I referendum della CGIL non si fanno più

Il governo ha deciso l'abolizione dei voucher e vuole eliminare anche il tema del secondo quesito (ma non sembra che sappiano quello di cui parlano)

(ANSA/GIUSEPPE LAMI)
(ANSA/GIUSEPPE LAMI)

Il Consiglio dei ministri ha approvato un decreto legge che porterà alla cancellazione dei due referendum voluti dalla CGIL, che si sarebbero dovuti svolgere il prossimo 28 maggio. Nel decreto si stabilisce innanzitutto l’eliminazione dei voucher a partire dal 2018; dal testo del comunicato stampa si capisce anche che il governo vuole eliminare il secondo referendum per cui saremmo dovuti andare a votare, quello che riguarda l’escussione preventiva, ma la questione non è spiegata molto bene. Sarà la Corte di cassazione a decidere se i referendum dovranno essere annullati, ma visto che le richieste della CGIL sono state sostanzialmente esaudite non sembrano esserci molti dubbi su quale sarà la decisione del tribunale.

La notizia dell’abolizione dei voucher era circolata già ieri ed è stata interpretata da molti come una resa del governo e del PD, principale partito di maggioranza, di fronte al rischio di perdere il referendum e di subire una grave sconfitta politica (oltre all’abrogazione dei voucher, a quel punto). I voucher sono uno strumento utilizzato per pagare lavori saltuari il cui uso è aumentato moltissimo nel corso degli anni, in particolare in seguito alla liberalizzazione del loro utilizzo votata dal governo Monti nel 2012.

In modo molto confuso e impreciso, il comunicato stampa diffuso dopo il Consiglio dei ministri sembra indicare che il governo abbia di fatto cancellato anche il secondo referendum, accogliendo completamente le richieste della CGIL. Nel comunicato infatti è scritto:

Con riferimento alla disciplina in materia di appalti di opere e servizi, il provvedimento mira a ripristinare integralmente la responsabilità solidale del committente con l’appaltatore nonché con ciascuno degli eventuali subappaltatori, per garantire una miglior tutela in favore dei lavoratori impiegati.

La responsabilità solidale è il principio per cui se il dipendente di una ditta che lavora in un appalto non viene pagato dal suo datore di lavoro può rivalersi sul committente dell’appalto. Il comunicato dice che il governo vuole “ripristinare” la responsabilità solidale, che secondo molti sostenitori del referendum sarebbe stata abolita. In realtà la responsabilità solidale è ancora in vigore e non è mai stata abolita.

Quello a cui mirava il referendum è una questione diversa: vuole abolire il cosiddetto “beneficio dell’escussione preventiva”, cioè il diritto che ha il committente di chiedere che, in caso di mancati pagamenti, il dipendente si rivalga prima sul suo datore di lavoro. Grazie a questo beneficio, il committente è obbligato a pagare solo se non è possibile riscuotere il denaro dovuto dal datore di lavoro. In modo ancora più confuso, il titolo del paragrafo fa un riferimento agli “appalti pubblici”, che con questa vicenda non ha molto a che fare: il referendum riguarda infatti tutti gli appalti. Qui avevamo spiegato tutta la vicenda.

Si tratta di una questione molto complessa e molto tecnica che in alcune circostanze la stessa CGIL, che ha materialmente scritto il quesito, non è riuscita a spiegare correttamente. Per esempio depliant e volantini stampati dalla CGIL per illustrare il quesito sono stati definiti da esperti di diritto del lavoro e avvocati privi di senso o slegati dal contenuto del quesito.

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