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  • Mercoledì 19 ottobre 2016

Le foto di Haiti, due settimane dopo

La situazione resta molto complicata e stanno arrivando meno aiuti di quanti ne servirebbero

Le persone in attesa della consegna del cibo da parte del Programma alimentare mondiale delle Nazioni Unite - Maniche, 17 ottobre 2016
(HECTOR RETAMAL/AFP/Getty Images)
Le persone in attesa della consegna del cibo da parte del Programma alimentare mondiale delle Nazioni Unite - Maniche, 17 ottobre 2016 (HECTOR RETAMAL/AFP/Getty Images)

L’uragano Matthew è stato il più potente ciclone tropicale atlantico degli ultimi dieci anni: all’inizio di ottobre, secondo una stima dell’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni, una delle più importanti ONG che si occupa di migrazioni e diritti umani, le persone interessate dagli effetti dell’uragano sono state più di 2 milioni. Haiti è stato il paese più colpito, con un migliaio di morti in tutto. L’uragano ha interessato tutto il paese, ma è la parte occidentale ad aver subito più danni: Jérémie, una città di 30mila abitanti, è stata praticamente distrutta, mentre nelle aree più danneggiate è andato perduto fino al 90 per cento del raccolto agricolo (Haiti è già da anni il paese più povero dell’America Latina).

In molti temono che sull’isola si sviluppi un’epidemia di colera simile a quella che accadde dopo il terremoto del 2010, che uccise migliaia di persone. Jocelerme Privert, il presidente ad interim di Haiti, ha spiegato che il paese rischia la carestia non appena cesseranno gli aiuti internazionali, fra tre o quattro mesi. Qualche giorno fa, in visita ad Haiti, il segretario generale dell’ONU Ban Ki-moon ha parlato di «devastazione assoluta» e ha detto di essere deluso per l’insufficienza degli aiuti che hanno raggiunto lo stato caraibico: «Sono deluso dalla risposta della comunità internazionale. Spero sinceramente che i principali donatori tendano la propria mano in aiuto, li sollecito».