Insomma, ecco, questo “Iron Fist”…

Si parla piuttosto male della nuova serie di Netflix e Marvel: un po' per come è fatta e un po' per la scelta dell'attore protagonista

Il 17 marzo sono usciti su Netflix i 13 episodi della prima stagione di Iron Fist, una nuova serie di supereroi prodotta da Marvel e Netflix, che segue DaredevilJessica Jones Luke Cage, con le quali si collegherà in una serie speciale chiamata The DefendersIron Fist ha attirato da subito meno attenzioni delle altre serie, per motivi diversi: è un personaggio meno conosciuto di Daredevil, non ci sono temi sociali insoliti per una serie di supereroi come in Jessica Jones, e non è uno spin off su un personaggio già apprezzato come Luke Cage. A complicare le cose, la serie negli Stati Uniti è stata al centro di alcune polemiche per la scelta di utilizzare un protagonista bianco, mentre secondo molti poteva essere l’occasione per scritturarne uno asiatico. E infine, cosa più importante di tutte, le recensioni di Iron Fist sono state pessime.

Di cosa parla Iron Fist, in breve
Il protagonista della serie è Danny Rand, interpretato da Finn Jones, famoso soprattutto per il ruolo di Loras Tyrell in Game of Thrones. Le origini dei suoi superpoteri risalgono a quando, da bambino, fa un viaggio in Tibet insieme a suo padre, un ricchissimo imprenditore, e a sua madre, per cercare una leggendaria città chiamata K’un-L’un. L’aereo su cui viaggiano si schianta, e Danny è l’unico sopravvissuto: nel fumetto originale la storia va diversamente, perché a uccidere suo padre nell’Hymalaya è il suo socio d’affari, innamorato della madre di Danny. In ogni caso, sia nel fumetto sia nella serie Danny viene trovato e cresciuto da una comunità di monaci buddisti che gli insegnano le arti marziali, nelle quali lui è molto dotato. I monaci vivono proprio a K’un-L’un, una città che in realtà esiste in un’altra dimensione e appare sulla Terra una volta ogni quindici anni.

ironfist-1

La serie comincia con il ritorno di Danny Rand a New York – dove sono ambientate anche le altre serie di Netflix e Marvel – molti anni dopo l’incidente in Hymalaya: vuole riprendersi l’azienda di famiglia, nel frattempo passata ai figli del socio d’affari di suo padre, suoi grandi amici d’infanzia, ma non viene riconosciuto. Le prime puntate raccontano i tentativi di Rand di convincere le persone che conosce che è davvero il figlio del proprietario originario della società, mentre si mettono le basi del grande complotto di ninja e organizzazioni orientali che sarà alla base delle vicende della prima stagione. Si scopre che Danny è diventato l’Iron Fist, un personaggio mistico e leggendario, nemico giurato della Mano, l’organizzazione criminale che compare anche nella seconda stagione di Daredevil. Fin dal primo episodio viene introdotto anche il personaggio di Colleen Wing, samurai che diventerà una dei due principali aiutanti di Iron Fist, insieme a Misty Knight.

Iron Fist, il fumetto, uscì per la prima volta nel 1974, e lo inventarono Roy Thomas e Gil Kane: fino alla serie di Netflix era un supereroe conosciuto solo dai veri appassionati, e in italiano il suo nome è stato tradotto a lungo con Pugno d’Acciaio, ma da un po’ di tempo si è tornati alla versione originale. Oltre a essere fortissimo nelle scazzottate per le sue doti nelle arti marziali, Iron Fist sa fare una mossa speciale chiudendo le mani a pugno e richiamando una specie di energia mistica chiamata “ki”.

Le critiche per la scelta di Finn Jones
In molti, sui social network e sui siti specializzati, hanno criticato la scelta di scritturare un attore bianco per interpretare il personaggio di un ricco occidentale che scopre i misteri e la mistica orientali per poi diventare bravissimo a padroneggiare quelle arti, meglio degli orientali stessi. Già due anni fa, appena si seppe che la serie si sarebbe fatta, il sito Nerds of Colour pubblicò un articolo intitolato “Per favore, Marvel, scegli un attore asiatico per Iron Fist”. Vulture ha recentemente intervistato Keith Chow, l’autore di quel pezzo, che ha spiegato che se Marvel avesse scelto un protagonista di origini asiatiche, invece di Finn, «non solo avrebbe creato il primo protagonista asiatico-americano dell’universo Marvel, ma avrebbe anche risolto con semplicità lo spinoso problema dell’orientalismo nella serie». Invece ora è un po’ come L’ultimo samurai, quel film del 2003 in cui Tom Cruise, un soldato americano, diventa un samurai e guida la resistenza giapponese. «Invece che la storia di un uomo bianco che si appropria dei valori del misticismo asiatico, avrebbe potuto essere la storia di un asiatico-americano che torna nella terra dei suoi genitori per riconnettersi con loro: un sentimento comune a molti asiatici-americani di seconda generazione».

