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  • Giovedì 29 settembre 2016

Secondo la UEFA il Fair play finanziario funziona

Da quando è stato introdotto ha effettivamente diminuito le perdite delle squadre europee, ma rimane ancora molto criticato, sia dai grandi club che da quelli più piccoli

Le maglie dei tre nuovi acquisti del Manchester City (Michael Steele/Getty Images)
Le maglie dei tre nuovi acquisti del Manchester City (Michael Steele/Getty Images)

Il 28 settembre si è tenuto a Malta un workshop della UEFA, l’organismo che governa il calcio europeo, durante il quale si è discusso della situazione economica del calcio europeo e dell’efficacia del Fair play finanziario (FFP), che è una delle riforme più discusse e criticate introdotte dalla UEFA negli ultimi anni. Secondo i dati raccolti dalla UEFA su circa settecento squadre di club del continente, le perdite economiche delle società sono diminuite per il quarto anno di fila e ora si aggirano in totale attorno ai 320 milioni di euro: nel 2012 i debiti dei club ammontavano a 1,6 miliardi di euro. Nonostante il giudizio positivo della UEFA, il FFP rimane ancora uno dei temi più discussi del calcio europeo, ed è particolarmente osteggiato dai club, dai loro proprietari e dai dirigenti, sia di piccoli club sia di squadre più ricche e importanti.

Cos’è il FFP
Il fair play finanziario è un progetto promosso dal Comitato esecutivo della UEFA nel settembre del 2009. Ha l’obiettivo di far estinguere i debiti delle società di calcio in modo che possano essere in grado di autofinanziarsi senza ricorrere a massicci versamenti provenienti dal patrimonio privato dei proprietari. Gli scopi del progetto sono anche altri: stimolare la crescita di infrastrutture che permettano alle società di fare introiti, mettere ordine nel sistema finanziario delle società e stimolare la crescita dei settori giovanili.

L’introduzione delle regole del FFP è stata graduale. La base è che le squadre che si qualificano per le competizioni della UEFA devono dimostrare di non avere debiti insoluti verso altre società, giocatori e altre entità sociali e fiscali per tutta la stagione. Dal 2013 i club sono tenuti a bilanciare le spese con i ricavi e ridurre i debiti, mentre nel 2015 i limiti del FFP sono stati modificati per incentivare gli investimenti: le spese per le costruzioni di stadi, di infrastrutture per gli allenamenti e per i settori giovanili e femminili sono state escluse dalla verifica dei bilanci. Esiste anche una particolare tolleranza nei confronti dei club che necessitano di una ristrutturazione d’impresa, che affrontano gravi problemi economici e che sono alle prese con problemi che dipendono dalla loro regione di appartenenza.

Ai club è concesso spendere fino a 5 milioni di euro in più di quanto hanno guadagnato nel periodo di tre stagioni valutato dalla UEFA: chi sfora i 5 milioni non incorre in sanzioni se rimane entro i trenta milioni e se successivamente la proprietà provvede a coprire i debiti. Da quando è in vigore il FFP, numerosi club, anche italiani, sono stati oggetto di avvertimenti e sanzioni. Il caso più importante, a livello internazionale, risale a qualche mese fa, quando la squadra turca del Galatasaray è stata esclusa per un anno dalle coppe europee per non aver rispettato i parametri previsti dal FFP e per non aver raggiunto gli obiettivi concordati con la UEFA dopo le prime sanzioni.

Cosa dice la UEFA
Nel workshop di Malta i dirigenti della UEFA hanno spiegato che finora il FFP sta riuscendo in due dei suoi principali obiettivi, cioè quello di diminuire i pagamenti ritardati, passati dai 57 milioni di euro del 2011 ai 5 milioni del 2016, e quello di diminuire i pagamenti contestati o in ritardo nei confronti dei dipendenti, dal 72 per cento del 2014 al 37 per cento del 2016. I dati della UEFA inoltre dicono che il numero di paesi europei che registrano una posizione di utile netto tra i loro club è aumentata dai quindici del 2014 ai venticinque del 2015.

David Gill, membro del comitato esecutivo UEFA, nel corso di un intervento al workshop di Malta ha parlato dei prossimi obiettivi da raggiungere attraverso il FFP:

Non dobbiamo riposarci sugli allori, ma dobbiamo cercare sempre di migliorare il sistema e di svilupparlo ulteriormente, in particolare nei settori come il calcio femminile e giovanile, per cui credo fermamente che il sistema possa contribuire in modo significativo.

Le critiche e le previsioni
A dispetto dei dati forniti dalla UEFA, le critiche al FFP continuano ad essere però molte e ad arrivare da diverse parti. I club più grandi, ma che non rientrano nei 4-5 più ricchi, criticano l’imposizione dei limiti di spesa che impediscono loro di raggiungere il livello dei club che ottengono più profitti, come Barcellona, Real Madrid, Manchester United e Bayern Monaco. Quelli più piccoli invece sostengono che il FFP aumenti la disuguaglianza e che diminuisca la competitività. Entrambi poi giudicano insufficienti i limiti per evitare che i proprietari dei club più ricchi immettano liquidità nelle casse delle società a proprio piacimento o attraverso sponsorizzazioni di società riconducibili a loro. Per questi casi la UEFA prevede solo la possibilità di conteggiare diversamente il ricavo della sponsorizzazione illecita nella verifica del bilancio. È capitato però, come nel caso della sponsorizzazione dell’Autorità del Turismo del Qatar al Paris Saint-Germain, che il collegamento della proprietà della squadra con gli sponsor fosse estremamente probabile, ma non potesse essere provato.

Christoph Kaserer, professore all’Università tecnica di Monaco, ha pubblicato recentemente degli studi sugli effetti del FFP, e sostiene che abbiano creato una grossa divisione nel calcio europeo. Kaserer, che ha studiato i casi dei club inglesi, tedeschi, francesi, spagnoli e italiani, sostiene che i limiti imposti dal FFP sfavoriscano i piccoli club in quanto «solidificano gerarchie esistenti» e perché non consentono ai club finanziariamente più deboli di progredire attraverso gli investimenti. Secondo Kaserer «gli investitori potrebbero rompere strutture consolidate e quindi rafforzare la concorrenza» ma con il FFP il loro contributo viene ostacolato. Tuttavia Kaserer sostiene che le modifiche introdotte al FFP nel 2015 — l’esenzione dai bilanci degli investimenti in stadi, centri d’allenamento, settori giovanili e femminili — siano «un passo nella giusta direzione».