Gli esperimenti di Palermo sull’accoglienza

Negli ultimi anni la città ha lavorato molto sull'integrazione degli stranieri residenti, con l'obiettivo di diventare un esempio

di Marina Petrillo

La facciata del municipio di Palermo
(Ansa)
La facciata del municipio di Palermo (Ansa)

Nel suo progetto di ricostruzione di quella che il sindaco Leoluca Orlando chiama “autostima” della città, Palermo sta tentando anche un percorso creativo di integrazione delle comunità straniere che vivono in città. Nel 2013 il Comune ha fondato, con l’ambizione di diventare un esempio per tutta l’Europa, una Consulta delle culture che ha la possibilità di influenzare direttamente le politiche di governo della città, presieduta prima dal palestinese Adham Darawsha, da poco diventato cittadino italiano, e oggi, dopo le sue dimissioni, da Delfina Nunes. La Consulta ha stabilito, fra i suoi primi principi, di procedere nelle politiche comunali senza fare le abituali differenze fra cittadini comunitari e non. Nel marzo 2015 ha poi prodotto un documento-guida all’avanguardia in Europa su integrazione e cittadinanza, sottoscritto da giuristi, intellettuali e rappresentanti delle istituzioni e dell’associazionismo: la Carta di Palermo, il cui concetto principale è quello del diritto alla mobilità internazionale.

Palermo ha una storia di immigrazione un po’ particolare. In primo luogo, è una città che per molti anni è andata spopolandosi dei suoi abitanti, con una curva discendente che dal 2004 ha portato a un picco verso il basso nel 2012, per poi cominciare a risalire. L’arrivo di persone di altra origine ha pian piano riportato la popolazione alle dimensioni dei primi anni Duemila. E anche se oggi in Sicilia per l’approdo delle navi che prestano soccorso ai migranti si usano soprattutto i porti di Augusta, Trapani e Catania, Palermo non ha ancora dimenticato l’arrivo della nave svedese Poseidon a fine agosto del 2015: oltre a 571 persone soccorse, ne riportò a terra 52 che erano morte asfissiate in una stiva.

In secondo luogo, le etnie principali che si sono insediate a Palermo città non riflettono i dati nazionali: i cittadini stranieri, cioè le persone di cittadinanza non italiana che hanno dimora abituale a Palermo, erano 26.587 nel 2016. Fra questi, per anni la comunità più numerosa è stata quella cingalese, superata solo da poco da quella del Bangladesh. La presenza di queste due comunità (insieme a quella cinese, più ridotta), è così forte che circa la metà della popolazione straniera di Palermo città è di origine asiatica. Dopo Sri Lanka e Bangladesh, che sono anche le origini con più minori (circa il 20 per cento del totale per ognuna), un po’ distanziata segue la comunità del Ghana. Gli uomini sono più delle donne, anche se le donne sono in maggioranza nei quartieri residenziali, dove lavorano presso famiglie italiane. Gli stranieri a Palermo tendono a concentrarsi nei quartieri Politeama, Oreto-Stazione, Palazzo Reale-Monte di Pietà, e Tribunali-Castellammare. Per ritrovare le medie nazionali, in cui la Romania è il paese con la maggiore presenza di cittadini in Italia e gli stranieri sono diffusi più uniformemente sul territorio, bisogna allargare lo sguardo alle cifre di Palermo metropolitana, che sommando i cittadini stranieri di tutti i paesi limitrofi porta il totale a 36.980 persone nel 2016, vale a dire il 2,9 per cento della popolazione. Negli ultimi anni, i bambini di origine straniera sono arrivati a contare fra il 5 e il 6 per cento di tutti i bambini nati a Palermo.

Alcune comunità sono più precarie, altre più radicate, e questo si riflette poi nella storia scolastica e professionale delle seconde generazioni. Secondo Walter Nania, che ha pubblicato gli esiti delle sue ricerche fra i giovani stranieri di Palermo sul bimestrale dell’Istituto Euroarabo di Mazara del Vallo, gli alunni stranieri non vedono nelle scelte scolastiche opportunità di grandi miglioramenti sociali rispetto ai loro genitori. ma Assita Kone, universitaria appassionata di economia e figlia di immigrati della Costa d’Avorio, racconta che per gli adulti è normale fare avanti e indietro dal paese d’origine, magari tornare là per qualche visita medica o mantenere attività imprenditoriali, mentre i giovani scoprono di sentirsi radicati in Italia. «Sono stata da poco a Bruxelles per un po’, ma appena sono tornata ero contentissima di essere di nuovo qui», dice con un accento palermitano. «I miei fratelli e io avremmo la possibilità di trascorrere un periodo di studio in Germania, ma io non so se ho ancora voglia di farlo. Qui ho amici di tante nazionalità diverse, magari i maschi sono un po’ più integrati delle ragazze, hanno meno complessi, ma nell’insieme si sta bene. I miei sono sempre in bilico, ma io sono italiana e sto riscoprendo adesso il mio amore per Palermo».

Kone si è candidata nelle liste di Sinistra Comune della quinta circoscrizione di Palermo, per le elezioni del consiglio comunale che si svolgeranno l’11 giugno. Qualcosa nella vocazione di Palermo alla multietnicità ha spinto le istituzioni a puntare sulla piena cittadinanza dei suoi abitanti stranieri, a cominciare dai giovani. La Carta di Palermo sfida l’Italia e l’Europa sull’abolizione dei permessi di soggiorno in favore di una radicale adozione della cittadinanza come strumento di inclusione e di partecipazione alla vita pubblica. Secondo dati forniti dallo stesso Comune di Palermo, l’amministrazione comunale ha dato la cittadinanza italiana a un totale di 2.713 stranieri in cinque anni, con un picco di più di 800 nel solo 2016. Nell’aprile di quest’anno ha lanciato una “maratona delle cittadinanze”, che punta a 300 nuovi conferimenti in poche settimane.