Gli “immigrati” portano le malattie?

Lo sostengono alcuni politici e giornali dopo la morte della bambina di Trento per malaria, citando un documento del ministero della Salute che però dice un'altra cosa

La storia della bambina di Trento di quattro anni morta all’ospedale di Brescia dopo aver contratto una forma aggressiva di malaria è stata subito usata da alcuni esponenti politici e da alcuni giornali per collegare quanto successo con l’immigrazione e con la diffusione di nuove malattie che i migranti porterebbero in Italia. Libero per esempio ha in prima pagina un titolo che dice: “Dopo la miseria portano le malattie”; Il Tempo apre in un modo simile: “Ecco la malaria degli immigrati”.

Intanto: cosa si sa e cosa no
La bambina che è morta e i suoi familiari non erano stati in paesi dove la malaria è endemica: per questa ragione si sta ancora cercando di capire come sia stato possibile che la bambina si sia ammalata. Le indagini per trovare la fonte del contagio sono ancora in corso: la ministra della Salute, Beatrice Lorenzin, ha inviato un gruppo di esperti all’ospedale di Trento e due procure (Trento e Brescia) hanno avviato delle indagini.

Nel frattempo Paolo Bordon, direttore generale dell’Apss (Azienda provinciale dei servizi sanitari) di Trento, ha detto ai giornali che il 21 agosto, quando ancora la bambina si trovava all’ospedale di Trento per il diabete, «è arrivata in ospedale una famiglia del Burkina Faso, di ritorno da un viaggio nel paese d’origine, con due bambini con la malaria». I due bambini, che sono guariti, erano ricoverati in altre stanze, ha detto Bordon, e i materiali usati per assisterli erano monouso. La direttrice dell’unità operativa di pediatria dell’ospedale di Trento, Nunzia Di Palma, ha detto che il parassita responsabile per la malattia dei due bambini guariti era lo stesso che aveva fatto ammalare la bambina (Plasmodium falciparum, il più aggressivo tra quelli che causano al malaria), ma che non si sa ancora se nei diversi casi il parassita fosse dello stesso ceppo: per capirlo serviranno nuove analisi che verranno fatte dall’Istituto superiore di sanità.

Come si trasmette la malaria
La malaria può essere trasmessa tra due persone solo se il loro sangue entra in contatto; normalmente quindi viene trasmessa dalle zanzare ma non da tutte, bensì dalle zanzare anofele, che vivono in Africa. La malaria è una delle malattie più diffuse e letali al mondo, anche a causa della mancanza di un vaccino: l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) stima che ogni anno circa 200 milioni di persone siano contagiate ed entrino in contatto con la malaria. Se trattato subito, un paziente riesce a guarire senza particolari problemi, evitandosi le complicazioni causate dalla malattia, ma in molte aree rurali dell’Africa, dell’Asia e dell’America Latina (dove la malattia è più diffusa) è spesso impossibile ricevere cure adeguate.

Solo nel 2015 si stima che ci siano stati 212 milioni di casi di malaria in tutto il mondo, concentrati soprattutto nell’Africa sub-sahariana, e che le complicazioni dovute alla malattia abbiano causato 429mila morti. Tra il 2010 e il 2015 il tasso di mortalità tra le persone a rischio però è diminuito di quasi un terzo, grazie a massicce campagne per trattare meglio la malattia e per prevenirla. La malaria si diffonde principalmente attraverso le punture di zanzara, quindi parte degli sforzi è tesa a ridurre la loro presenza nelle aree dove la malattia è più diffusa o a prevenire i contatti con la popolazione.

La malaria è causata da parassiti, protozoi appartenenti al genere Plasmodium, che causano febbre alta con diversi tipi di complicazioni e in molti casi la morte, in particolare nei pazienti più deboli. Questi parassiti viaggiano nel nostro organismo attraverso la circolazione sanguigna e si spostano nel fegato, per poi tornare nuovamente nel sangue cambiando caratteristiche ed è quindi difficile creare un farmaco per fermarli.

Chi ha detto cosa
Subito dopo la morte della bambina di Trento, e senza che le cose fossero minimamente chiare, diversi esponenti politici hanno usato la notizia per spiegare che la presenza degli immigrati in Italia fa aumentare il rischio di prendere malattie. Il deputato della Lega Nord Paolo Grimoldi ha detto: «Lo Stato che fa entrare e accoglie questi immigrati è responsabile non solo della loro condotta e dei reati da loro commessi, come lo stupro di Rimini, ma anche del rischio che possano diffondere malattie». E Tony Iwobi, responsabile della sicurezza e dell’immigrazione nella Lega Nord: «Siamo solo all’inizio di un allarme sanitario. Le orde di finti profughi che stanno invadendo l’Italia, non stanno anche portando qui gravissime malattie?». Michaela Biancofiore, coordinatrice regionale di Forza Italia in Trentino Alto Adige, ha poi spiegato che «l’approdo massiccio di persone provenienti da paesi africani nei quali alcune malattie debellate da tempo secondo l’OMS a livello europeo, si stiano rimanifestando in maniera rilevante in Italia, è più che un sospetto». Biancofiore ha poi detto che presenterà un’interrogazione alla ministra della Sanità «per capire come sia potuto avvenire il contagio della bambina se non per mezzo di una zanzara evidentemente approdata in Italia attraverso i milioni di sbarchi degli ultimi mesi». Altri politici della Lega Nord hanno fatto la stessa cosa. Diversi giornali hanno poi ripreso queste posizioni.

