Avere un bambino fa invecchiare le donne più in fretta?

Alcuni studi suggeriscono di sì, altri il contrario: la verità è che non lo sappiamo, ma probabilmente dipende dal contesto

Una scena del film "Il padre della sposa 2"
Una scena del film "Il padre della sposa 2"

A molte ragazze e giovani donne è capitato di sentirsi dire che portando a termine una gravidanza e crescendo dei figli si invecchia più velocemente. Alcuni mesi fa molte donne si sono spaventate leggendo sui giornali titoli allarmisti su una ricerca secondo cui la gravidanza provoca cambiamenti duraturi nel cervello, facendo diminuire la quantità di materia grigia. Quello studio non è l’unico che potrebbe far cambiare idea alle donne sulla prospettiva di avere bambini: in uno studio del 2007 su dati riguardanti la popolazione dello Utah nell’Ottocento è stata trovata una correlazione tra il numero di figli di una donna e le sue prospettive di vita. Un altro studio, fatto nel 2006 usando dati storici sulla popolazione rurale della Polonia, ha sostenuto che avere figli e figlie riduca la durata della vita delle donne.

Anche senza leggere articoli scientifici, basta vivere a contatto con una donna incinta per pensare che la gravidanza abbia effetti deleteri a lungo termine sul corpo, visti tutti i grossi cambiamenti che provoca: fa prendere peso, fa accelerare il metabolismo, il battito cardiaco e i livelli di estrogeni e progesterone (cioè gli ormoni sessuali femminili), e fa espandere l’utero in modo da aumentare la pressione sugli organi interni e sui vasi sanguigni. L’aumento di ormoni causa un aumento del rischio di tumore al seno e il metabolismo accelerato che serve per portare a termine una gravidanza e per allattare fa crescere lo “stress ossidativo“, un disequilibrio dell’organismo che si ritiene possa accelerare l’invecchiamento. Inoltre, perché le ossa del bambino si formino, la madre deve rinunciare a parte del suo calcio e le sue difese immunitarie devono abbassarsi affinché il suo corpo accetti di ospitarne un altro.

Tuttavia non è affatto dimostrato che avere dei figli faccia invecchiare le donne più velocemente. Sulla rivista di divulgazione scientifica Nautilus la giornalista Jordana Cepelewicz ha messo insieme una lista di studi secondo cui sembrerebbe che accada il contrario. Uno studio del 2015 fatto tra gli Stati Uniti e la Danimarca, sempre usando dati storici, ha rilevato che le donne che avevano avuto il loro ultimo figlio dopo i 40 anni avevano quattro volte più probabilità di diventare centenarie rispetto alle loro contemporanee che avevano avuto il loro ultimo figlio da più giovani. Anche altri studi, fatti su altre popolazioni, hanno dato risultati simili.

Uno di questi riguarda i telomeri, cioè i pezzi dei cromosomi che si pensa abbiano un ruolo nell’invecchiamento delle cellule. I cromosomi sono i corpuscoli che nei nuclei delle cellule custodiscono il codice genetico e i telomeri sono la loro parte finale: contengono sequenze ripetute di DNA non codificante, chiamato anche “DNA spazzatura”, ma hanno una funzione importante. Infatti quando nascono nuove cellule – succede continuamente nel nostro corpo, quasi in tutte le sue parti – i cromosomi si copiano ma il processo fa sì che le loro estremità si perdano: i telomeri consentono di perdere dati “inutili”, preservando le altre informazioni genetiche rilevanti contenute in ogni cromosoma. Uno studio dell’anno scorso, fatto analizzando una popolazione rurale del Guatemala, ha scoperto che le donne che avevano avuto più figli, a parità d’età, avevano telomeri più lunghi: secondo l’autore principale dello studio, l’antropologo ed epidemiologo Pablo Nepomnaschy, i telomeri delle donne con più figli potrebbero essere più lunghi per via della maggiore produzione di estrogeni, che si è dimostrato hanno un effetto contro lo stress ossidativo e contro l’accorciamento dei telomeri. Secondo un gruppo di ricercatori dell’Università Ebraica di Gerusalemme la gravidanza stessa avrebbe un effetto di ringiovanimento, almeno sulle donne che hanno figli a un’età già avanzata.

La gravidanza avrebbe un effetto benefico anche nelle donne che hanno alcuni tipi di malattie. Secondo una serie di ricerche – pubblicate nel 1994, nel 2004 e nel 2006 – le donne incinte affette da sclerosi multipla, una patologia autoimmune con varie forme che può portare a diversi tipi di disabilità, hanno un decorso della malattia più lento.

