Perché i Radicali sono implosi

A meno di un anno dalla morte di Marco Pannella, il partito si è diviso sulla complessa eredità materiale e politica del suo storico leader

di Davide Maria De Luca – @DM_Deluca

(ANSA/GIUSEPPE LAMI)
(ANSA/GIUSEPPE LAMI)

Da dieci giorni Rita Bernardini, una delle fondatrici del Partito Radicale, è in sciopero della fame per chiedere un’amnistia che riduca il sovraffollamento delle carceri: le prigioni italiane ospitano oggi circa 4.000 persone in più di quelle che possono contenere. È una battaglia storica del Partito Radicale, ma questa è la prima volta che Bernardini sciopera senza avere accanto a sé il fondatore del partito Marco Pannella, morto il 19 maggio del 2016. Meno di un anno dopo, il suo partito è diviso in una contesa politica e personale cominciata molto prima della sua morte, ma che non è mai stata così aspra e in cui sono in gioco la sua eredità politica e materiale.

Una settimana fa Bernardini e altri dirigenti del Partito Radicale hanno chiesto alla minoranza uscita sconfitta dal congresso dello scorso settembre di abbandonare entro marzo i locali della sede del partito. Hanno anche annunciato che d’ora in poi Radio Radicale si dovrà concentrare molto più sul programma del partito e meno sulle attività di alcune associazioni che compongono l’affollata cosiddetta “galassia radicale”. Tra le persone coinvolte dall’esclusione c’è Emma Bonino, storica dirigente del partito ed ex ministro degli Esteri. «Ho una casa, ma cerco una sede», ha detto Bonino nel corso di un convegno organizzato a Milano da un altro dirigente radicale, Benedetto Della Vedova, pochi giorni dopo aver ricevuto la mail che comunicava lo “sfratto”.

Rita Bernardini ha deciso di non parlare con i giornalisti, se non sulla protesta per i diritti dei carcerati, ma al suo posto ha parlato al Post Maurizio Turco, per molti anni tesoriere e oggi uno dei dirigenti del partito: «Non è stato uno sfratto, è stata una decisione politica». La minoranza del partito, spiega Turco, ha perso il congresso e oggi «ha una legittima agenda politica alternativa, ma non può pensare di portarla avanti utilizzando i mezzi del partito». Michele Capano, uno dei leader della minoranza, ha risposto dicendo invece al Post che quella emersa al congresso «è una diversità enfatizzata per litigare. Quando uno cerca pretesti per attaccare briga li trova». Secondo Capano, Turco e gli altri vogliono liberarsi di una parte del partito in modo da poter gestire in autonomia la storica sede di via Torre Argentina, nel centro di Roma, e Radio Radicale, l’emittente radiofonica fondata nel 1976 che riceve ogni anno un finanziamento pubblico di dieci milioni di euro per la sua copertura dei lavori parlamentari e non solo.

La scissione tra i Radicali coinvolge anche numerose associazioni che con le loro campagne sono diventate molto note, come “Nessuno tocchi Caino”, che si occupa di difendere i diritti delle persone condannate, l’associazione “Luca Coscioni” che si occupa di eutanasia, “Certi Diritti” che si occupa dei diritti delle persone omosessuali e transessuali. Sono tutte associazioni nate per iniziativa o su impulso di Marco Pannella, che nel corso degli anni creò una vera e propria “galassia” di organizzazioni pensando che potessero essere complementari al partito – in certi casi anche più efficaci – per portare avanti le sue lotte politiche e civili. Queste associazioni in teoria sono indipendenti dal Partito Radicale, ma hanno uffici e spazi all’interno della sede di via Torre Argentina e contano su Radio Radicale per diffondere le loro campagne.

A lasciare la sede saranno probabilmente “Non c’è pace senza giustizia”, l’associazione con cui Emma Bonino svolge gran parte della sua attività internazionale, l’Associazione “Luca Coscioni” e i “Radicali Italiani”, che è diverso dal Partito Radicale ed è uno dei numerosi soggetti che Pannella creò per portare avanti battaglie politiche in Italia. Nei Radicali Italiani oggi militano alcuni dei principali leader della minoranza, come Marco Cappato, Michele Capano e Riccardo Magi, i cosiddetti “quarantenni” che lo scorso giugno hanno partecipato con alcune liste alle elezioni comunali di Milano e di Roma (nessun eletto). La presentazione delle liste, avvenuta quando Pannella era già nell’ultima fase della sua malattia, è stata vissuta come un tradimento dai dirigenti del Partito Radicale come Turco e Bernardini, un segno che la generazione più giovane intendeva fare politica senza consultarsi con la “vecchia guardia”. «Abbiamo appreso della presentazione delle liste quando abbiamo visto i giornalisti entrare a via Torre Argentina», racconta Turco.