Il Tempo, per esempio, dopo aver intervistato un medico esperto di malattie tropicali che ha parlato dei casi diffusi alla fine degli anni Novanta tra persone che vivevano vicino agli aeroporti di alcune città europee, e dopo aver fatto riferimento all’odierna rapidità dei viaggi delle merci e delle persone, dedica un’intera pagina per spiegare che la malaria «la portano gli immigrati». L’articolo parte dai barconi per poi citare le persone che rientrano dai viaggi nel loro paese d’origine. L’articolo comincia così:

«Altro che turisti che tornano da un viaggio nei paesi esotici e rincasano ammalati di malaria. Sono gli immigrati che ce la portano. Quelli che sbarcano dai barconi, che mettono per la prima volta piede in Italia, e gli immigrati che rientrano nel Belpaese dopo un viaggio a casa loro: tra gli uni e gli altri rappresentano l’80 per cento dei 3.663 casi di malaria notificati nel nostro Paese tra il 2011 e il 2015. E di questi, l’81 per cento, una percentuale altissima, sono quelli che rientrano da una visita, da parenti e amici, nei loro paesi d’origine, proprio come i due bambini del Burkina Faso, ammalati (poi guariti) che erano vicini di stanza nell’ospedale di Trento, dove era stata ricoverata in prima battuta la bambina italiana di 4 anni morta di malaria».

I dati che cita Il Tempo sono presi da una circolare del 27 dicembre del 2016 su “Prevenzione e controllo della malaria in Italia” del ministero della Salute.

Cosa dice il ministero della Salute?
Nella circolare del ministero si dice che negli ultimi anni la diffusione della malaria nel mondo è stata notevolmente ridotta grazie all’attuazione di programmi di lotta e controllo promossi dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), che nelle aree tropicali e subtropicali la malaria è ancora la più importante malattia trasmessa “da vettore” – cioè da un mezzo, in questo caso una zanzara – e che nei paesi non endemici la malaria continua ad essere «la più importante malattia d’importazione».

I dati citati nel documento, relativi al periodo 2011-2015, dicono che in Italia sono stati notificati 3.633 casi di malaria, di cui l’89 per cento con diagnosi confermata. La quasi totalità dei casi sono di importazione, cioè casi di malaria contratta dopo un soggiorno all’estero che si è manifestata successivamente al rientro in Italia. I casi autoctoni riportati, cioè casi di malaria contratta sicuramente in Italia, sono stati sette: due “indotti” (in cui la malaria è stata contratta artificialmente, per esempio dopo una trasfusione o un trapianto); tre “criptici” (la fonte dell’infezione non è stata identificata), uno “sospetto da bagaglio” (la zanzara è stata portata in Italia in una valigia) e uno “sospetto introdotto”, cioè trasmesso da vettori indigeni. Significa che è possibile ci sia stato già nel recente passato un caso di malaria trasmessa da zanzare indigene che probabilmente si sono infettate a loro volta su un caso d’importazione.

Il 70 per cento dei casi si sono verificati tra gli uomini e il 45 per cento nella fascia di età dai 24 ai 44 anni. Tra «i cittadini italiani», si dice, «si sono riscontrati il 20 per cento dei casi di cui il 41 per cento in viaggio per lavoro, il 22 per cento per turismo, il 21 per cento per volontariato/missione religiosa». Gli «stranieri» rappresentano l’80 per cento dei casi: per quanto riguarda quest’ultimi, «l’81 per cento dei casi sono da registrarsi tra immigrati regolarmente residenti in Italia e tornati nel paese di origine in visita a parenti ed amici […], il 13 per cento tra immigrati al primo ingresso». La maggior parte dei casi riguarda dunque stranieri residenti che vivono in Italia con un permesso regolare, e contraggono la malaria dopo brevi soggiorni nei loro paesi d’origine: niente che si possa accomunare ai “barconi” e alla cosiddetta “emergenza migranti” di questi ultimi due anni. Il 13 per cento ha a che fare invece con immigrati al primo ingresso, percentuale inferiore ai casi che riguardano cittadini italiani.

Nella circolare si dice anche che la maggior parte dei casi si sono verificati nelle regioni del centro-nord e che le notifiche per alcune regioni, in particolare del centro-sud, potrebbero essere sottostimate. Aggiunge il documento: «Vale la pena di sottolineare, infatti, che l’aggiornamento della situazione epidemiologica della malaria nel nostro paese è un fattore essenziale per fornire informazioni adeguate per la prevenzione di questa malattia ai viaggiatori diretti verso paesi tropicali e sub-tropicali e per orientare e ottimizzare misure di controllo in caso di eventi autoctoni introdotti, considerando che il principale vettore indigeno, Anopheles labranchiae, è ancora presente sul territorio nazionale e, nel periodo giugno-ottobre, in alcune aree può raggiungere anche densità elevate».

Il Secolo XIX ha intervistato due infettivologi, per approfondire ulteriormente: Fabrizio Pregliasco sostiene che le zanzare Anopheles responsabili del contagio possono essere arrivate in Italia «da turisti attraverso valigie o giacche, piuttosto che da migranti che viaggiano in ben altre condizioni». Alessandra Della Torre, docente associata di parassitologia dell’Università La Sapienza di Roma, è d’accordo: «Le zanzare possono viaggiare in aereo, nei container delle navi e così via. Il rischio non è quindi tanto legato agli immigrati, quanto ai viaggi nelle aree a rischio».