La Toscana ha un problema: i cinghiali

Sono aumentati moltissimo facendo danni all'agricoltura e agli allevamenti, ma una nuova legge regionale per contenere il problema è contestata dagli animalisti

(GUILLAUME SOUVANT/AFP/Getty Images)
(GUILLAUME SOUVANT/AFP/Getty Images)

Diverse regioni italiane hanno da molti anni un problema con i danni causati alle coltivazioni e agli allevamenti dai cinghiali e altri animali selvatici, ma il numero di questi animali ora è in forte aumento rispetto al passato: diverse giunte locali hanno approvato delibere per cercare di risolvere il problema, ma da una parte gli agricoltori le giudicano insufficienti e dall’altra parte gli animalisti protestano. Dalle pagine dei giornali italiani, la storia è finita anche sul New York Times.

I cinghiali riescono a colonizzare rapidamente aree molto estese di territorio perché si riproducono con velocità e facilità: quando raggiungono il sesto mese di età sono già in grado di riprodursi, in media una madre partorisce una decina di piccoli. Sono spesso portatori di malattie e sono anche particolarmente aggressivi. Di giorno è molto raro vederli in giro, mentre di notte raggiungono i campi coltivati per nutrirsi. Hanno un peso che va dai 45 ai 70 chilogrammi, ma sono stati catturati esemplari anche molto più grossi. Il cinghiale appartiene alla fauna selvatica tutelata dalla legge: erano praticamente scomparsi nei primi decenni del Novecento e sono stati via via reintrodotti illegalmente per la caccia. La caccia dei cinghiali è consentita per tre mesi all’anno ed è vietata all’interno dei parchi e delle aree protette. L’ISPRA (l’Istituto per la protezione e la ricerca ambientale) nel 2015 ha stimato che in tutta Italia sia stato superato il milione di esemplari.

Il New York Times si occupa in particolare della Toscana e dei suoi «preziosi vigneti», dicendo che in questa zona gli ungulati selvatici – il gruppo a cui appartengono i vari mammiferi “con gli zoccoli”: i cinghiali ma anche i cervi, i daini e i caprioli – «sono attualmente quattro volte più numerosi» rispetto alla media nazionale: si parla di circa 400 mila esemplari. La loro presenza causa danni alle coltivazioni stimati in milioni di euro, a cui si devono aggiungere i costi dovuti alla costruzione di recinti per proteggere i vigneti. La questione dei recinti ha a sua volta provocato numerose critiche perché la loro costruzione deturpa il paesaggio. Alcuni produttori di vino hanno usato piccoli cannoni a gas per allontanare gli animali, altri elettrici. Lo strumento più innovativo e meno invasivo è una macchina che produce delle frequenze che possono essere percepite solo dagli animali, ma è ancora in fase di perfezionamento.

All’inizio di febbraio la Toscana ha approvato una delibera proposta dal PD che autorizza gli abbattimenti straordinari degli ungulati e prevede di ridurre drasticamente il loro numero nei prossimi tre anni, portando la popolazione a un massimo di 150.000 esemplari. Il provvedimento è stato molto contestato dalle associazioni animaliste e dagli ambientalisti, ma è passato con i voti del PD, Forza Italia e Fratelli d’Italia. Hanno votato contro il M5S e Sì Toscana a Sinistra, mentre la Lega Nord si è astenuta. La nuova legge individua ed estende i confini delle aree vocate e delle aree non vocate ai cinghiali. Le aree vocate sono quelle destinate a una gestione conservativa della specie: in queste zone il numero dei cinghiali non potrà superare i 2,5 soggetti ogni 100 ettari alla chiusura della stagione di caccia. Le aree non vocate sono invece quelle superfici agricole danneggiate o danneggiabili dai cinghiali: in queste zone l’obiettivo non è la conservazione della specie ma la limitazione dei danni. La legge prevede anche la caccia oltre la stagione regolare, ma non interviene per scoraggiare i cacciatori a lasciare il cibo per attirare le loro prede, una pratica che sia gli ambientalisti che i viticoltori criticano perché ha contribuito all’aumento della popolazione di ungulati.

L’assessore all’Agricoltura della Toscana, Marco Remaschi, ha detto che «questa legge è almeno un primo passo» e ha riconosciuto che la proliferazione dei cinghiali è stata per molto tempo «sottovalutata e non governata: ora abbiamo ora bisogno di applicare bene la legge, e di far capire a tutti che è nell’interesse generale ridurre il numero di cinghiali e di cervi». Gli ambientalisti (che hanno ottenuto il sostegno di varie personalità e che organizzano da settimane proteste e manifestazioni) dicono che la legge sarà inefficace: si tratterebbe di una «fucilazione di massa» pericolosa per la gente e inutile perché, ha spiegato Massimo Vitturi dell’associazione LAV, «da decenni si spara ai cinghiali e la popolazione aumenta e si sposta, per non essere massacrata, in zone urbane dove la caccia è vietata». Secondo gli animalisti l’unica possibilità per fermare l’aumento di ungulati è un progetto più ampio che reintroduca i predatori per ristabilire l’equilibrio naturale e che faccia uso di mangimi anti fecondativi.

Il problema non riguarda comunque solo la Toscana: ci sono analoghe discussioni nelle Marche, in Piemonte, in Liguria e in Veneto, dove il cinghiale non è autoctono e dove non ha nemici naturali o antagonisti. In Veneto le immissioni di animali importati e d’allevamento – continuate legalmente fino alla metà degli anni Ottanta e illegalmente dopo – hanno contribuito alla massiccia diffusione della specie: l’assessore regionale all’Agricoltura e alla caccia Giuseppe Pan, Lega Nord, pensa che un aumento della caccia da solo non sia sufficiente al contenimento.