che non aveva mai concesso l’uso di una canzone di cui possedesse i diritti in una serie tv o in un film. Drootin racconta che era impossibile rintracciarla, mentre Aziz e i suoi collaboratori continuavano a pressarla per sbloccare la concessione. «Ci ho passato dietro mesi. […] Parecchie volte sono stata sul punto di dire “Basta, non posso buttare la mia vita dietro a questa canzone. È folle, ho un’altra serie tv, sto facendo altre cose, devo togliermela dalla testa. Scegliete una canzone di riserva”. Ma quelli non lo facevano». Alla fine qualcuno di Universal Publishing, l’etichetta che controlla parte della musica di Battisti, ha messo in contatto Drootin con la sua sede italiana, che è riuscita a portare la proposta a Veronese. Due giorni prima che iniziasse il mixaggio, quand’era ormai stato trovato un ripiego, Drootin ricevette una mail che autorizzava l’uso della canzone: «Si sistemò tutto letteralmente due giorni prima del mixaggio. Ci avevo perso cinque o sei mesi e non pensavo più che sarebbe successo. Avevamo già scelto una riserva e poi si è risolto tutto all’ultimo minuto». A volte invece è facile contattare chi detiene i diritti, ma ci vuole davvero molta pazienza e molta capacità di convincimento per ottenere il permesso di usarla. Phillips ricorda per esempio di aver passato per mesi un’intera ora a settimana appresso all’autore di una canzone, lisciandolo in tutti i modi per convincerlo a lasciargliela usare: «bisogna gestire migliaia di rapporti e sapere come trattare le diverse personalità».

È difficile capire perché un lavoro così decisivo e accurato non sia stato valorizzato fino ad ora. È anche vero che si è andato raffinando nel tempo, arrivando a livelli molto alti negli ultimi anni, nella tendenza generale di tutto il settore. Phillips di Fargo spiega che il livello di ogni aspetto nella fattura delle serie tv è diventato eccellente, a partire dal contenuto, che ha richiesto poi truccatori, compositori, attori, montatori e quindi anche supervisori musicali eccellenti. Un altro aspetto importante sono i cambiamenti del mondo del mercato musicale, che fa sempre più affidamento sulle entrate che vengono dai permessi di copyright e utilizzo. Gran parte del merito va comunque alla Guild of Music Supervisors, il sindacato dei supervisori musicali, fondato nel 2010 per tutelarli da un punto di vista salariale e per accrescerne la considerazione nel settore. Il presidente è ora Golubić, candidato agli Emmy per Better Call Saul, che punta a introdurre la categoria anche ai premi Oscar. Golubić si augura anche di ottenere paghe migliori: lo stipendio normale di un supervisore musicale è «più vicino a quello del barista di Starbuck sotto casa» che a quello di un compositore.