L’unica cosa chiara sulla relazione tra gravidanza da un lato e invecchiamento e durata della vita dall’altro, spiega Jordana Cepelewicz, è che una relazione esista. Ma non si sa ancora con certezza quale sia, cioè in quale senso vada. Un modo per provare a capirlo – usato molto spesso in biologia – è quello di pensare a tutta la faccenda da una prospettiva evoluzionistica: a cosa serve dal punto di vista dell’evoluzione che una donna invecchi più o meno velocemente avendo più o meno gravidanze?

Nel 1976 il biologo Richard Dawkins liquidò la faccenda dicendo più o meno che l’invecchiamento aveva poco a che fare con l’evoluzione. La tesi del suo famoso saggio Il gene egoista è che il principio di sopravvivenza che regola il meccanismo dell’evoluzione non riguarda la sopravvivenza dell’individuo o della sua specie ma quella del singolo gene, attraverso la propagazione da genitori a figli: per questo ai fini dell’evoluzione non avrebbero importanza né la qualità della vita né la sua durata una volta finita l’età fertile. Esistono però altre teorie sull’evoluzione che hanno un approccio diverso. Nel 1957 il biologo George Williams pubblicò un articolo secondo cui la selezione naturale in alcuni casi può favorire caratteristiche che aumentano le possibilità di sopravvivenza quando si è giovani anche se al crescere dell’età le fanno diminuire. Questa teoria si chiama ipotesi della pleiotropia antagonista. Un gene che si comporta secondo la teoria di Williams è il gene p53, che protegge dal rischio di tumore le persone giovani ma aumenta la velocità di invecchiamento in quelle più vecchie. Lo stesso meccanismo potrebbe essere all’opera nei casi in cui c’è una sovrapproduzione di ormoni sessuali, che da un lato aumentano la fertilità e dall’altro le probabilità di sviluppare alcune forme di tumori in futuro.

Un’altra ipotesi evoluzionistica sul rapporto tra gravidanza e invecchiamento è quella del biologo Thomas Kirkwood, la cosiddetta “teoria del corpo usa e getta”, risalente agli anni Settanta. Secondo Kirkwood tutto è molto semplice: la gravidanza comporta dei costi per il corpo della madre e per questo riduce la sua aspettativa di vita. Sicuramente in passato questo era molto più vero di quanto lo sia oggi, visti i maggiori rischi per la salute delle donne che avevano figli.

Ci sono però anche teorie contrarie a queste. Il biologo teorico Josh Mitteldorf pensa che il meccanismo dell’evoluzione funzioni anche a livello delle comunità di individui e per questo una madre longeva potrebbe essere vantaggiosa dal punto di vista evolutivo, per esempio perché può diventare nonna e continuare ad avere un ruolo utile anche dopo la fine dell’età fertile. Nel 1997 l’antropologa Kristen Hawkes propose la teoria secondo cui le donne hanno una durata della vita lunga anche dopo essere andate in menopausa proprio per poter diventare nonne, favorendo la sopravvivenza dei nipoti e permettendo alle donne giovani di avere più tempo per fare altri figli. La teoria di Hawkes, che chiaramente si riferisce alle società patriarcali tradizionali e non alla società contemporanea, è supportata dalle sue osservazioni fatte su donne dell’etnia tanzaniana degli Hadza: tra le altre cose le donne Hadza anziane riuscivano a recuperare più cibo per la comunità di quanto facessero le donne in età fertile. Un’altra antropologa, Lorena Madrigal, ha una teoria simile: la menopausa arriverebbe relativamente presto nella vita di una donna e questa continuerebbe a vivere molto a lungo dopo la fine dell’età fertile per avere modi e tempi di dedicarsi alla cura dei propri figli, aumentando così le loro possibilità di sopravvivenza.

Cepelewicz fa presente che tutta questa faccenda è molto complicata, perché la struttura delle diverse società ha un peso rilevante nel determinare le aspettative di vita delle donne, che abbiano figli o meno. In molti casi le donne con figli hanno un’aspettativa di vita più lunga perché da anziane hanno qualcuno che si occupa di loro e soprattutto succede il contrario a molte donne senza figli. Il sostegno sociale alle donne, che siano madri o meno, può avere anche un effetto sull’accorciamento dei telomeri secondo alcuni studi (uno del 2012, uno del 2013), oltre ad avere un’ovvia influenza psicologica che a sua volta può avere conseguenze sulla durata e sulla qualità della vita. Sul rapporto tra gravidanza e invecchiamento sono più le cose che non sappiamo di quelle che sappiamo, ma in sintesi è probabile che la questione sia molto complessa e vari tantissimo a seconda del contesto e della singola donna. Quello che è sicuro è che le politiche sociali e le iniziative rivolte alla salute delle donne sono una cosa buona e utile.