Ingress, il gioco dal quale Pokémon Go ha preso tutto

È una specie di gara mondiale a rubabandiera, ma secondo molti è la versione più seria, bella e difficile del gioco di cui parlano tutti da giorni

Pokémon Go (il gioco per smartphone per catturare i Pokémon spostandosi nel mondo reale) è il gioco di cui tanti parlano e a cui tantissimi giocano: da quando è uscito si parla molto della realtà aumentata e delle possibilità offerte dai sistemi di localizzazione GPS nei giochi per gli smartphone. Pokémon Go sta avendo un grandissimo successo ed è visto come qualcosa di molto innovativo. In realtà lo è in parte, perché gran parte dei meccanismi alla base del suo funzionamento esistono da circa quattro anni in Ingress, un gioco per smartphone sviluppato da Niantic Labs, la stessa società che ha sviluppato Pokémon Go. La più semplice descrizione di cos’è Ingress, infatti, potrebbe essere la stessa di Pokémon Go: è un gioco che sfrutta la realtà aumentata e la geolocalizzazione per permettere ai giocatori di girare per il mondo in cerca di cose che permettano loro di salire di livello.

Ingress esiste dal 2012 (quando fu reso disponibile per dispositivi Android) e dal 2015 ci si può giocare anche dagli iPhone. È però un gioco molto più serio di Pokémon Go: una delle prime cose che si legge dopo averlo scaricato sui propri dispositivi è «questo non è un gioco»: molti dei giocatori che l’hanno scaricato si sono particolarmente appassionati, vedendolo quasi come una specie di missione. Ingress è un gioco di fantascienza: la sua premessa, spiegata ai giocatori in una delle prime schermate, è che nel 2012 insieme al bosone di Higgs fu scoperta anche una cosa nota come “materia esotica”, una strana e potentissima materia che sembra avere origine aliena e – per farla brevissima – permette a chi la controlla di dominare il mondo.

La materia esotica (XM in inglese, da Exotic Matter) è però sparsa in giro per il mondo è a contendersela ci sono due fazioni contrapposte: gli Illuminati e la Resistenza. Gli Illuminati credono che la materia esotica possa fare “evolvere” l’umanità; la Resistenza crede che la materia esotica sia pericolosa e i suoi membri si oppongono quindi agli Illuminati. All’inizio del gioco ogni giocatore sceglie da che parte stare, e non può più cambiare. L’obiettivo di entrambi – seppur con finalità diverse – è però ottenere più materia esotica possibile.

Ogni giocatore è quindi un agente per una delle due fazioni: guardando il proprio smartphone, deve andare in giro per il mondo cercando di trovare diverse cose. Tra queste c’è appunto la materia esotica, ma bisogna anche, per esempio, trovare dei portali, attorno ai quali si concentra la materia esotica. Semplificando un po’, i portali stanno a Ingress come i PokéStop (i luoghi dove si trovano cose utili al gioco) stanno a Pokémon Go. In genere i portali di Ingress coincidono con monumenti o importanti luoghi del mondo vero. I portali possono essere conquistati e difesi dalle fazioni: se sono verdi sono degli Illuminati, se sono blu sono invece della Resistenza. I giocatori possono anche proporre la creazione di nuovi portali, rispettando però delle precise regole sul dove e come crearli. Un po’ come nel caso dei PokéStop la densità dei portali aumenta in modo più o meno proporzionale alla densità di popolazione di un’area: a Milano ce ne saranno tantissimi, in mezzo al deserto molti meno. Lo scopo – per farla facile – è diventare un agente sempre più forte, così da poter aiutare sempre di più e sempre meglio la propria fazione. Il gioco sta però andando avanti da anni: né la Resistenza né gli Illuminati hanno ancora vinto. Ingress è quindi una specie di interminabile Risiko nel mondo vero, una grandissima battaglia a rubabandiera.

Sul sito Polygon Helen Rosner ha confrontato Ingress e Pokémon Go, spiegando che anche se Pokémon Go è più recente e funziona usando l’esperienza che Niantic ha accumulato con Ingress, Ingress rimane un gioco più difficile e complesso. Secondo Rosner, Ingress è davvero un gioco fra tanti giocatori mentre Pokémon Go è un gioco perlopiù solitario: si possono sfidare altri giocatori ma la vera sfida è con se stessi. Ingress ha anche una trama più complicata e cupa. Per intuirlo, ancora prima di giocarci, basta guardare i colori predominanti delle due app: in Ingress è tutto molto scuro (un po’ alla Matrix); in Pokémon Go i colori sono vivaci, da cartone animato.

Rosner dice di essere convinta che «tra al massimo un paio di settimane mi sarò annoiata di Pokémon Go; sono invece stata molto presa da Ingress per mesi, e penso andrà ancora avanti per anni. È come paragonare gli scacchi e la dama: la schacchiera può sembrare uguale, ma un gioco è la versione per bambini e l’altro è un gioco da re». Rosner ha spiegato che il successo di Pokémon Go ha anche contribuito a rendere Ingress molto più popolare. «Per molto tempo Ingress sembrava quasi essere un segreto: ora è sui radar di chiunque, anche solo per essere una nota a piè di pagina nella storia di come è nato il fenomeno Pokémon Go». Secondo Rosner è soprattutto una questione di “game design”: Pokémon Go è un gioco lento, che non richiede grandi strategie. La maggior parte del tempo la si passa vagando in giro, aspettando che succeda qualcosa: «Non puoi fare scambi, non puoi condividere granché con gli altri e l’interattività è limitata a gare asincrone nelle palestre, un’attività che non fa nemmeno guadagnare molto punti-esperienza». Per Rosner «il gameplay di Ingress è invece spettacolare» e spiega di essersene accorta «dopo essere caduta nel tunnel di Pokémon Go».

Ingress è stato un precursore di Pokémon Go anche in altri aspetti: circa un anno fa fu criticato perché uno dei tanti portali del gioco coincideva con un campo di concentramento nazista (Niantic Labs chiese scusa e rimediò). È successo qualcosa di simile anche a Pokémon Go: qualche giorno fa, per esempio, il Washington Post ha raccontato che tre dei moltissimi Pokestop statunitensi sono all’interno dell’USHMM, il museo memoriale dell’Olocausto, a Washington. Andrew Hollinger, capo della comunicazione del museo, ha detto che «giocare a un’app non è una cosa giusta in un museo in ricordo delle vittime del nazismo» e che il museo sta cercando di far escludere i suoi spazi dal gioco.

A prescindere dagli errori di un’app che sfrutta come campo di gioco l’intero mondo, Ingress e Pokémon Go hanno così tante cose in comune che Auros Harman ha scritto per Slate un articolo dal titolo “I consigli di un veterano di Ingress per gli allenatori di Pokémon Go”. Sono, in sintesi: state attenti a quello che vi sta intorno (perché distrarsi troppo guardando lo schermo può diventare pericoloso, per strada); datevi un budget (per evitare di spendere una fortuna facendo acquisti nel gioco); non litigate con gli altri giocatori; e, soprattutto, gustatevi il mondo vero, mentre giocate.