Prendersi un anno sabbatico prima dell’università serve?

Lo farà Malia Obama prima di frequentare Harvard: i pochi studi sul tema dicono che non fa tutta questa differenza

(MANDEL NGAN/AFP/Getty Images)
(MANDEL NGAN/AFP/Getty Images)

Domenica 1 maggio Malia Obama, la figlia maggiore del presidente degli Stati Uniti Barack Obama, ha detto che finite le scuole superiori frequenterà Harvard, una delle università più prestigiose del mondo, che si trova a Cambridge, in Massachusetts. Malia Obama ora sta frequentando l’ultimo anno alla Sidwell Friends High School di Bethesda, in Maryland: non inizierà l’università subito dopo il diploma ma prima si prenderà un “gap year”, cioè un anno sabbatico. È una cosa sempre più comune tra gli studenti degli Stati Uniti ma è un fenomeno diffuso soprattutto in Europa, nonostante normalmente si finiscano gli studi superiori un anno dopo rispetto agli Stati Uniti. Il “gap year” è una versione moderna del Grand Tour: il viaggio lungo un anno nelle città d’arte europee che facevano i giovani aristocratici nell’Ottocento. Negli Stati Uniti spesso bisogna avere il permesso dell’università per poter prendersi un anno sabbatico: ma molte università, come la stessa Harvard, incoraggiano gli studenti a farlo.

Non si sa ancora cosa farà Malia Obama nel suo anno sabbatico, ma normalmente gli studenti che fanno questa scelta possono fare tre cose: viaggiare, lavorare o tutte e due le cose insieme. A volte prendere un anno sabbatico è una scelta obbligata, per quegli studenti che devono guadagnare e mettere da parte dei soldi per coprire in parti i costi dell’università. In questo caso, però, non si parla propriamente di anno sabbatico, che se inteso come esperienza di formazione giovanile rimane soprattutto una prerogativa di chi può permetterselo. Chi non ha problemi economici spesso approfitta di questo periodo per andare all’estero, visitare posti nuovi o imparare una lingua. C’è anche poi chi va all’estero ma trova qualche lavoro per coprire un po’ le spese. Un’altra opzione è fare volontariato, nel proprio paese o all’estero (in Italia in molti scelgono il Servizio Civile Nazionale).

Secondo i dati di Harvard, ogni anno tra gli 80 e i 110 studenti sui circa 2.000 ammessi prende un anno sabbatico prima di cominciare gli studi: circa il 5 per cento. Gli studenti di Harvard non sono comunque un campione rappresentativo degli studenti americani e tantomeno di quelli europei. Sul tema mancano raccolte di dati rigorose e documentate, ma spesso gli unici enti a fornire dati sono le organizzazioni che si occupano di aiutare gli studenti nella scelta. Una di queste, la American Gap Association, dice che ogni anno negli Stati Uniti prendono un “gap year” dai 30mila ai 40mila studenti, e che nel 2015 sono aumentati del 22 per cento rispetto all’anno precedente. Si parla, sul totale degli studenti ammessi ogni anno nelle università americane, di circa l’1 per cento.

Nel marzo del 2015, un gruppo di ricercatori coordinati da Katariina Salmela-Aro dell’università di Jyväskylä, in Finlandia, ha pubblicato sulla rivista scientifica Developmental Psychology uno degli studi più approfonditi condotti finora sugli studenti che si prendono un anno sabbatico. Per lo studio vennero intervistati oltre 2.500 studenti australiani e finlandesi. Lo studio ha scoperto che non c’è una grande differenza nei risultati scolastici tra chi si è preso un anno di pausa e chi no. Ha spiegato Salmela-Aro che chi ha fatto solo un anno sabbatico recupera in fretta il ritmo degli studi e la motivazione. Chi invece ha tirato dritto tende a sopportare meglio la fatica dello studio e a essere più determinato nel raggiungere gli obiettivi scolastici: è però più probabile che soffra maggiore stress. Le cose cambiano un po’, secondo lo studio, per chi si prende più di un anno di pausa: in questo caso è più difficile trovare la motivazione per riprendere e continuare a studiare. Lo studio dice anche che è leggermente più probabile che chi prende un anno sabbatico lasci l’università prima di finirla.

La scoperta principale dello studio finlandese è però un’altra: le differenze tra chi prende un anno sabbatico e chi invece non lo fa non sono così tante neanche per quanto riguarda la crescita e la soddisfazione personale e le possibilità lavorative. Un altro studio del 2010 sugli studenti australiani, invece, sosteneva che un anno sabbatico serve soprattutto agli studenti che hanno faticato durante le scuole superiori (che sono anche quelli tra i quali l’opzione di un anno di pausa è più popolare). Dopo il “gap year”, secondo lo studio questi studenti hanno più facilità a ritrovare la motivazione e a gestire il proprio tempo. Alcune università americane, nel consigliare agli studenti di fare un anno sabbatico, sostengono che aiuti a migliorare le capacità di leadership e il proprio impegno civile. Come ha sintetizzato il New York Times Magazine, gli studi sugli anni sabbatici sono pochi e non dicono molto: l’unica cosa che sembra sicura è che chi si prende un anno di pausa poi non rende meno di chi ha continuato a studiare, e in certi casi può rendere un po’ meglio.

Secondo Jeffrey Selingo, esperto di istruzione e autore del libro “There Is Life After College”, dopo un anno sabbatico «gli studenti tornano più maturi e prendono più seriamente gli studi, e hanno più sicurezze su cosa vogliono fare», o almeno su quello che non vogliono fare. Secondo Selingo è un ottimo modo per fare qualche esperienza che può essere aggiunta al curriculum e aiutare a trovare un lavoro dopo l’università. È però importante, dice Selingo, prendersi un vero anno sabbatico e fare un’esperienza nuova e formativa, e non semplicemente oziare o lavoricchiare senza spostarsi da casa. La scrittrice e giornalista Jean Hannah Edelstein ha invece scritto un articolo sul Guardian intitolato “Perché spero che l’anno sabbatico prima del college di Malia Obama non ispiri una moda”, nel quale sostiene che gli anni sabbatici sono un privilegio dei ragazzi con genitori benestanti, e che un’azienda non dovrebbe prendere in considerazione prima di assumere un giovane «se ha pagato un’organizzazione per fare un anno di volontariato oltreoceano».