• Mondo
  • Mercoledì 15 febbraio 2017

La storia su Trump e la Russia non finisce più

Il New York Times scrive che l'FBI e l'intelligence americana stanno indagando sui contatti avvenuti durante la campagna elettorale tra collaboratori di Trump e funzionari russi

Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump, il 14 febbraio 2017 (Olivier Douliery-Pool/Getty Images)
Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump, il 14 febbraio 2017 (Olivier Douliery-Pool/Getty Images)

Le storie di contatti tra membri dell’amministrazione statunitense del presidente Trump e la Russia non sono finite con le dimissioni del consigliere per la sicurezza nazionale Michael Flynn. L’FBI e i servizi di intelligence americani stanno indagando su una serie di telefonate registrate e intercettate tra persone che facevano parte del comitato elettorale di Trump, altre persone legate al presidente e funzionari dell’intelligence russa, avvenute nell’anno precedente al voto dell’8 novembre. Non si sa molto di questi contatti e delle indagini: le fonti sulle indagini del New York Times, che ne ha scritto per primo, sono quattro funzionari ed ex funzionari governativi che hanno dato informazioni in forma anonima, dato che le indagini sono riservate.

Le indagini sono iniziate perché la quantità di contatti intercettati nel periodo della campagna elettorale in cui Trump parlava più spesso del presidente russo Vladimir Putin – per esempio quando a luglio invitò la Russia a trovare le famose email di Hillary Clinton – hanno fatto insospettire le agenzie di intelligence e di polizia americane. Le prime telefonate da cui è partita l’indagine sono state registrate – come nel caso di quelle tra Michael Flynn e l’ambasciatore russo – perché è la prassi per tutte le comunicazioni che coinvolgono importanti rappresentanti di paesi stranieri. Il New York Times scrive che finora comunque non sono state trovate prove che i collaboratori di Trump e la Russia si fossero messi d’accordo in relazione agli attacchi informatici al Partito Democratico o ad altre possibili attività volte a influenzare il risultato delle elezioni.

Stando alle fonti del New York Times, le comunicazioni su cui si sta indagando non hanno coinvolto solo membri del comitato elettorale di Trump ma anche persone legate al presidente in altro modo. Per quanto riguarda la controparte russa, tra le persone coinvolte ci sono anche membri del governo russo che non fanno parte dei servizi di intelligence. Uno dei collaboratori di Trump di cui sono state intercettate le comunicazioni è Paul Manafort, che fu il capo del suo comitato elettorale per diversi mesi prima di essere sostituito da Kellyanne Conway e Stephen Bannon, che ora sono rispettivamente un’importante consulente di Trump e il suo consigliere speciale e chief strategist. Manafort aveva causato alcuni problemi a Trump anche in campagna elettorale per via dei suoi rapporti con la Russia, dato che negli ultimi anni ha ricevuto pagamenti da diversi milioni di dollari dal Partito delle Regioni, il partito filo-russo dell’ex presidente dell’Ucraina Viktor Yanukovich, di cui è stato consulente. Le fonti del New York Times non hanno voluto fare nomi di persone coinvolte nell’indagine che tuttora lavorano con Trump, a differenza di Manafort; non hanno voluto nemmeno dire quante siano le persone su cui si sta indagando. Pare però che oltre a Michael Flynn siano stati controllati anche l’ex consulente del comitato elettorale di Trump Carter Page, che ha da tempo molti contatti in Russia, e lo stratega Repubblicano Roger Stone, che anticipò su Twitter che Wikileaks avrebbe diffuso materiali riservati su Clinton frutto degli attacchi informatici.

Manafort, che comunque al momento non risulta essere accusato di alcun reato, ha detto al New York Times di non sapere a cosa si riferiscano le indagini dell’FBI: «Non ho mai parlato con funzionari dell’intelligence russa, a meno che sia avvenuto a mia insaputa. E non ho mai avuto nulla a che fare con il governo russo, con l’amministrazione di Putin o con qualsiasi altra cosa su cui si sta indagando». Dato che molte persone che collaborano o hanno collaborato con Trump hanno fatto affari in Russia, è possibile che abbiano avuto contatti inconsapevoli con funzionari dei servizi segreti russi o ucraini; per ora non si sa se i contatti oggetto dell’indagine dell’FBI riguardassero Trump e la sua campagna elettorale oppure questioni di affari.

La Casa Bianca non ha commentato l’articolo del New York Times, ma ieri il portavoce Sean Spicer ha detto che nessuno del comitato elettorale di Trump ha avuto contatti con funzionari russi prima delle elezioni. Qualche giorno dopo il voto il viceministro degli Esteri russo Sergei Ryabkov disse all’agenzia di stampa russa Interfax che prima delle elezioni «c’erano dei rapporti» tra il comitato di Trump e dei funzionari russi, ma la portavoce di Trump Hope Hicks negò tutto dicendo che le affermazioni di Ryabkov non erano «accurate».

L’FBI non è l’unica agenzia a investigare sui legami tra i collaboratori di Trump e la Russia. Ci sono altre indagini parallele, sia sugli attacchi ai sistemi informatici dei principali partiti americani durante la passata campagna elettorale, sia sui contatti tra le persone vicine al presidente e funzionari russi: queste indagini sono portate avanti da apposite commissioni di intelligence della Camera e del Senato statunitensi e sono partite dopo la pubblicazione di un rapporto ordinato dall’ex presidente Barack Obama con le prove del coinvolgimento russo negli attacchi informatici.

Proseguono anche le indagini sul dossier sui rapporti tra Trump e la Russia messo insieme dall’ex agente segreto britannico Christopher Steele. Il dossier contiene varie accuse non verificate contro Trump, tra cui una secondo cui il governo russo avrebbe delle registrazioni di attività sessuali del presidente con cui ricattarlo. Finora l’FBI non ha confermato nessuna delle accuse del dossier, ma sta ancora indagando in merito e ha preso contatti con alcune delle fonti di Steele.

Il 14 febbraio alcuni parlamentari Repubblicani hanno detto che parte delle indagini dovrebbero concentrarsi su Flynn e che l’ex consigliere di Trump dovrebbe essere chiamato a testimoniare di fronte al Congresso. Ma sia senatori Repubblicani che senatori Democratici hanno anche detto che bisognerebbe continuare a investigare più in generale sul coinvolgimento russo nelle elezioni del 2016. Due membri della commissione di intelligence del Senato, il Repubblicano Richard Burr e il Democratico Mark R. Warner, hanno detto che la commissione prenderà in esame qualsiasi contatto tra membri del comitato elettorale di Trump e il governo russo.