Dieci anni di vaccini contro il papilloma virus

I nuovi casi di infezioni che possono portare allo sviluppo del tumore al collo dell'utero si sono ridotti fino al 90 per cento

Una bambina di 11 anni viene vaccinata contro il papilloma virus a Tegucigalpa, in Honduras, il 17 maggio 2016, durante una campagna di vaccinazione organizzata dal governo (ORLANDO SIERRA/AFP/Getty Images)
Una bambina di 11 anni viene vaccinata contro il papilloma virus a Tegucigalpa, in Honduras, il 17 maggio 2016, durante una campagna di vaccinazione organizzata dal governo (ORLANDO SIERRA/AFP/Getty Images)

Il vaccino contro l’HPV, o Human Papilloma Virus, è stato introdotto dieci anni fa e nei paesi in cui è stato distribuito ha ottenuto ottimi risultati nella riduzione del numero di nuove infezioni. Il papilloma virus è un virus molto comune che si trasmette per via sessuale: nella maggior parte dei casi non è pericoloso, ma alcuni dei suoi ceppi possono portare allo sviluppo di tumori, in particolare al collo dell’utero, se le infezioni non vengono curate. Secondo un articolo scientifico pubblicato sulla rivista Clinical Infectious Diseases in cui sono stati confrontati i risultati di 58 diversi studi, le infezioni da ceppi di HPV che causano il tumore al collo dell’utero sono diminuite quasi del 90 per cento nelle giovani donne che sono state vaccinate in questi anni. In particolare in Australia, dove si sono ottenuti i risultati migliori stando alla letteratura scientifica disponibile, le infezioni nelle donne con età compresa tra 18 e 24 anni sottoposte a tre cicli di vaccino sono calate dell’86 per cento.

Il vaccino è usato in 129 paesi, 64 dei quali propongono la vaccinazione per tutte le bambine, ma solo il 6,2 per cento di tutte le bambine che hanno compiuto 15 anni nel 2014 è stato vaccinato. Secondo lo scienziato che ha guidato la squadra di ricerca che lo ha realizzato, l’australiano Ian Frazer, in 40 anni potrebbe comunque portare alla fine dei tumori legati all’HPV, anche perché è un virus solo umano e dunque potenzialmente eliminabile con le vaccinazioni come accaduto con altri virus, per esempio il vaiolo.

Cos’è il papilloma virus, cosa fa, come si prende

Le infezioni da HPV sono molto diffuse – fino all’80 per cento delle donne sessualmente attive si infetta almeno una volta nella vita, per questo si parla di “virus ubiquitario” – e sono alla base di malattie della pelle e delle mucose. Il papilloma è ritenuto il più comune dei virus che vengono trasmessi sessualmente. Ne sono stati identificati più di 170 tipi diversi: la maggior parte causa malattie non gravi, come le verruche, ma ce n’è un ristretto gruppo (i ceppi 16 e 18) che causa diversi tipi di tumori benigni e maligni. A infezioni da HPV si devono il 90 per cento dei tumori all’ano, il 70 per cento dei tumori vaginali, il 50 per cento dei tumori al pene, il 40 per cento dei tumori alla vulva e una percentuale non ancora chiara dei tumori al cavo orale o alla laringe (ricordate la storia di Michael Douglas?). Gli HPV non sono presenti nel sangue o nello sperma (anche se alcuni studi recenti hanno messo in dubbio questo assunto) ma si contraggono per contatto diretto, in genere sessuale.

L’infezione è molto comune soprattutto tra le persone con età compresa tra i 20 e i 35 anni, e l’uso del preservativo non è sempre sufficiente per prevenire il contagio per via sessuale, dato che ci possono comunque essere contatti tra le mucose e la pelle. Secondo l’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) il 99 per cento dei tumori al collo dell’utero è legato a un’infezione da HPV, ma questo non significa che contrarre il virus sia sempre pericoloso, anzi. In un individuo sano, il sistema immunitario si occupa del virus e spesso in pochi giorni riesce ad arginare e terminare l’infezione: non ci sono sintomi e non ci si rende nemmeno conto di avere contratto il virus. Gli uomini in particolare di solito non presentano sintomi, anche se trasmettono il virus come le donne. Se l’infezione non accenna a diminuire si interviene con i farmaci, anche se le terapie per alcuni tipi di HPV non sono molto efficaci e richiedono, nel caso delle infezioni al collo uterino, pratiche più invasive come la rimozione di alcuni tessuti.

Come sapere se si ha il virus

Per sapere se hanno contratto il virus, le donne sessualmente attive devono fare un Pap test (il cui nome non ha un legame etimologico con la parola “papilloma”, ma deriva dal medico greco-americano Georgios Papanicolaou che se lo è inventato) cioè sottoporsi a un piccolo e indolore prelievo di cellule del collo dell’utero. Dopo il compimento dei 25 anni, le donne vengono periodicamente invitate a sottoporsi a questo test per rilevare eventuali anomalie. Esiste anche un altro tipo di test, l’HPV test: si svolge in modo simile al Pap test, ma i campioni raccolti non sono osservati al microscopio per cercare modificazioni cellulari, sono esaminati in laboratorio per cercare il virus. A differenza del Pap test, con l’HPV test si cercano solo le tipologie di virus ad alto rischio oncogeno, cioè che possono portare allo sviluppo di un tumore.

In tutto il mondo ogni anno ci sono più di 600mila casi di tumore al collo dell’utero dovuti all’HPV. Sono molto più frequenti nei paesi in via di sviluppo (86 per cento), dove il sistema sanitario non riesce a fare attività di prevenzione e a scoprire le infezioni pericolose in tempo come accade invece nei paesi come l’Italia. Per questo l’88 per cento delle 250mila morti causate da tumori al collo dell’utero all’anno avviene nei paesi in via di sviluppo.

I vaccini contro il papilloma virus

Il vaccino contro l’HPV, che oggi viene prodotto da due aziende farmaceutiche e venduto con i nomi Gardasil e Cervarix, è stato creato da una squadra di ricercatori australiani dell’Università del Queensland guidata da Ian Frazer. Il Cervarix agisce solo contro i ceppi 16 e 18, cioè quelli responsabili di circa il 70 per cento dei tumori al collo dell’utero; il Gardasil ha effetto anche sui ceppi 6 e 11, che causano i condilomi genitali (anche negli uomini). In Italia i due vaccini sono disponibili dal 2007 e dal 2008 le bambine che hanno già compiuto 11 anni possono vaccinarsi gratuitamente entro il compleanno successivo. In alcune regioni poi la vaccinazione gratuita è stata estesa ad altre fasce d’età, fino ai 25 anni. Secondo i dati dell’Istituto superiore di sanità il 54,1 per cento delle bambine nate nel 2002 in Italia ha ricevuto la vaccinazione contro il papilloma.

L’efficacia del vaccino diminuisce al crescere dell’età, ma i vaccini sono efficaci anche nelle donne con età compresa tra 26 e 45 anni. Vaccinarsi non è del tutto inutile anche per le ragazze che hanno già avuto rapporti sessuali, perché in futuro potrebbero infettarsi con un tipo di HPV contenuto nel vaccino. Alcuni ginecologi consigliano di effettuare la vaccinazione anche se si è risultate positive al Pap test: questo perché secondo alcuni studi il vaccino potrebbe aiutare il sistema immunitario a debellare il virus. In alcune regioni sono state lanciate campagne di vaccinazione dei bambini maschi, come è avvenuto negli Stati Uniti e in altri paesi. Alcuni tipi di vaccini sono efficaci anche sui maschi, anche se la ricerca in questo campo è ancora agli stadi iniziali.