Non ripartiamo dai programmi

Giuseppe De Rita contro il vuoto totem del programma elettorale, da rimpiazzare con scadenze concrete

(Keystone/Getty Images)
(Keystone/Getty Images)

Sul Corriere della Sera di oggi il sociologo Giuseppe De Rita propone ai partiti politici di abbandonare la pratica di scrivere lunghi programmi prima di presentarsi alle elezioni per raccogliere consensi: il termine «programma» è invecchiato, dice De Rita; spesso i programmi si riducono a vuoti elenchi programmatici e, infine, i grandi «quadri di sintesi del presente e di previsioni di futuro» si riducono all’espressione retorica delle proprie intenzioni a lungo termine mentre ciò che interessa oggi è soprattutto un’azione specifica e puntuale. Sarebbe meglio, dice De Rita, dare spazio «a una logica di “agenda” scadenzata nel breve periodo, articolata per specifici scopi, che quindi lavori sull’esistente più che sulle intenzioni».

«Non impiccatevi alla stesura di ambiziosi programmi di medio–lungo periodo. Questo è il disinteressato consiglio che mi viene spontaneo dare alle forze politiche che sembrano non poter fare a meno della ideazione, redazione, lancio e sostegno di ardite proposte programmatiche.

La cosa si capisce: siamo ormai in campagna elettorale e il dichiarare i propri intendimenti è passaggio obbligato di chiunque voglia candidarsi alla guida del Paese. Non bastano infatti più gli annunci di riforme settoriali, visto che quelle appena fatte non hanno suscitato convinti coinvolgimenti. Non bastano più le elargizioni a pioggia di bonus non inquadrabili in opzioni e disegni di sviluppo e di governo. E non bastano più le indicazioni di aggiustamento strutturale su cui si costruiscono le leggi di bilancio (quasi sempre orientato più alla stabilità che al movimento). Può darsi che in futuro le autorità comunitarie continueranno a chiedere altre riforme; ma è difficile che siano sollecitazioni funzionali a chi dovrà chiedere voti indicando un’azione politica significativa.

Di qui la quasi febbrile tentazione a scrivere un programma, metterlo sul tavolo, confrontarlo con le altre parti e presentarlo successivamente agli elettori, come piattaforma di intenzioni e di volontà politiche. Ma è una tentazione che rischia di perdersi in qualche palude pericolosa».

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