La lettera di Paolo Virzì a un’attivista di sinistra di Torino

Non si fa viva dallo scorso 21 giugno per evitare gli arresti domiciliari chiesti per una protesta No-Tav: Virzì racconta la sua storia, e le chiede di tornare

(ANSA/ ALESSANDRO DI MARCO)
(ANSA/ ALESSANDRO DI MARCO)

Il regista italiano Paolo Virzì ha scritto sulla Stampa una lettera a Maria Edgarda Marcucci, una ragazza romana di 25 anni che studia Filosofia all’Università di Torino, e che da un paio di settimane è introvabile, dopo che contro di lei è stata emessa un’ordinanza di custodia cautelare in vista di un processo per una protesta in un cantiere della Tav a Chiomonte, in Val Susa, il 21 giugno 2015.
Virzì racconta di aver conosciuto Marcucci durante le riprese di Caterina va in città, un suo famoso film del 2004 in cui Marcucci aveva recitato come comparsa e nella sua lettera le chiede di farsi viva per essere processata: «io sono certo che l’Italia non sia l’Egitto di Al-Sisi, o la Turchia di Erdogan e che le autorità sapranno trovare lo sguardo e la misura per valutare nelle giuste dimensioni la tua posizione».

Marcucci è un’attivista di sinistra e la polizia nei mesi scorsi aveva ordinato altre misure cautelari nei suo confronti: l’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria (cioè l’obbligo di firma in determinate ore in un ufficio di polizia giudiziaria) per aver protestato contro la decisione dell’Università di Torino di affidare al FUAN (un collettivo studentesco di estrema destra) un’aula del Campus Einaudi, una delle principali sedi universitarie di Torino; e il divieto di dimora a Torino per un presunto scontro con un agente della Digos, avvenuto sempre in una struttura universitaria.

Eddidove sei? Perché sei costretta a scappare? Per quale motivo ti vogliono arrestare? Credo che valga la pena raccontare la tua storia.

Ti chiami Maria Edgarda Marcucci. Ti ho conosciuta sul set del mio film «Caterina va in città». Eri tra le comparse con mia figlia Ottavia, tua amica in quell’epoca in cui avevi appena dodici anni, ma l’intelligenza, la sensibilità e la passione già ti accendevano lo sguardo e lo facevano vibrare. Adesso ne hai 25, sei studentessa di Filosofia all’Università di Torino e ti fai notare alle assemblee studentesche perché mobiliti i tuoi amici per portare solidarietà e aiuto agli sfrattati, ai rifugiati, ai senzatetto, e tutti ti chiamano Eddi.

Ma cos’è successo di così grave, che ti ha fatto decidere di sparire, e di non dare più tue notizie a nessuno, neanche ai tuoi genitori?

Nel novembre scorso tu ed altri studenti vi siete opposti all’eventualità che un’aula dell’università fosse concessa per un uso privato ad un’organizzazione politica, il Fuan, rivendicando qualcosa di molto elementare, ovvero che le aule dell’Università servono agli studenti per studiare, ripassare, stare insieme, ripetere prima dell’esame, e non per la propaganda di organizzazioni politiche neofasciste il cui principale impegno sembra sia quello di alimentare il razzismo e la xenofobia, come se non ce ne fosse già abbastanza in giro. Sono intervenuti numerosi agenti di polizia in assetto antisommossa, è intervenuta la Digos, hanno fatto irruzione nell’aula, hanno identificato e fermato una trentina di studenti tra i quali tu, e siete stati rilasciati solo dopo l’intervento di altri universitari esterrefatti, tra i quali anche molti professori. Ma in seguito a questo episodio la Procura di Torino ha emesso un provvedimento contro di te: obbligo di firma, e scusa se non riesco a capir bene di cosa si tratti, credo che tu dovessi recarti inutilmente tutti i giorni in Questura a firmare un foglio. Ma non ti sei sottratta, hai eseguito diligentemente quello che ti veniva chiesto.

Continua a leggere sulla Stampa