Lo scontro tra i Radicali riguarda anche l’eredità politica di Marco Pannella, e ne è in qualche modo conseguenza. Nessuna delle due parti oggi tiene particolarmente a presentarsi come il “vero erede” di Pannella, anzi. La minoranza del partito chiama i vincitori le “vestali di Pannella”, un modo per dire che i vecchi dirigenti sono rimasti troppo legati a Pannella – la cui gestione del partito è stata in generale criticata per decenni – e hanno perso la capacità di rinnovarsi. È un’accusa che Turco non accetta, e ribalta: «Ci accusano di santificare Marco, ma sono loro a santificarlo».

Eletto alla Camera per la prima volta nel 1976, Marco Pannella fu capace di attirare l’attenzione su di sé e le sue idee in maniera creativa e innovativa, imponendo i temi del dibattito ai suoi avversari. «Per molti aspetti Pannella fu un anticipatore, arrivato prima del suo tempo», dice oggi al Post il senatore Benedetto Della Vedova, membro del Partito Radicale ed ex presidente dei Radicali Italiani. Pannella seppe utilizzare tecniche di protesta non convenzionali e fu considerato abilissimo anche a sfruttare i cavilli dei regolamenti parlamentari; allo stesso modo, era considerato abilissimo anche nel controllo del partito. «È stato un leader incontrastato e incontrastabile», racconta Della Vedova. Nello statuto dei Radicali era proclamata l’assoluta libertà di voto dei parlamentari, ma molti ricordano di quando fece sottoscrivere un mutuo ai parlamentari eletti in Europa, gli fece versare il denaro ricevuto direttamente al partito e li lasciò pagare le rate con la metà del loro stipendio da europarlamentari. «Casaleggio non ha inventato niente che Pannella non abbia già fatto», ha raccontato al Post un ex membro del partito, riferendosi ai contratti fatti sottoscrivere agli eletti al comune di Roma e Parlamento europeo dal Movimento 5 Stelle.

Il Partito Radicale con Pannella ottenne molti risultati per diversi anni, ma Pannella non riuscì mai creare un vero grande partito politico. Il programma dei Radicali rimase sempre confuso – o come minimo restò in secondo piano – su temi importanti per gli italiani, come l’economia, le tasse e il lavoro. Pannella scelse, per coerenza o per errori, tutte le battaglie “sbagliate”; e scelse di abbracciare temi a volte un po’ oscuri, che difficilmente avrebbero potuto raccogliere un grande consenso, dalla battaglia anti-proibizionista all’indipendenza del Tibet. Giovanni Negri, a lungo segretario del partito, nel libro L’illuminato: vita e morte di Marco Pannella e dei Radicali, pubblicato all’inizio di febbraio, ricorda che a un certo punto per gli uffici dei Radicali c’era «un viavai di poveri monaci che non parlavano una sola parola di inglese o francese».

Nel frattempo gli anni passavano e il talento istrionico di Pannella veniva messo in ombra dal normale logoramento del tempo, dall’arrivo in politica dei comunicatori di professione e di personaggi ancora più istrionici e spregiudicati. Alla fine degli anni Ottanta, Pannella disse che la partitocrazia aveva trasformato l’Italia in un regime in cui non aveva più senso competere: la vera battaglia, spiegò, si sarebbe combattuta in Europa. Nel 1989 quindi sciolse il Partito Radicale all’interno di quello che sarebbe dovuto diventare un nuovo partito internazionale, in grado di rivolgersi a una platea non più solo italiana: il Partito Radicale Transnazionale e Transpartitico, quello che oggi per semplicità tutti chiamano Partito Radicale. L’intuizione, per certi versi, si rivelò corretta, ma ancora una volta in anticipo sui tempi: nei primi anni Novanta l’Europa sembrava ancora a moltissimi una questione remota e poco interessante. Senza una base solida in Italia, il partito non riuscì a espandersi fuori; i tentativi di dargli una veste internazionale fallirono. L’ultimo segretario, sostituito al congresso di settembre, è stato il maliano Demba Traoré, a cui la guerra nel suo paese ha impedito frequenti visite in Italia.