Secondo Chow sarebbe stato un modo di dare più profondità a un tema solitamente trattato con superficialità come le arti marziali. «A quel personaggio particolare, nelle storie occidentali, non viene mai data profondità. È solo il tipo cattivo, o il mentore, o la carne da macello. Perciò un Daniel Rand asiatico avrebbe significato uscire da questi stereotipi, perché il protagonista della serie sarà sfaccettato, superbo, sexy, divertente, avrà una relazione sentimentale. Se dai queste qualità agli asiatici che praticano le arti marziali, distruggi lo stereotipo».

Lo stesso Finn si è infilato in questo dibattito: poche settimane fa, dopo aver condiviso un tweet di Riz Ahmed (l’attore pakistano di The Night OfThe OAStar Wars: Rogue One) sull’importanza di una corretta rappresentazione etnica nei film, ha ricevuto critiche e insulti e si è tolto da Twitter temporaneamente. Jones ha risposto alle critiche a Iron Fist dicendo che il cast della serie è molto diverso etnicamente, ed è un tema sul quale si è fatta attenzione.

Ma il problema è soprattutto che è brutta
Su Metacritic la serie ha un punteggio di 37/100, tenendo conto delle recensioni dei critici, e di 5,9 su 10 tenendo conto di quelle degli utenti. Su Rotten Tomatoes il primo punteggio è del 18 per cento, il secondo dell’84 per cento: il breve giudizio che riassume le critiche al film dice che «nonostante alcuni momenti promettenti, Iron Fist è appesantito dall’assenza di slancio e originalità». Sul Guardian, Adam Gabbat ha dato alla serie due stelle su cinque, spiegando che comincia molto lentamente, introducendo personaggi che sembrano entrarci poco con la trama e dedicando molto (troppo) tempo ai flashback, anche uguali tra loro, senza che ci siano vere esplosioni di azione, come ci si poteva attendere dopo aver visto Daredevil. Per i primi episodi non si vedono davvero i superpoteri del protagonista, che secondo Gabbat sono spettacolari una volta che arrivano. Mancano anche delle parti comiche, che invece c’erano in Daredevil, Jessica JonesLuke Cage.

Le recensioni che si lamentano della lentezza di Iron Fist sono molte: su Vox, Alex Abad-Santos ha scritto che i dialoghi sono molto deboli e ripetitivi, e che ci sono delle scelte di regia che sembrano voler spiegare a tutti i costi allo spettatore cose che in realtà si capiscono benissimo da sole. A differenza di Daredevil, poi, secondo Abad-Santos le scene di lotta sono molto più brutte: se nell’altra serie praticamente ogni personaggio combatteva con uno stile personale (pensate a Wilson Fisk, Elektra, il Punitore), in Iron Fist è tutto piuttosto uguale (addirittura “alla Power Rangers, secondo Abad-Santos). C’è anche una spiegazione tecnica: Iron Fist non indossa una maschera, quindi in molte parti delle scene di combattimento non sono state usate controfigure, riducendo le possibilità di fare coreografie spettacolari. Sembra, secondo Abad-Santos, che Iron Fist sia una serie fatta per mettere le premesse riguardo alla Mano, che farà la parte dei cattivi nella serie The Defenders.

Opinioni simili sono state date anche da Daniel Fienberg dello Hollywood Reporter, che ha definito Iron Fist il primo «passo falso» di Netflix e Marvel (e va ricordato che già Luke Cage non era piaciuta proprio a tutti). Fienberg dice che la serie si potrebbe saltare senza troppi problemi, se non servisse per poter vedere poi The Defenders. Gli altri personaggi, spiega, erano profondi e perfettamente inseriti in un contesto interessante, che fosse la Hell’s Kitchen di Daredevil o l’Harlem di Luke Cage. Suscitavano empatia. In Iron Fist tutto questo manca, e «la sua più grande decisione negli episodi iniziali è se accettare un patteggiamento di 100 milioni o rifiutarlo indignato chiedendo la parte di società che gli spetta». Su Vanity Fair Richard Lawson ha scritto che «Iron Fist è tutto quello che non funzionava nelle altre serie di Marvel e Netflix, concentrato in una serie incredibilmente debole, così intrinsecamente brutta che un po’ spero si tiri dietro tutta la baracca. Non Netflix: solo questa ripetizione di questo mondo di Marvel, abborracciato e scadente com’è».