Gli 11 genitori americani che decidono se i film vanno bene per i minorenni

Sono quelli che decidono se e a chi vietare i film americani; in Italia ci sono invece commissioni miste con genitori, esperti di cinema, psicologi e magistrati

Negli Stati Uniti ci sono 11 genitori che passano le loro giornate a guardare film di ogni tipo – quelli bruttissimi, di “Serie B”, ma anche i nuovi Star Wars, molto prima che vadano nelle sale – a prendere appunti e a discutere poi delle scene di sesso, insulti e violenza che hanno appena visto. Quegli 11 genitori lavorano per la sezione della Motion Picture Association of America (o MPAA, l’organizzazione americana dei produttori cinematografici) che si occupa di classificare i film e decidere se sono adatti a tutti, ai bambini solo se accompagnati o solo a chi ha almeno 18 anni. Non si sanno i nomi di tutti e 11, ma alcuni di loro hanno parlato del loro strano lavoro a Erich Schwartzel, che ne ha scritto sul Wall Street Journal.

Joan Graves è la direttrice della sezione che si occupa di classificare i film per la MPAA ed è una signora di 75 anni che si è messa a farlo su invito di un’amica, che le disse che sembrava una persona abbastanza sensibile da poter fare per quel lavoro. Da allora Graves ha visto e contribuito a classificare più di 12mila film. I requisiti per entrare nel gruppo presieduto da Graves sono pochi: basta avere almeno un figlio tra i 5 e i 15 anni e a meno che non si venga promossi durante l’incarico (come è successo a Graves) lo si deve abbandonare quando il più giovane dei propri figli compie 21 anni.

Schwartzel ha scritto che gli 11 genitori – la cui decisione ha ovviamente grande rilevanza nei successivi incassi di un film – lavorano «in un anonimo palazzo vicino a un mercato all’aperto» e in un giorno normale guardano due o tre film. Nel 2016 ne hanno valutati 605. I produttori di film non sono obbligati a far classificare i loro film, ma lo fanno praticamente tutti perché diversi cinema si rifiutano di mostrarli se non sono classificati. Dalla seconda metà degli anni Novanta i film che escono negli Stati Uniti sono divisi in cinque categorie: G (General Audiences) se va bene per tutti; PG (Parental Guidance) se la presenza di un genitore è suggerita; PG-13 se è fortemente consigliata la presenza di un genitore che accompagni un figlio con meno di 13 anni; R (Restricted) se chiunque abbia meno di 17 deve essere accompagnato; NC-17 se è vietato a chiunque abbia meno di 17 anni.

FILM-RATING

Schwartzel ha scritto che tra le domande che gli 11 genitori si fanno guardando un film ci sono: «Nello schermo si è visto qualche posacenere? Quando sparano al cattivo si vede il sangue uscire lentamente o schizzare contro la parete? E quanto erano “attivi” gli attori durante quelle scene romantiche?». Graves ha spiegato che sembrano anche esserci delle tendenze generali, che variano nel tempo: «Un anno era come se in ogni film ci dovesse essere qualcuno che vomitava», e in altri momenti la cosa che andava per la maggiore erano «persone sedute sul water». Tracey Downs-Berle – una delle 10 persone che lavorano con Graves – ha invece detto di aver a un certo punto notato, qualche tempo fa, un’improvvisa proliferazione di «persone investite da pullman». Schwartzel ha scritto che dopo anni in cui andavano forte sangue e esplosioni, sembra che ora i genitori (quelli americani che hanno risposto ai sondaggi, non solo gli 11 che classificano i film) «si preoccupino meno della violenza e sempre più del fumo e del bullismo».

Scott Young – uno degli 11 – ha detto che fare quel lavoro «è come essere in una giuria». Le decisioni vengono prese collettivamente e per ogni film viene spiegato cosa c’è che non va. La versione breve del “cosa non va” potete trovarla anche qui, cercando come è stato classificato ogni film, e perché: Moonlight è R perché ci sono «un po’ di sesso, uso di droghe, brevi violenze e un linguaggio inappropriato per tutto il film»; La La Land è PG-13 per via di alcune parolacce. Una volta che il film è stato visto e classificato la decisione viene comunicata alla casa di produzione che l’ha mandato, che può accettare il giudizio o rimontare il film cercando di togliere qualcosa nella speranza di fargliene ottenere una migliore.

Non si sa invece quanto la “giuria” degli 11 genitori ne abbia discusso, se ci si stato un voto o se sia finito 11-a-0 o 6-a-5.  Graves ha però spiegato che lei e i colleghi in genere scelgono di guardare «cose violente la mattina e cose di sesso al pomeriggio»; Downs-Berle ha detto che «niente è come dover andare a prendere il figlio all’asilo dopo aver guardato delle scene di tortura-porno»; che ha anche detto: «Abbiamo visto persone morire in ogni modo possibile».

Il nuovo sistema della MPAA esiste dal 1968, quando sostituì il precedente Motion Picture Production Code, molto più noto come Codice Hays, dal cognome dell’uomo che lo ideò negli anni Trenta: stabiliva cosa era moralmente accettabile e lasciava fuori molte cose. È il motivo per cui – specie se si tratta di allusioni sessuali o relazioni amorose – molti film statunitensi della seconda metà degli anni Venti e dei primissimi anni Trenta sono spesso più espliciti rispetto a film fatti anche vent’anni dopo. Studiando storia del cinema si sente spesso parlare di un prima e un dopo il Codice Hays. Questo era quello che c’era prima:

La censura (come era nella pratica quella del Codice Hays) o la classificazione libera anche se fortemente incentivata dal mercato funzionano in modo diverso da paese a paese. Quella statunitense ha più importanza perché lì si fanno i film più importanti e perché è lì che i film fanno la maggior parte dei loro soldi, anche se questa cosa sta un po’ cambiando ultimamente.

In Italia la “revisione cinematografica” è regolata da una legge del 1962 e, come scrive il ministero della Cultura, «prima della proiezione in pubblico i film devono ottenere il nulla osta rilasciato dalla Direzione generale per il Cinema su parere della Commissione per la Revisione cinematografica. La Commissione che esamina il film può approvarne la diffusione per tutti o imporre divieti di visione ai minori oppure arrivare a negare il nulla osta, qualora riscontri nell’opera cinematografica l’offesa al buon costume. Il nulla osta è necessario anche per l’esportazione all’estero di film nazionali. La Commissione attribuisce anche la qualifica di film per ragazzi». La Commissione «è presieduta da docenti di diritto o magistrati ed è composta da docenti di psicologia dell’età evolutiva, da esperti di cultura cinematografica, rappresentanti dei genitori, rappresentanti delle categorie del settore cinematografico e da esperti designati dalle associazioni per la protezione degli animali. Essa esprime parere vincolante sulla concessione dei nulla osta per la proiezione in pubblico dei film». Un film italiano (o straniero che esce nei cinema italiani) può essere per tutti, per chi ha almeno 14 anni e per chi ne ha almeno 18.