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  • Giovedì 29 settembre 2016

Le ultime novità sulle pensioni

Cosa prevede l'accordo tra governo e sindacati, spiegato: ricongiungimenti, quattordicesima, pensione per i lavoratori precoci, tra le altre cose

Giuliano Poletti , Roma, 28 settembre (Andrea Ronchini/Pacific Press via ZUMA Wire)
Giuliano Poletti , Roma, 28 settembre (Andrea Ronchini/Pacific Press via ZUMA Wire)

Mercoledì 28 settembre governo e sindacati hanno firmato un documento di cinque pagine in cui sono elencati gli interventi previsti in materia di pensioni nei prossimi tre anni. Per la decisione finale bisognerà attendere metà ottobre e la prossima legge di bilancio. Nel documento non c’è scritto quante risorse saranno stanziate per mettere in pratica le nuove regole, ma dopo l’incontro al ministero del Lavoro con i segretari di CGIL, CISL, UIL, Giuliano Poletti ha dichiarato che saranno stanziati 6 miliardi di euro nei prossimi tre anni, partendo con risorse inferiori ai due miliardi per il prossimo anno e poi a crescere nei due successivi.

L’accordo prevede due fasi: le misure della prima fase sono quelle su cui c’è stata una maggiore condivisione, anche se alcuni punti restano da chiarire e discutere, ma che in linea di massima saranno applicate a partire dalla prossima legge di bilancio, quelle della seconda fase sono invece modifiche ancora da approfondire. Nella prima fase sono previste:

No tax area
Per non far pagare le imposte ai pensionati meno abbienti si riconoscono attualmente alcune detrazioni fiscali, cioè uno sconto sull’Irpef, variabile a seconda del reddito dichiarato. La no tax area è dunque la soglia di reddito al di sotto della quale non bisogna pagare l’Irpef. L’accordo prevede che ai pensionati con più di 74 anni con assegni pari a 8.125 euro lordi l’anno (è lo stesso livello previsto per i lavoratori dipendenti) sia aumentata la detrazione d’imposta attualmente riconosciuta a una fascia di pensionati che hanno invece un reddito inferiore. La modifica servirà ad aumentare di qualche decina di euro al mese la pensione e dunque ad aumentare il potere di acquisto dei pensionati.

Quattordicesima
Qualche giorno fa, intervistato a Quinta colonna su Rete 4 Matteo Renzi aveva parlato del raddoppio dell’assegno della cosiddetta quattordicesima, cioè l’assegno aggiuntivo, che può arrivare fino a 500 euro, che viene incassato a luglio dai pensionati con reddito più basso.

Nel documento gli interventi previsti sulla quattordicesima sono due: un aumento dell’assegno pari non al 50 per cento ma a circa al 30 per cento per i circa 2,1 milioni di pensionati che già oggi lo prendono; estensione della quattordicesima a circa 1 milione e 200 mila pensionati che oggi non la prendono. Il limite massimo per avere diritto alla quattordicesima salirà dai 750 euro lordi al mese previsti ora fino a 1000 euro. Il Corriere della Sera precisa che «non sono previsti interventi diretti sulle pensioni minime, gli assegni da 500 euro al mese che vanno anche a chi non ha lavorato o comunque non ha versato contributi».

Cumulo gratuito dei periodi contributivi maturati in gestioni pensionistiche diverse
Tutti i lavoratori che hanno cambiato lavoro e versano contributi a enti differenti potranno ricongiungere questi contributi gratuitamente. Oggi invece chiedere la cumulazione ha un costo. Si dice che «l’assegno pensionistico sarà calcolato pro-rata con le regole di ciascuna gestione», non sarà quindi più possibile poter scegliere il metodo più conveniente.

Lavoratori precoci
Il documento prevede delle modifiche per i lavoratori precoci, cioè quelli che hanno lavorato e versato contributi per 12 mesi prima di aver compiuto 19 anni. In particolare, si
prevede di eliminare la penalizzazione sul trattamento pensionistico che è prevista oggi in caso di pensionamento anticipato prima di 62 anni d’età: il lavoratore precoce che va in pensione prima dei 62 anni d’età perde attualmente circa l’1 per cento per ogni anno d’anticipo.

