I concerti sono riti sociali bellissimi ma complessi. Per un paio d’ore circa – quattro nel caso di Bruce Springsteen – i concerti mettono una accanto all’altra persone che in realtà hanno due sole cose in comune: aver speso dei soldi per essere lì e voler ascoltare chi canta o suona. L’ovvia conseguenza è che chiunque va a un concerto vorrebbe gustarselo nel migliore dei modi possibili. Nel migliore dei mondi possibili avremmo tutti lo stesso comportamento e ci godremmo tutti ogni concerto. Nella realtà ognuno ha invece il suo modo di gustarsi il suo concerto, e spesso capita che la cosa crei problemi agli altri.
Dopo aver letto un articolo del Wall Street Journal su come non ci si deve comportare ai concerti, abbiamo provato a mettere insieme una lista – un po’ ragionata, un po’ emotiva – di cose da non fare ai concerti. Alcune sono PROPRIO-NO, su altre possiamo discutere. Alcune sono assolute e valgono anche allo stadio, alle manifestazioni di piazza, ovunque, altre invece sono specifiche per concerti: anche se – certo – un concerto di Marilyn Manson (in Italia a luglio, tra l’altro) e uno di Nek concedono, anzi richiedono, approcci diversi.
Postulato di base: l’unico che può arrivare in ritardo a un concerto è il cantante
Ci sarà traffico, ci vorrà tempo per parcheggiare, e pure ad andarci con i mezzi ci si metterà tanto. La prima regola per iniziare nel modo giusto il rapporto di vicinanza con quelli che dovranno starci accanto al concerto è trovarsi accanto a quelle persone prima che sia iniziato il concerto. Che siano sedute ai posti numerati in platea o che siano in piedi nel prato, alle persone non piace uno sconosciuto che passa loro davanti “proprio quando sta facendo quella canzone”. Un cantante può iniziare il concerto mezz’ora dopo: uno spettatore deve comunque essere lì mezz’ora prima di quanto si pensa dovrebbe iniziare il concerto. Se poi si arriva in ritardo e si ha un posto, ci si va mestamente, con sguardo che trasmetta un sincero senso di colpa; per le scuse fatte a voce dipende, potrebbero infastidire (poi ci arriviamo). Se un posto numerato non c’è, c’è la legge del quieto vivere: si sta in fondo, che a chi è andato lì alle cinque di mattina con una tenda non fa piacere vedersi superare da uno arrivato da dieci minuti.
Regole generali per l’assioma “tanta gente poco spazio”
È il bello di certi concerti, ma a volte anche no. Soprattutto quando si è tutti in piedi in mezzo a uno stadio, una piazza o un palazzetto, c’è poco da fare, si è in tanti con poco spazio: qualcuno è più grosso, qualcuno più piccolo, qualcuno puzza qualcuno parla un po’ più del dovuto, qualcuno canta troppo, qualcun altro lo fa troppo male. Gli eccessi vanno fatti notare solo se sono veri eccessi. Qualcuno potrebbe sfiorarvi, dire cose con cui non siete d’accordo, fare qualcosa di sbagliato. Finché potete, sopportate; se c’è la possibilità, spostatevi un po’ più in là. Se non c’è spazio e non c’è modo di sopportare, difendete il vostro diritto di godervi il concerto.
A proposito di gente e spazio, capiterà di doversi spostare (bagno e birra sono i due motivi principali, spesso collegati). Regola generale, ma possiamo discuterne: non si può andare troppo più avanti di quando si era arrivati, a meno che non si liberi spazio (ma non se ne libera mai); se si va in bagno o a prendere la birra si può tornare – con calma – più o meno dove si stava prima. Il miglior modo per spostarsi da un punto A verso un punto B ai concerti dovreste saperlo: aspettare uno grande e grosso che sia diretto verso il punto B e che a un certo momento passi più o meno vicino al punto A, per mettersi in scia.
Principi minimi sull’uso degli smartphone
Ci sono cantanti – Alicia Keys, per esempio – che hanno provato a fare con gli spettatori quello che si fa con chi va a certe anteprime cinematografiche (e con certi studenti prima delle verifiche): far mettere i cellulari in sacchetti sigillati, apribili solo a fine concerto. I motivi sono: i flash danno fastidio, tutti quei display sollevati rovinano “l’atmosfera” e – soprattutto, forse – Alicia Keys vuole vendere più cose legate ai suoi live. Solo che con quei sacchetti si perde un sacco di tempo sia prima che dopo, e quei sistemi sono tutt’altro che infallibili: se qualcuno in un palazzetto con 50mila persone vuole nascondere e usare un cellulare, ci riesce. Convivendo con il fatto che la gente continuerà ad andare ai concerti con gli smartphone, facciamo che: i flash NO (che tanto non servono, pensate di illuminare un palco distante 80 metri?); i video sì, ma giusto un paio; gli schermi e le luci per fare atmosfera su quella ballata lenta, sì (ma anche se non fumate portatevi l’accendino, che fa un’atmosfera più bella). E comunque di un cellulare a un concerto si usa la fotocamera, WhatsApp se proprio avete quell’amica che “questa devo fargliela sentire”, Facebook se proprio-proprio dovete fare un live (ma tanto ci sarà troppa gente e internet sarà lentissimo). Le mail facciamo che le controllate il giorno dopo.
