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  • Mercoledì 25 gennaio 2017

Sono stati fatti degli errori nei soccorsi al Rigopiano?

Marco Imarisio mette in ordine cosa sappiamo sulla telefonata che non è stata presa sul serio e i ritardi nei soccorsi

REUTERS/Emiliano Grillotti
REUTERS/Emiliano Grillotti

Sul Corriere della Sera, Marco Imarisio ha spiegato con ordine cosa è successo il 18 gennaio nella sala operativa della Prefettura di Pescara quando sono state ricevute le prime due telefonate di allarme sul crollo dell’hotel Rigopiano, che per una serie di incomprensioni ed errori non sono state prese immediatamente sul serio.

Le segnalazioni ricevute dagli operatori e dai cittadini vanno condivise. A pagina 12 del manuale che regola l’attività della sala operativa c’è scritto così. L’operatrice della Prefettura che in buona sostanza non ha preso sul serio l’allarme lanciato dal cuoco Quintino Marcella dopo la chiamata ricevuta dal suo amico Giampiero Parete, appena scampato dalla valanga dell’hotel Rigopiano, almeno ha eseguito le istruzioni. Anche se forse non le conosceva. È una funzionaria di primo livello, da alcuni anni responsabile dell’area economico-finanziaria. Stava facendo un lavoro che non era il suo, chiamata in servizio fin dal mattino, quando il prefetto Francesco Provolo ha deciso di aprire la sala operativa per fare un coordinamento unico dei soccorsi sul territorio.

Anche quella chiamata è stata condivisa. La funzionaria si esprime in modo discutibile, quasi sprezzante. Ma quando replica a Marcella che il crollo è noto da ore e riguarda solo la stalla poco distante dal Rigopiano, si limita a riportare una informazione che le viene data ad alta voce da una terza persona. Nell’audio si sente chiaramente la donna che riferisce ad altri quel che le viene detto dal cuoco, riceve una risposta, e la ripete tale e quale all’interlocutore.

Agli investigatori che l’hanno sentita ieri mattina per conto della Procura interessa soprattutto la ricostruzione delle disfunzioni che avrebbero infine portato a una serie di omissioni da parte della Prefettura, che quella sera aveva avocato a sé il compito di gestire l’emergenza sul territorio. A cominciare dal reclutamento di personale non esattamente esperto di contatti con il pubblico e da un funzionamento delle comunicazioni abbastanza complicato. Prima della telefonata di Quintino Marcella, la sala operativa al secondo piano del palazzo di piazza Italia aveva già ricevuto un allarme, che proveniva proprio dal cuoco superstite del disastro.

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