I trent’anni di Top Gun

Un film che allora ebbe un enorme successo come film d'azione con Tom Cruise, è diventato col tempo molte altre cose, e arriva un sequel

Gli anniversari sono un canone particolare del giornalismo contemporaneo: permettono di generare una curiosità nostalgica in molti lettori e di soddisfarla attraverso il racconto di cose note, che spesso hanno bisogno soltanto una moderata ricerca d’archivio associata ai ricordi di chi ne scrive. E ce ne sono ogni giorno decine, che i social network hanno reso ancora più visibili, proprio perché incentivano quel meccanismo di appartenenza e nostalgia condivisa che sta alla base della celebrazione degli anniversari (Facebook stesso ha cominciato a un certo punto a segnalare agli utenti i rispettivi anniversari più risibili).

Detto questo, è quindi ancora più impressionante l’estensione e l’impegno con cui i siti di news di tutto il mondo – ma soprattutto americani – si sono dedicati negli ultimi giorni alla celebrazione e riflessione sui trent’anni del film Top gun, che uscì nei cinema americani il 16 maggio 1986. La ragione è che Top gun fu un film di straordinario successo ma anche molto rappresentativo di un periodo di ambizioni semplici e ingenue come furono gli anni Ottanta. E un esempio riuscitissimo di un tipo di film già esistente ma che avrebbe poi prevalso nella cultura cinematografica successiva, soprattutto tra gli adolescenti e giovani: grande tecnica delle riprese d’azione, celebrities che prevalgono sugli attori, prevedibile e banale costruzione delle storie e dei dialoghi, colonna sonora di canzoni superprodotte. “Un film di supereroi della sua epoca“, scrive ora Vox.

Ma Top Gun ci mise anche tutto un repertorio che allora andò molto per la maggiore, di machismo spaccone e fragile insieme – di quello che poi diventaicona gay” – e di mascolinità bulla ma vanitosa come era quella nata negli anni Ottanta, e poi giubbotti di pelle, e soprattutto Tom Cruise, che divenne Tom Cruise da lì in poi (lavorando tantissimo sulla promozione di se stesso insieme a quella del film). Per gli americani, poi, c’era tutto il tema del patriottismo rinnovato dalla bellicosa ripresa della Guerra Fredda reaganiana (Matthew Modine, contattato prima di Tom Cruise, scartò la parte per antimilitarismo, e fece invece Full metal jacket di Stanley Kubrick).

Il film era nato da un articolo di giornale sui piloti di aerei della Marina americana, intitolato “Top guns”. La storia è una specie di “coming of age” di Tom Cruise, giovane pilota fenomeno con traumi familiari, che frequenta una scuola di superpiloti, affrontando nemici russi, insicurezze proprie, sensi di colpa, amicizie maschili, e ovviamente un amore femminile (Kelly McGillis, attrice con una storia personale complicata e originale, il cui periodo di grande popolarità internazionale non superò gli anni Ottanta: tra l’altro assai più alta di Cruise, e raccontò poi di aver recitato in più scene in pose un po’ strane per non farlo notare). Il regista fu Tony Scott, uno che col genere ambizioso di produzioni ci ha lavorato parecchio: e le riprese aeree acrobatiche e spettacolari sono ritenute ancora oggi eccezionali.

Vinse il premio Oscar per la canzone Take my breath away, di Giorgio Moroder e Tom Whitlock, cantata da una band di meteore, i Berlin. E generò un aumento di richieste di arruolamento nella Marina degli Stati Uniti del 500%. Da molti anni si parla di un sequel, su cui ultimamente pare ci sia maggiore concretezza, Tom Cruise compreso.