Osservazioni sul “seduti o in piedi”
Sarebbe bello ci fosse una regola, ma proprio non c’è. Vi capiterà di voler stare seduti, ma tutti gli altri si metteranno in piedi già dal soundcheck del primo dei gruppi spalla. Vorrete alzarvi, saltare e pogare, e accanto quasi tutti seduti, manco fossero al cinema. Purtroppo quello che vorrete fare in questi casi non conterà assolutamente nulla. Ci sarà una maggioranza silenziosa e invisibile – forse guidata da un potentissimo e inaccessibile manovratore occulto – che a un certo punto deciderà se quello è un concerto (o una parte di concerto, nello spazio o nel tempo) in cui ci si alza. Protestare è inutile. In certi casi però basta il buonsenso: se ci sono cose ballabili o anche solo un po’ ritmate, in piedi. Per dire: Subsonica in piedi, Bocelli seduti. Il problema è per tutto quel pop, rock o pop-rock che sta nel mezzo: a un concerto di Adele? Seduti? In piedi? Un po’ e un po’? Vorremmo avere una risposta, ma non ce l’abbiamo. Anche qui: go with the flow; fate come gli altri, diventate maggioranza.
Corollario sul bere, ballare, cantare, baciare
Fumare no: né al chiuso, ovviamente, ma se possibile nemmeno all’aperto. Avete delle persone molto vicine a voi e non sapete se gli dà fastidio, se hanno avuto problemi respiratori, eccetera. Bere si può, ovviamente. Ballare si deve, in certi casi. Cantare pure, soprattutto per quelle tre-quattro hit che proprio non si riesce a non farlo. Baciarsi e in generale mostrare affetto a compagni e compagne va benissimo. È un concerto. Però, c’è un tempo e un modo per ogni cosa: se ballate come forsennati a un concerto dei Sigur Rós forse avete bevuto troppo; se non cantate “Hey Jude”, “The River” o “Albachiara” forse è il caso che una birra la beviate. Cantare, comunque, facciamo che si può: soprattutto negli stadi pieni. Nei teatri magari un po’ meno? Vedete voi. Ci sono cantanti che ormai certe canzoni quasi non le cantano più: in un’intervista Vasco Rossi disse scherzando che ormai “Albachiara” non è più lui a cantarla, è il pubblico.
Teoria e pratica dell’applauso da concerto
La questione è complicata – è meglio fare solo quello lungo-lungo alla fine o se ne possono e devono fare tanti, uno dopo ogni canzone? – e non abbiamo risposta. Ci sentiamo però di dire che battere le mani nel bel mezzo delle canzoni, anche no. E a proposito di battere le mani: se lo fate, fatelo a tempo. Se vorreste farlo ma non sapete farlo, c’è un praticissimo tutorial in cui Faso degli Elio e le Storie Tese spiega come fare. Guardatelo anche se pensate di sapere come e quando battere le mani: potreste imparare cose.
Teorema del parlare ai concerti
Si può: è un concerto, non è una messa. Meglio parlare a bassa voce, però, e meglio non criticare il cantante per cui chiunque altro è lì. Comunque qualche parola qua e là, eh, non un dialogo di mezz’ora che copra le canzoni. La litigata epica col vostro partner è meglio se la rimandate. Meglio invece non urlare: ma se c’è silenzio, se il cantante sta facendo un discorso-pre-canzone e se quello che avete da dire è davvero divertente, potete e dovete. Si può anche fare la gag di chiedere al cantante che quella canzone ai concerti non la fa da vent’anni se quella volta la fa, anche se tanto non la fa. Sul chiedere le canzoni, non ci schieriamo: qualcuno lo trova fastidioso, ma è anche vero che è un diritto (e a volte funziona, dicono certe leggende).
Regola (quasi) generale: non essere l’unica persona che fa quella cosa
Potrebbe sembrare una crudele imposizione contro la libera affermazione di ogni individuo, invece è un buon principio di convivenza civile in uno spazio ristretto e affollato. Se nessun altro fa quella cosa, forse è perché non è da fare.
Divieto dell’uscire prima
Non si fa. È vero: ci sarà ressa, ci si metterà mezz’ora solo per fare duecento metri, ma non si fa. È fastidioso per chi resta.