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  • Venerdì 1 aprile 2016

Le calciatrici statunitensi chiedono di essere pagate come gli uomini

Cinque famose giocatrici della nazionale hanno fatto un fondato reclamo ufficiale (e stavolta non c'entra nemmeno il divario di pubblico)

Alcuni giocatrici della nazionale statunitense (Todd Warshaw/Getty Images)
Alcuni giocatrici della nazionale statunitense (Todd Warshaw/Getty Images)

Giovedì scorso cinque giocatrici della nazionale di calcio statunitense, in rappresentanza dell’intera squadra, hanno inviato un reclamo ufficiale alla Commissione per le pari opportunità sul lavoro degli Stati Uniti (Equal Employment Opportunity Commission) in cui accusano la U.S. Soccer, la federazione calcistica nazionale, di discriminare le calciatrici nelle retribuzioni. Non si parla di stipendi – calciatori e calciatrici di norma non vengono pagati dalle nazionali – ma dei premi in denaro corrisposti per le vittorie di tornei e singole partite. Hope Solo, Megan Rapinoe, Carli Lloyd, Becky Sauerbrunn e Alex Morgan, che sono anche le cinque giocatrici più forti e famose della nazionale statunitense, sostengono di percepire ingiustamente meno del 40 per cento di quello che guadagnano i membri della nazionale maschile e di aver ricevuto negli ultimi anni bonus e premi esigui, nonostante fin dai primi anni Novanta i risultati delle nazionali femminili siano sempre stati migliori di quelli degli uomini.

La nazionale femminile degli Stati Uniti infatti è al momento la più forte del mondo: ha vinto l’ultima edizione dei Mondiali di calcio, detiene la medaglia d’oro olimpica e da almeno quattro anni riscuote un vasto successo in tutto il paese, superiore a quello della nazionale maschile, da sempre considerata mediocre e ben lontana dal livello delle più forti nazionali europee. Come riporta il New York Times, Carly Lloyd, ultima vincitrice del Pallone d’Oro, ha commentato il reclamo dicendo: «Siamo state pazienti negli ultimi anni con la speranza che la federazione avrebbe fatto la cosa giusta retribuendoci nella giusta maniera».

Il New York Times ha analizzato il budget e i regolamenti della U.S. Soccer, secondo cui le donne ricevono effettivamente meno del 40 per cento di quello che percepiscono gli uomini. Le giocatrici della nazionale ricevono 99mila dollari ciascuna se vincono 20 amichevoli, il numero minimo di partite che la nazionale deve disputare in un anno. Per lo stesso obiettivo gli uomini invece ricevono 263mila dollari, ma ne ricevono comunque 100mila a testa anche se vengono sconfitti in tutte e venti le partite. Inoltre le donne non ricevono nulla se giocano più di venti partite all’anno, mentre gli uomini possono guadagnare dai 5mila ai 17mila dollari dalla ventunesima partita disputata in poi. Le calciatrici, quando sono impegnate con la nazionale, in caso di vittoria in una partita amichevole ricevono poco meno di 5mila dollari; agli uomini ne spettano più di 13mila.

La differenza dei premi non sembra giustificata da un divario commerciale. La nazionale femminile statunitense è stata l’alfiere del calcio in tutto il paese. Ha vinto con continuità i tornei più importanti dagli anni Novanta ed è sempre stata considerata una delle più forti a livello mondiale. Mia Hamm è per molti la giocatrice più forte nella storia del calcio statunitense, ed è stata anche la calciatrice più nota in assoluto nel paese, più di ciascun membro della nazionale maschile. I 90.185 spettatori della finale dei Mondiali femminili del 1999 fra Stati Uniti e Cina stabilirono il record di spettatori registrati per una partita di calcio in America. La scorsa estate la finale dei Mondiali vinta dagli Stati Uniti fu trasmessa da Fox e venne vista da più di 25 milioni di persone, il numero più alto di telespettatori per una partita di calcio in un canale di lingua inglese registrato nella storia degli Stati Uniti.

Le proteste delle calciatrici non riguardano solo i premi per una partita o per una singola competizione, ma anche le fonti di guadagno più grosse, come le sponsorizzazioni e i diritti televisivi. Da questo punto di vista il bilancio della federazione statunitense è in costante aumento e nell’ultimo anno c’è stato un aumento nei ricavi pari a venti milioni di dollari.

Non è la prima volta che la nazionale femminile degli Stati Uniti protesta per il diverso trattamento delle donne nel mondo del calcio. Negli ultimi Mondiali disputati in Canada, un gruppo di giocatrici – tra cui l’americana Abby Wambach e la tedesca Nadine Angerer – aveva fatto causa alla Canadian Soccer Association, accusandola di discriminazione sessuale perché i campi su cui si sarebbe disputato il torneo erano in erba sintetica, un materiale che influenza il movimento del pallone e dove si rischiano più infortuni, soprattutto dolorose bruciature.