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  • Domenica 13 marzo 2016

I metodi anticoncezionali usati dall’ISIS

Un articolo del New York Times spiega che vengono utilizzati per rispettare un'antica regola islamica che vieta di fare sesso con una schiava incinta

(Wiktor Dabkowski/picture-alliance/dpa/AP Images)
(Wiktor Dabkowski/picture-alliance/dpa/AP Images)

Rukmini Callimachi, una giornalista che sul New York Times si occupa spesso di terrorismo internazionale, ha raccontato in un articolo come i miliziani dello Stato Islamico (o ISIS) abbiano iniziato a usare pratiche anticoncezionali per assicurarsi che le loro “schiave sessuali” non restino incinte, in modo da poter continuare a stuprarle o a venderle ad altri uomini. Uno dei motivi per cui si è diffuso l’uso di pratiche anticoncezionali è un’antica regola islamica ripresa dallo Stato Islamico, che vieta di avere rapporti sessuali con una schiava incinta – regola che Callimachi ha definito «un’oscura tradizione della legge islamica citata dallo Stato Islamico». Callimachi, che per l’articolo ha intervistato più di trenta donne stuprate dai miliziani dello Stato Islamico, aveva già scritto la scorsa estate un lungo reportage sulle schiave sessuali del gruppo e sulla dottrina teologica che i miliziani usano per giustificare i loro abusi.

Le regole della schiavitù sessuale e l’istibra
Lo Stato Islamico si riferisce alle donne in schiavitù con il termine “Sabaya” seguito dal loro nome. Le donne e le ragazze più belle e giovani vengono in genere comprate entro poche settimane dal loro rapimento. Sono quasi tutte yazide, una popolazione di lingua curda che abita nel nord dell’Iraq. La loro caratteristica principale è la religione che praticano – lo yazidismo – un misto di quasi tutte le religioni sviluppate in Medio Oriente: l’islam, il cristianesimo, l’ebraismo e lo zoroastrismo. Per i miliziani dello Stato Islamico, chi pratica la religione degli yazidi dev’essere ucciso. Per queste persone non c’è alcuna possibilità di salvarsi pagando una tassa, come invece è permesso a ebrei e cristiani. L’unica alternativa riservata alle donne consiste nel diventare schiave sessuali di un miliziano.

Secondo l’antica legge islamica citata dallo Stato Islamico, un uomo deve accertarsi che la sua schiava non sia incinta prima di avere rapporti sessuali con lei: si tratta di una regola che ebbe probabilmente origine dalla necessità arcaica di accertare chi fosse il padre nel caso in cui la schiava avesse partorito. Nella giurisprudenza islamica questa pratica si chiama istibra, il processo con il quale ci si accerta che “il ventre sia vuoto”, come ha spiegato a Callimachi Bernard Haykel, un esperto di legge islamica dell’università di Princeton.

Tradizionalmente l’istibra consisteva in un periodo di astinenza sessuale della durata di un ciclo mestruale ogniqualvolta la schiava cambiava di proprietario. Lo Stato Islamico usa però anche un’altra tradizione giurisprudenziale secondo cui è sufficiente rispettare lo “spirito” della legge senza necessariamente attendere la trentina di giorni previsti. Per gli uomini dello Stato Islamico, l’istibra può essere accertata usando moderni test di gravidanza, oppure può essere evitata del tutto usando i metodi anticoncezionali. Racconta Callimachi:

Alcune donne hanno detto che sapevano che stavano per essere vendute quando venivano condotte in un ospedale per un test delle urine o per sottoporsi a un test di gravidanza. In quei momenti aspettavano i risultati dei test con apprensione: se fossero risultati positivi, significava che stavano aspettando un figlio da uno stupratore. Un risultato negativo avrebbe invece permesso ad altri miliziani dell’ISIS di abusare sessualmente di loro.


Le schiave sessuali dell’ISIS

Una ragazza yazida di 16 anni, identificata soltanto con l’iniziale del suo nome, M., ha raccontato a Callimachi che un miliziano dello Stato Islamico le ha consegnato una scatola di pillole anticoncezionali subito dopo averla comprata. Ogni giorno si sedeva davanti a lei e la osservava mentre ingoiava una delle pillole. Non appena una scatola finiva, il miliziano gliene consegnava un’altra. Callimachi ha raccontato che i leader dello Stato Islamico sono spesso più rigorosi dei combattenti più giovani nel rispetto di queste regole. J., una ragazza yazida di 18 anni, ha raccontato di essere stata venduta al governatore di Tal Afar, una città sotto il controllo dello Stato Islamico nell’Iraq settentrionale: ogni mese l’uomo la mandava in ospedale per ricevere un’iniezione di anticoncezionale. L’uomo la obbligava anche a prendere un altro anticoncezionale per via orale.

Il risultato di questa regola è statisticamente misurabile, scrive Callimachi. In una clinica gestita dalle Nazioni Unite nel nord dell’Iraq, su 700 vittime di stupro di etnia yazida soltanto il 5 per cento è risultato incinta. Nezar Ismet Taib, un alto funzionario del ministero della Sanità del Kurdistan iracheno che ha avuto a che fare con molte vittime di stupro, ha spiegato a Callimachi che si aspettava che almeno 140 delle 700 donne yazide fossero incinte.

La situazione è ancora più complicata per le donne incinte già prima di essere catturate. H., 20 anni, si rese conto di essere incinta pochi giorni dopo essere stata rapita. All’inizio si considerò fortunata. Veniva continuamente spostata da un luogo all’altro, ma le venivano risparmiati gli abusi toccati a tante sue compagne. Poi però venne venduta a un miliziano che viveva in una casa con un’altra coppia. Quando erano in compagnia l’uomo non la toccava, ma non appena erano soli abusava di lei. H. ha raccontato a Callimachi che cercava di difendersi ricordando all’uomo le regole che gli vietavano di avere rapporti con una donna incinta, ma senza ottenere risultati.

L’uomo cercò di farla abortire, ma non ebbe mai il coraggio di chiedere ai medici dell’ospedale di praticare l’operazione. Voleva che fosse H. stessa a chiedere che le venisse praticato un aborto. Quando lei rifiutava, l’uomo la colpiva allo stomaco. Un giorno, arrivata allo stremo, H. scavalcò la recinzione della sua abitazione e cercò di fuggire. Con l’aiuto di alcuni trafficanti pagati dai suoi familiari riuscì a lasciare i territori dello Stato Islamico e a mettersi in salvo. Il suo primo figlio, un maschio, nacque due mesi dopo.