Perché WeTransfer ha successo

Non è il servizio di file sharing più conosciuto né il più usato: ma è quello più di moda, perché "piace alla gente che piace"

WeTransfer è un popolare e diffuso servizio di file sharing: cioè serve a condividere con altre persone dei file – canzoni, foto, video – troppo grandi per essere inviati con le email. Esiste dal 2009 e oggi ha circa 85 milioni di utenti. Nel febbraio del 2015 era stata valutato tra i 100 e i 200 milioni di dollari dal fondo Highland Capital Partners Europe, che aveva finanziato WeTransfer con 25 milioni di dollari. Il sito della rivista Fast Company recentemente ha pubblicato un’intervista al cofondatore della società, Ronald “Nalden” Hans, per provare a spiegare una cosa di cui molti siti specializzati hanno discusso negli ultimi mesi: come ha fatto WeTransfer a rendere “cool” una cosa noiosa come il file sharing.

WeTransfer non è il servizio più diffuso nel suo settore: Dropbox ha raggiunto lo scorso marzo mezzo miliardo di utenti. La percezione generale dei due siti però è diversa, spiega Fast Company: «Se il business del file sharing digitale fosse il mercato immobiliare di New York, Dropbox sarebbe Midtown [la zona più turistica e mainstream di New York, dove si trovano Times Square e l’Empire State Building, ndr] e WeTransfer è la prossima Williamsburg [il quartiere di Brooklyn più alla moda di New York, considerato la capitale mondiale della cultura hipster]».

Per usare WeTransfer non è necessario registrarsi: quando si apre il sito, un riquadro sulla sinistra chiede solo di inserire la mail del destinatario, la propria, un messaggio e di allegare il file. Per file fino a 2 GB il servizio è gratuito, sennò costa 12 euro al mese. Fast Company ha paragonato l’essenzialità di WeTransfer a quella di Google, che quando fu lanciato sembrò molto più scarno dei concorrenti Yahoo e AltaVista. E sappiamo com’è andata, poi.

Una delle cose che rende WeTransfer diverso – e che lo ha reso “alla moda” – è il suo modello di business. Come praticamente tutti i servizi gratuiti online, WeTransfer guadagna con la pubblicità. Invece però di usare i soliti banner – della cui crisi e dei cui limiti si discute da anni – WeTransfer ha adottato un tipo di pubblicità più simile a quello di una rivista di moda o di design: sulla home page compare una grossa immagine a tutto schermo, che può essere una semplice foto di stock ma che spesso è una fotografia di un artista o di un grafico emergente, o un’illustrazione elegante. Alcune delle 40 persone che lavorano a WeTransfer si occupano specificamente di aiutare le aziende a fare pubblicità più belle. Con questi accorgimenti, WeTransfer è riuscito ad affermarsi come il servizio di file sharing di riferimento per le persone che fanno professioni creative, che sono anche tra quelle che hanno bisogno più spesso di trasferire file pesanti.

Molte persone collaborano online. Ma quali sono quelle persone che hanno a che fare di continuo con “spedizioni digitali”, specialmente quelle di molti gigabyte che non possono essere fatte facilmente con le email? I creativi, ecco chi. Molte persone vogliono spedirsi file senza troppi casini. Ma quali sono quelle persone disposte a gravitare intorno un servizio di file sharing che offre anche qualcosa di esteticamente bello e ispirante ogni volta che lo usano? I creativi, ecco chi. Molte persone si riuniscono in comunità online che permettono loro di condividere e scoprire contenuti. Ma quali sono quelle persone che attraggono attenzione e investimenti sulla comunità di cui fanno parte? I creativi, ecco chi.

Prima di fondare WeTransfer, Hans gestiva un sito in cui segnalava i lavori di fotografi, designer, musicisti e artisti interessanti: «Abbiamo continuato a farlo con WeTransfer, usando le immagini a tutto schermo sullo sfondo, offrendo loro una piattaforma dove esibire i propri lavori. La comunità creativa ha cominciato a usarci non solo perché aiutavamo il loro lavoro, ma anche perché scoprivamo i lavori di altre persone, e sempre più utenti hanno cominciato ad apprezzarlo. È lì che ci siamo costruiti la credibilità». Recentemente la rapper americana Azaelia Banks ha condiviso delle sue canzoni con i fan usando WeTransfer, e lo aveva fatto anche Prince.

Quello dei servizi di file sharing è un mercato molto competitivo, e dopo il successo di WeTransfer altri siti hanno provato a imitarne gli ammiccamenti verso le persone che di lavoro fanno i creativi. Anche per questo, nota Fast Company, c’è il rischio che WeTransfer faccia davvero la fine di Williamsburg, che da posto alternativo si è trasformato in una specie di parco a tema, e dove oggi gli affitti e la vita sono carissimi. Hans dice che la strategia per scongiurare questa eventualità è non insistere troppo sul fatto di essere un sito “per tipi creativi”: moltissime persone ora lo utilizzano per condividere file di lavoro che non sono foto, illustrazioni o in generale creazioni artistiche, e a WeTransfer questa cosa va benissimo. Per questo Hans, invece di quello con Williamsburg, preferisce il paragone con Apple: un’azienda rivolta inizialmente ai creativi e che poi è diventata di massa.