Inoltre si vuole consentire a certi lavoratori precoci di andare prima in pensione, dunque con 41 anni di contributi invece dei 42 anni e 10 mesi previsti ora. E questo se i lavoratori precoci rientrano in tre categorie: disoccupati senza più ammortizzatori sociali, persone in condizioni di
salute che determinano una disabilità e «lavoratori occupati in alcune attività particolarmente gravose». Le categorie di lavoro gravoso non sono ancora state individuate.

Ci sono novità anche per le lavoratrici e i lavoratori occupati in mansioni usuranti: si prevede di consentire loro un anticipo del pensionamento di 12 o 18 mesi anche rispetto all’attuale normativa già agevolata (per chi fa lavori usuranti è ora previsto un pensionamento anticipato fino a 5 anni); si prevede che a partire dal 2019 l’età della pensione venga slegata dalla speranza di vita (oggi, questo posticipa l’età del ritiro di un mese ogni anno); si prevede infine che l’accesso alla pensione anticipata possa avvenire, a partire dal 2017, avendo svolto una o più attività lavorative usuranti per un periodo di tempo almeno pari a sette anni negli ultimi dieci di lavoro, ma senza più il vincolo di impiego in attività usurante nell’anno di raggiungimento del requisito. Cioè: per rientrare in questa categoria e poter anticipare la pensione non sarà più obbligatorio aver svolto l’attività usurante nell’ultimo anno di lavoro.

Flessibilità in uscita
APE significa pensione anticipata, cioè possibilità di andare in pensione prima rispetto alle regole stabilite dalla riforma Fornero grazie a un reddito ponte, grazie cioè a un prestito pensionistico-bancario da rimborsare in 20 anni che consentirà di incassare subito parte della pensione. L’APE varrà per i lavoratori con età anagrafica pari o superiore ai 63 anni (i nati fino al 1954, quindi). Grazie all’APE, questi lavoratori potranno ottenere un anticipo della pensione fino a 3 anni e 7 mesi e visto che l’età minima per la pensione di vecchiaia prevista dalla riforma Fornero è 66 anni e 7 mesi, potranno andare in pensione a partire dai 63 anni. I lavoratori che avranno maturato i requisiti per l’APE potranno scegliere anche la cosiddetta RITA, rendita integrativa temporanea anticipata che permetterà di affiancare al primo anticipo anche un anticipo dell’altra pensione, quella integrativa che, si prevede, «sarà agevolato fiscalmente» . L’assegno anticipato dell’APE sarà inferiore a quello pieno in modo proporzionale a ogni anno d’anticipo e comprenderà anche gli interessi bancari del prestito e i costi di un’assicurazione che il pensionato anticipatario dovrà sottoscrivere.

Poi c’è il cosiddetto APE social che grazie a un bonus fiscale sarà praticamente a costo zero per alcune categorie di lavoratori, ma su questo punto governo e sindacati non hanno ancora trovato un accordo. L’APE agevolata è prevista per certe categorie individuate, dice il documento, «sulla base di requisiti quali lo stato di disoccupazione (e assenza di reddito), la gravosità del lavoro (pesante o rischioso ma che non è ancora stato definito), le condizioni di salute, i carichi di lavoro di cura legato alla presenza di parenti di primo grado conviventi con disabilità grave». Il dissenso tra governo e sindacati riguarda la soglia dell’assegno mensile lordo del lavoratore sotto la quale l’APE dovrebbe essere a costo zero.

Nel documento c’è infine una fase 2 con alcune indicazioni che saranno discusse tra governo e sindacati nel 2017.

Le reazioni
La più soddisfatta dall’accordo, oltre al governo, è la segretario della CISL Anna Maria Furlan che ha parlato di «giustizia» per i pensionati. Per Susanna Camusso, della CGIL, «si è fatto un buon lavoro ma non è ancora concluso» e ci sono «alcune cose condivise altre no». Insomma, bisognerà attendere tutti i dettagli. Il segretario della UIL Carmelo Barbagallo ha invece dei dubbi sulle risorse: «I sei miliardi sono insufficienti ma il lavoro continua».