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  • Domenica 12 giugno 2016

La prima volta che abbiamo vinto gli Europei

Nel 1968, anche grazie al lancio della monetina che decise la semifinale contro l'Unione Sovietica

di Pietro Cabrio

Giacinto Facchetti, capitano dell'Italia, dopo la vittoria in finale contro la Jugoslavia (AP Photo)
Giacinto Facchetti, capitano dell'Italia, dopo la vittoria in finale contro la Jugoslavia (AP Photo)

L’Italia ha sempre avuto un rapporto complicato con gli Europei di calcio. Ha iniziato a qualificarsi regolarmente alle fase finali solo negli ultimi decenni: non partecipò alla prima edizione del 1960 e non si qualificò nemmeno alla seconda, quattro anni dopo. Nel 1968 invece li vinse, a soli due anni di distanza dalla clamorosa eliminazione subita ai Mondiali in Inghilterra contro una sconosciuta Corea del Nord.

Anche dopo la vittoria del 1968 l’Italia ha continuato a non parteciparvi regolarmente, mantenendo questo andamento fino al 1996, edizione in cui le nazionali ammesse passarono da otto a sedici. Da allora l’Italia si è sempre qualificata ma non è più riuscita a vincere il torneo, venendo sconfitta due volte in finale, sempre in modi piuttosto dolorosi: nel 2000 al golden goal contro la Francia e nel 2012 con una pesante sconfitta contro la Spagna.

Nel 1968 gli Europei vennero preceduti per la prima volta dai gironi di qualificazione: alla fase finale si qualificarono quattro squadre e all’Italia bastarono tre partite per vincere il torneo, che iniziò il 5 giugno e finì appena cinque giorni dopo. L’Italia concluse il suo girone di qualificazione al primo posto, sopra Romania, Svizzera e Cipro. Nel decisivo turno eliminatorio incontrò la Bulgaria: nell’andata di Sofia perse 3-2 ma al ritorno riuscì a segnare due gol senza subirne.

All’epoca non esisteva un vero e proprio paese organizzatore; la UEFA sceglieva dove disputare la fase finale prendendo in considerazione solo le quattro squadre qualificate. Nel 1968 decise che le partite si sarebbero giocate in Italia, tra Roma, Napoli e Firenze. La partita inaugurale fra Italia e Unione Sovietica si tenne a Napoli la sera del 5 giugno. All’epoca l’Unione Sovietica era una delle squadre più forti al mondo, contraddistinta dalle grandi qualità fisiche dei suoi giocatori: nel 1960 era stata la nazionale vincitrice della prima edizione degli Europei.

Allo stadio San Paolo i tempi regolamentari tra Italia e Unione Sovietica finirono in parità senza reti. L’incontro proseguì ai supplementari ma il risultato non cambiò. Nel 1968 i calci di rigore non erano ancora stati introdotti e il regolamento, al loro posto, prevedeva un semplice e sommario lancio della monetina. Il capitano dell’Italia e della “Grande Inter”, Giacinto Facchetti — che stando ai racconti dei suoi compagni di squadra era «uno baciato dalla fortuna» — scelse testa. La monetina (un franco svizzero) venne lanciata negli spogliatoi: uscì testa e l’Italia si qualificò alla finale.

Italia-Unione Sovietica (LaPresse)

La Nazionale del 1968 è considerata una delle più forti nella storia del calcio italiano. C’era Gianni Rivera, che l’anno dopo avrebbe vinto il Pallone d’Oro, e c’erano altri grandi campioni come Facchetti, Gigi Riva, Sandro Mazzola, Dino Zoff, Pietro Anastasi, Tarcisio Burgnich e Giacomo Bulgarelli. L’allenatore era Ferruccio Valcareggi, molto ben voluto dai suoi calciatori: ebbe problemi soltanto con Mazzola, che in finale venne mandato in tribuna, sostituito dall’attaccante milanista Pierino Prati. Inizialmente si arrabbiò molto e ne nacque anche un caso, ma poi fu calmato dai compagni di squadra.

La finale si giocò il 10 giugno allo Stadio Olimpico di Roma tra Italia e Jugoslavia, i cui giocatori erano considerati anche allora fra i più tecnici in Europa. Era allenata da Rajko Mitic, leggenda del calcio slavo a cui è intitolato lo stadio della Stella Rossa a Belgrado, mentre il giocatore più forte era il capitano Dragan Dzajic, attaccante della Stella Rossa, autore del gol che eliminò l’Inghilterra in semifinale e successivamente eletto miglior giocatore del torneo. Nel corso della finale Dzajic fu marcato da Burgnich, roccioso terzino friulano, che pur essendo considerato fra i migliori della sua generazione, trovò in Dzajic l’avversario più ostico mai incontrato in carriera.

Fu proprio Dzaijc a portare in vantaggio la Jugoslavia verso la fine del primo tempo. Tutta la partita fu dominata dagli slavi, che arrivarono più volte vicini al gol, in particolare con un’occasione incredibilmente sprecata a porta vuota. L’Italia riuscì tuttavia a pareggiare con una strana punizione di Angelo Domenghini, che fece passare la palla sotto la barriera formata dai giocatori jugoslavi. La partita finì in parità, ma non erano previste ancora monetine: si rigiocò due giorni dopo.

Negli anni successivi il portiere di quella squadra, Dino Zoff, riconobbe a Valcareggi la maggior parte del merito nella vittoria, in quanto figura paterna che riuscì a creare un gruppo molto unito. Valcareggi fu sempre molto convinto delle sue decisioni, determinanti nella vittoria della finale ripetuta. La Jugoslavia era stata la squadra migliore nella partita precedente, ma in vista di quella decisiva cambiò un solo giocatore perché non aveva abbastanza ricambi: peraltro Ivica Osim, centrocampista e punto di forza della formazione insieme a Dzaijc, era stato infortunato dagli inglesi in semifinale. Valcareggi cambiò cinque titolari e mise in campo, tra gli altri, Gigi Riva, Sandro Mazzola e Giancarlo De Sisti.

Il gol di Riva alla Jugoslavia (LaPresse)

Fu un’altra storia. L’Italia giocò intensamente per tutta la partita e già nei primi minuti arrivò più volte davanti alla porta avversaria. Al quarto d’ora di gioco Riva segnò il gol del vantaggio. Meno di mezzora dopo Anastasi, a cui venne anche annullato un gol, segnò il definitivo 2-0. La Jugoslavia, fisicamente provata, non riuscì mai a reagire e passò un’ottantina minuti in situazione di svantaggio.

Dal gol di Anastasi i tifosi sugli spalti dell’Olimpico iniziarono ad accendere delle fiaccole, che a fine partita si moltiplicarono a vista d’occhio in tutte le gradinate dello stadio. La vittoria contro la Jugoslavia servì a riportare l’Italia fra le prime nazionali di calcio al mondo, dopo oltre trent’anni di risultati deludenti.

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