La Germania deve decidere cosa fare con il diesel

Il governo e le case automobilistiche vorrebbero rimediare ai danni dello scandalo sulle emissioni truccate, ma litigano sul come

(Kay Nietfeld/picture-alliance/dpa/AP Images)
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Mercoledì alcuni rappresentanti del governo tedesco hanno incontrato i dirigenti delle principali società automobilistiche del paese per discutere del futuro delle automobili diesel, e di cosa fare per migliorare l’immagine del settore dopo i danni causati dal cosiddetto “Dieselgate“, la scoperta che diverse società produttrici di auto avevano ingannato le autorità competenti sulle emissioni delle loro auto e su quanto effettivamente fossero dannose per l’ambiente e la salute. Alla fine del meeting, i produttori hanno accettato di aggiornare i software di 5 milioni di automobili per renderle meno inquinanti diminuendone la potenza. Hanno inoltre accettato di investire 500 milioni di euro in un fondo pubblico per ridurre l’inquinamento nelle grandi città, grazie alla costruzione di piste ciclabili e al rinnovo del parco dei mezzi pubblici.

Secondo i gruppi ambientalisti (alcune decine di persone hanno protestato davanti al ministero dell’Interno dove si teneva l’incontro) questi impegni non sono sufficienti e hanno chiesto che le società intervengano con modifiche meccaniche alle loro automobili, per esempio installando filtri più efficienti. I produttori di auto hanno escluso questa possibilità. Matthias Müller, amministratore delegato di Volkswagen, ha commentato la proposta dicendo di non essere sicuro di quali risultati avrebbe questa mossa e aggiungendo che preferisce far lavorare i suoi ingegneri «su tecnologie orientate al futuro, piuttosto che su motori vecchi di dieci o quindici anni».

La questione è particolarmente spinosa da gestire per il governo tedesco, accusato in passato di essere troppo morbido nei confronti dei produttori di auto, un settore fondamentale per l’economia del paese oltre che un simbolo internazionale dell’industria tedesca. Anche in Germania però sta crescendo un movimento che chiede regolamentazioni più severe nei confronti delle auto diesel, ritenute fino a poco tempo fa un’alternativa molto più sicura alle automobili a benzina. Oggi sappiamo che le auto diesel consumano meno e producono meno gas serra, quelli in parte responsabili del riscaldamento globale, ma generano molte più emissioni tossiche e dannose per l’uomo rispetto alle auto tradizionali. Il cosiddetto “Dieselgate” ha ulteriormente danneggiato l’immagine di questo tipo di motori, oltre ad aver rivelato che diverse società avevano ingannato i regolatori sulle reali emissioni di questa tecnologia. In risposta a questa situazione, diverse grandi città – come Città del Messico, Parigi, Madrid e Atene – stanno pensando di impedire la circolazione delle auto diesel almeno nei centri città. I governi di Francia e Regno Unito stanno valutando la possibilità di vietarne del tutto la vendita.

Il governo tedesco, però, non può seguire questa strada. Il diesel è fondamentale per l’industria automobilistica tedesca, poiché è il motore preferito da chi acquista le automobili di alta gamma che producono gran parte dei profitti per società come Mercedes e BMW. Per loro la tecnologia diesel è il “salvagente” al quale attaccarsi in attesa del passaggio a tecnologie elettriche, un settore nel quale dovranno affrontare la concorrenza agguerrita e ancora imprevedibile di società come Tesla e magari anche Apple. Le elezioni politiche, che si terranno tra un mese e alle quali la cancelliera Angela Merkel si è candidata per un quarto mandato, rendono la situazione ancora più complicata da gestire.

Per il momento, sembra che il governo abbia cercato di andare incontro alle esigenze dei produttori di auto, imponendo loro misure tutto sommato non troppo onerose. Secondo la stampa tedesca, però, tra i ministri di Merkel c’era più di una divisione. Alcuni sostenevano che bisognasse varare un piano di incentivi pubblici per favorire il ricambio dei vecchi modelli diesel con nuove automobili più ecologiche e sicure; il ministro dell’Ambiente, Barbara Hendricks, si è opposta dicendo che i responsabili della crisi del diesel sono proprio i produttori di auto, e che per questo motivo di certo non meritavano ulteriori aiuti pubblici.