I quarant’anni del primo disco di Peter Gabriel

Uscì oggi, si chiamava come i tre successivi, c'erano dentro due grandissime canzoni: e lui aveva 27 anni

Quando uscì il primo disco a suo nome, Peter Gabriel aveva appena compiuto 27 anni: accadde il 25 febbraio 1977, quarant’anni fa. Ne aveva appena tra 20 e 24 quando pubblicò la manciata di dischi con cui i Genesis – la band di cui era cantante, leader e ispiratore principale – divennero celebri in tutto il mondo, e che sarebbero rimasti la base del loro culto futuro. Nel 1974 era uscito The lamb lies down on Broadway, il doppio concept album ritenuto la sintesi finale delle aspirazioni letterarie e teatrali di Gabriel con i Genesis: dopo il tour per promuoverlo, Gabriel aveva deciso che la band gli stava stretta e di lasciare che si arrangiassero senza di lui, e con il batterista Phil Collins promosso a cantante (loro peraltro erano anche un po’ stufi della sua ingombrante presenza e si arrangiarono piuttosto bene, con una carriera di enorme successo ancora per quasi due decenni).

Il simbolo più palese di un’inclinazione di Gabriel a far da solo e intorno a se stesso è rimasta la scelta unica di dare ai suoi successivi primi quattro dischi da solo sempre lo stesso nome, “Peter Gabriel”, costringendo giornalisti e fans a rinominarli autonomamente citando i numeri da uno a quattro, o le immagini sulle copertine. Il primo, quello che uscì oggi quarant’anni fa, mostrava una foto di Gabriel dietro il lunotto coperto di pioggia di un’automobile (che era una Lancia Flavia posseduta da Storm Thogerson, celebre art director di molte leggendarie copertine di dischi rock). Dentro ci suonarono il chitarrista e polistrumentista dei King Crimson Robert Fripp e il bassista Tony Levin, che sarebbe diventato uno dei musicisti più fedeli nelle band successive di Gabriel. C’erano nove canzoni, piuttosto varie e discontinue, con arrangiamenti in parte discendenti da quelli di The lamb lies down on Broadway e in parte ancora più creativi, ricchi ed eclettici.

Tra le nove canzoni, due divennero dei classici del repertorio di Gabriel. La prima è “Solsbury Hill” che molte interpretazioni legano anche alla separazione dai Genesis.

To keep in silence I resigned
My friends would think I was a nut
Turning water into wine
Open doors would soon be shut
So I went from day to day
Though my life was in a rut
Till I thought of what I’d say
And which connection I should cut
I was feeling part of the scenery
I walked right out of the machinery
My heart going boom, boom, boom
Son, he said, grab your things I’ve come to take you home

“Solsbury Hill” ebbe anche un notevole successo da classifica, arrivando tra le prime venti nelle classifiche britanniche, e venendo ripresa in diverse cover nei decenni successivi.

L’altro grande pezzo del disco è quello che chiudeva il lato B, e che Gabriel rifece e modificò spesso nel tempo, dicendosi insoddisfatto dell’arrangiamento della prima versione. Si chiama “Here comes the flood” e l’esplosione del refrain fu in effetti una delle cose che lo resero notevole, allora, mentre nelle versioni successive Gabriel lo ridimensionò a un andamento più omogeneo e quieto.