Nonostante la creazione del “Partito Transpartitico”, Pannella continuò a voler competere alle elezioni italiane e lo fece alla sua solita maniera macchinosa, creando una serie apparentemente infinita di liste, partiti e alleanze tra cui i Radicali Italiani, fondati nel 2001 e diventati oggi il soggetto politico di riferimento della minoranza. I migliori risultati arrivarono nel 1999, quando la Lista Bonino – altra incarnazione temporanea del Partito Radicale – ottenne l’8,5 per cento dei voti alle elezioni europee. Dopo aver svolto un mandato da commissario europeo, il gran risultato contribuì alla carriera internazionale di Bonino, che la portò a diventare prima ministro del Commercio internazionale tra 2006 e 2008 e poi ministro degli Esteri, tra 2013 e 2014. In Italia, però, quel successo non fu sfruttato. Come ha scritto amaramente Giovanni Negri: «Anche di fronte all’8,5 per cento del 1999 la linea del leader non mutò rispetto alla strada intrapresa, e presto quel patrimonio di forza elettorale si sciolse».

Pannella con gli anni iniziò a disinteressarsi della politica parlamentare e si ritirò sempre più nelle storiche ma impopolari battaglie del partito. Fu in questo clima che si logorò l’amicizia con Bonino e con molti altri militanti storici, mentre restò salda quella con il gruppo di persone oggi ai vertici del partito. La mozione di Bernardini e Turco, che ha vinto all’ultimo congresso, chiede al partito di portare avanti i tre temi a cui Pannella dedicò gli ultimi anni della sua vita: i diritti dei carcerati, la riforma dell’Europa e il diritto alla conoscenza, un tema ideato da Pannella quando nel 2003 emerse lo scandalo delle bugie sulla guerra in Iraq. La mozione impone anche di raggiungere la quota di 3.000 tesserati, il triplo degli attuali, entro la fine del 2017. Se l’obiettivo non sarà raggiunto, prescrive la mozione, il partito sarà sciolto.

Secondo la minoranza, la vecchia guardia vuole trasformare il partito in una fondazione, una sorta di mausoleo dedicato a celebrare la storia del Partito Radicale e quella di Marco Pannella. «Se qualcuno vuol fare vivere il Partito Radicale può venire a iscriversi. Ci servono tremila tesserati entro il 2017», risponde Turco a queste critiche. A chi gli chiede perché fissare un numero di tessero così alto e difficile da raggiungere, in un periodo di crisi in cui il partito ha perso il leader e una parte della minoranza, Turco risponde che per sopravvivere i Radicali hanno bisogno di rinnovarsi con nuove energie. Se non ci riescono, allora non ha senso continuare l’attività politica.

Un mese dopo il Partito Radicale, anche i Radicali Italiani hanno tenuto il loro congresso. L’obiettivo dei “quarantenni” come Capano e Cappato è quello di continuare a fare politica attiva, partecipando alle elezioni e cercando ancora quello sfondamento che non riuscì mai a Pannella, senza limitare la loro azione alle campagne del vecchio leader. Capano non vede un contrasto tra i loro obiettivi e quelli del Partito Radicale Transnazionale: come è avvenuto in passato, dice, una parte del partito può continuare a portare avanti battaglie civili, mentre l’altra si occupa di correre alle elezioni. Anche i Radicali Italiani si sono dati l’obiettivo di raggiungere i 3.000 iscritti, come il Partito Radicale, un gesto che per la “vecchia guardia” rappresenta una sfida diretta. «Questa divisione e questo scontro, perfino per me che non ho partecipato da insider alle dinamiche degli ultimi anni, sono incomprensibili da un punto di vista politico», dice Della Vedova, che pur restando membro della “galassia radicale” ha condotto gran parte della sua attività politica degli ultimi anni fuori dal partito (è stato eletto al Senato nel 2013 con Scelta Civica di Mario Monti, oggi fa parte del gruppo misto).

Con due campagne di tesseramento che concorrono per accaparrarsi una base che non è mai stata particolarmente numerosa, sarà difficile che qualcuno riesca a raggiungere gli obiettivi che si è dato: quindi è difficile dire cosa resterà del partito di Pannella quando questo scontro sarà finito. I Radicali Italiani avranno grosse difficoltà a proseguire la loro attività politica senza fondi e senza le risorse che il partito e la radio hanno messo a disposizione fino a oggi; ma anche il Partito Radicale della vecchia guardia rischia di scomparire se si limiterà a portare avanti i temi nobili ma confusi che Pannella aveva fatto suoi nell’ultima parte della sua vita.