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  • Lunedì 2 gennaio 2017

Cosa sappiamo dell’ISIS e delle armi chimiche in Europa

Il ministro della Sicurezza britannico ha parlato di "ambizioni" del gruppo terrorista, che però sui giornali sono diventate minacce concrete

(Leon Neal/Getty Images)
(Leon Neal/Getty Images)

Diversi giornali e siti italiani hanno ripreso un’intervista del Sunday Times a Ben Wallace, da qualche mese ministro della Sicurezza britannico, nella quale si fa riferimento alla possibilità che lo Stato Islamico compia attacchi con armi chimiche in Europa. La notizia è stata riportata in Italia con titoli come “Governo inglese: «Isis pronto a usare armi chimiche in Europa»” o “Isis vuole attacchi Gb con armi chimiche”, ma in realtà le prove a sostegno di questa ipotesi sono deboli e le stesse affermazioni di Wallace sono molto più prudenti, mentre i virgolettati pubblicati dalla stampa italiana sono stati in larga parte formulati. Wallace ha detto:

«L’ambizione dello Stato Islamico o Daesh è certamente quella di attacchi di massa. Vogliono fare male a quante più persone possibile e terrorizzarne altrettante. Non hanno obiezioni morali a usare armi chimiche contro la popolazione, e se potessero, lo farebbero nel nostro paese. Il numero dei possibili morti è la più grande paura per tutti. Abbiamo certamente visto rapporti sul loro utilizzo in Siria e in Iraq, e abbiamo certamente visto l’ambizione di usarle in Europa.»

Wallace ha insomma parlato soprattutto dell’ambizione dello Stato Islamico di usare armi chimiche in Europa: ha detto che ci sono prove che vorrebbe usarle, ma che per ora non può farlo (e quindi non è “pronto a”). Wallace ha continuato spiegando quali precauzioni sta prendendo in questo senso la polizia britannica, che sta facendo delle specifiche esercitazioni, e ha parlato del recente smantellamento di una cellula terroristica dello Stato Islamico in Marocco, che aveva a disposizione prodotti chimici che avrebbero potuto essere usati per la costruzione di armi chimiche e biologiche.

Secondo l’IHS Conflict Monitor, una società di analisi e consulenza con sede a Londra, i soldati dello Stato Islamico hanno usato sostanze come il cloro e l’iprite (detta anche “gas mostarda” per il suo odore) in almeno 52 attacchi compiuti dal 2014 ad oggi, per buona parte nella zona di Mosul, in Iraq, ma anche in Siria. Il Times scrive poi che «l’intelligence britannica crede che il gruppo sia capace di produrre da solo il gas e abbia fatto delle sperimentazioni con le armi chimiche». Sappiamo per certo, del resto, che diversi importanti leader dello Stato Islamico sono vecchi funzionari dell’esercito del dittatore iracheno Saddam Hussein, che usò in molte occasioni le armi chimiche. E sappiamo anche che lo Stato Islamico ha ottenuto il controllo di alcuni magazzini di sostanze che potrebbero essere usate per produrre armi chimiche in Iraq, risalenti proprio ai tempi di Hussein.

Il Times prosegue facendo riferimento a un articolo del mese scorso, nel quale aveva rivelato che «la minaccia di un possibile attacco chimico o biologico è stata sottolineata dallo studio britannico Pool Re, l’agenzia assicurativa sul terrorismo sponsorizzata dal governo. Il rapporto avvertiva anche che l’ISIS potrebbe compiere gli attacchi con dei droni». A inizio dicembre un rapporto dell’Europol, la polizia europea, diceva che «ci sono prove che lo Stato Islamico abbia mostrato interesse nell’uso di armi chimiche o biologiche», citando gli stessi elementi – l’uso di gas mostarda in Siria, l’accesso alle fabbriche di armi chimiche, la presenza di funzionari di Hussein, lo smantellamento della cellula marocchina – menzionati da Wallace nell’intervista.