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  • Sabato 16 luglio 2016

Le novità sulla strage di Nizza

Oggi due persone sono state arrestate con il sospetto di avere aiutato Bouhlel, che aveva fatto dei sopralluoghi sul luogo della strage nei giorni precedenti

(AP Photo/Laurent Cipriani)
(AP Photo/Laurent Cipriani)

Oggi è terzo giorno delle indagini che stanno cercando di chiarire come sia stata preparata la strage di giovedì sera a Nizza. Lo Stato Islamico (o ISIS) ha rivendicato l’attentato sabato, con un comunicato diffuso da Amaq Agency, una specie di agenzia di news non ufficiale del gruppo. Domenica due persone, un uomo e una donna albanesi, secondo AFP, sono state arrestate perché sospettate di aver partecipato alla preparazione della strage, aiutando il responsabile, il 31enne franco-tunisino Mohamed Lahouaiej-Bouhlel, che è stato ucciso dalla polizia giovedì sera. L’uomo arrestato oggi, secondo Le Monde, è sospettato di aver fornito a Bouhlel la pistola che aveva con sé durante l’attacco.

La polizia francese aveva già fermato quattro uomini – uno venerdì e tre sabato mattina, secondo AFP – che si pensa siano legati all’attacco. La moglie di Bouhlel – che stava divorziando dal marito – è stata invece liberata domenica. Le Monde scrive che una parte importante delle indagini si sta concentrando sul telefono ritrovato nel camion usato per la strage, che, scrive, contiene alcuni contatti che sono stati definiti «interessanti»: in particolare alcuni SMS inviati hanno portato ad almeno tre degli arresti fatti finora. I giornali francesi domenica hanno scritto anche che Bouhlel aveva fatto due sopralluoghi con il camion noleggiato sulla Promenade des Anglais, nei giorni precedenti alla strage. Le Monde scrive che il camion era stato affittato da Bouhlel il 4 luglio, che lo aveva poi ritirato l’11 luglio.

Domenica il ministero della Salute francese ha detto che le persone ancora ricoverate in ospedale per le ferite riportate nell’attacco sono in tutto 85, sulle circa 300 che erano rimaste ferite nell’attacco: 18 sono in pericolo di vita. Sabato il ministero degli Esteri italiano ha detto che 31 cittadini italiani che si trovavano a Nizza non sono stati ancora rintracciati dalle autorità: domenica è stato comunicato che alcuni sono stati rintracciati, ma non sono stati forniti dettagli più precisi.

Sabato Bernard Cazeneuve, ministro dell’Interno francese, ha detto che Bouhlel si è «radicalizzato molto velocemente», e ha ribadito che non era conosciuto all’intelligence francese, e che «non si era distinto, negli anni passati, né con le sue convinzioni né con le sue azioni, per un’adesione all’ideologia islamica radicale». Il suo caso, ha detto Cazeneuve, è un esempio dell’«estrema difficoltà della guerra contro il terrorismo», e ha definito l’attentato «di una tipologia nuova».

Cazeneuve sabato pomeriggio ha anche detto che 12mila agenti di polizia in congedo (“riservisti”) saranno chiamati ad aiutare il corpo di polizia francese. Cazeneuve ha continuato invitando «tutti i francesi patrioti» a unirsi alla riserva del corpo di polizia.

Nella rivendicazione, l’ISIS ha detto che l’attentato è stato compiuto da un suo “soldato” che ha risposto all’appello diffuso dallo Stato Islamico di compiere attentati nei paesi della coalizione anti-ISIS con le risorse a propria disposizione. Dalla rivendicazione sembra che lo Stato Islamico rivendichi la sua responsabilità nell’avere ispirato l’attentato, ma non è ancora chiaro se ci sia stato coinvolgimento del gruppo nelle fasi di preparazione e organizzazione dell’attacco. Per ora si sa che le indagini svolte dall’antiterrorismo francese non hanno fatto emergere alcuna prova che dimostri un legame tra Bouhlel e il terrorismo islamico. Per questa ragione la notizia va presa con molta cautela.

Venerdì mattina la polizia francese ha invece condotto delle perquisizioni in due appartamenti di Nizza, dove sono stati sequestrati dispositivi elettronici e altro materiale che si pensa appartenesse a Bouhlel. Per ora non sono state ritrovate tracce di un giuramento di fedeltà di Bouhlel all’ISIS.

Bouhlel era sposato con figli, faceva l’autotrasportatore ed era stato fermato in passato per violenza volontaria mentre era in possesso di un’arma e per una lite. Viveva al dodicesimo piano di un palazzo in una zona con molti immigrati e i suoi vicini lo conoscevano come un tipo lunatico, molto taciturno e aggressivo: sembrava in uno stato d’animo di rabbia permanente, hanno detto, soprattutto dopo che si era separato dalla moglie (sembra che l’avesse picchiata in diverse occasioni). Le persone che lo conoscevano non avevano notato niente che potesse collegare Bouhlel alla religione: non sembrava un tipo religioso e non andava in moschea.

Il procuratore di Parigi, François Molins, ha ricostruito gli ultimi spostamenti di Bouhlel prima dell’attacco: ha detto che giovedì sera Bouhlel è arrivato in bicicletta in un quartiere nella parte orientale di Nizza, dove ha recuperato il camion a noleggio che aveva parcheggiato lì il giorno precedente e che non aveva restituito in tempo. Ha poi raggiunto il lungomare e intorno alle 22:30 ha condotto il suo attacco, accelerando sulla folla lungo circa 2 chilometri della Promenade des Anglais, uccidendo decine di persone prima di essere ucciso a sua volta dalla polizia. All’interno del camion sono state trovate una pistola con diverse munizioni, due fucili d’assalto finti e una granata. Sono stati anche trovati uno smartphone, una patente di guida, una carta di credito e altri documenti che hanno permesso l’identificazione dell’attentatore.

Bouhlel non era noto ai servizi di intelligence, né a livello nazionale né a livello locale. L’avvocato che lo difese lo scorso anno in un caso di aggressione, Correnti Delobel, lo ha descritto in un’intervista alla televisione francese BFM come un “classico delinquente”. Per queste ragioni negli ultimi due giorni diversi funzionari francesi avevano chiesto prudenza nel definire un “attentato terroristico” quello che è successo a Nizza. L‘Express ha intervistato Chemceddine Hamouda, uno psicologo tunisino con il quale si consultò Bouhlel nel 2004, a 19 anni. Bouhlel era stato portato dal padre perché aveva iniziato ad avere un comportamento violento a scuola.