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  • Lunedì 22 febbraio 2016

Le proteste dei jat in India

Una comunità locale protesta per le agevolazioni date dalla legge alle caste più deboli: il governo ha inviato l'esercito, ci sono stati scontri, incendi e 10 morti

Un autobus incendiato durante le proteste della casta dei jat, Rohtak, 21 febbraio 2016 (SAJJAD HUSSAIN/AFP/Getty Images)
Un autobus incendiato durante le proteste della casta dei jat, Rohtak, 21 febbraio 2016 (SAJJAD HUSSAIN/AFP/Getty Images)

Negli ultimi giorni nello stato di Haryana, nell’India settentrionale vicino a New Delhi, ci sono state grandi proteste e scontri tra manifestanti e polizia che hanno causato almeno 10 morti e 150 feriti. Le proteste hanno provocato una crisi idrica a New Delhi, il blocco di centinaia di treni, strade e autostrade, la chiusura di scuole e fabbriche, l’incendio di autobus, negozi e stazioni di polizia: in risposta, il governo ha schierato l’esercito. A protestare sono i membri della comunità jat, una casta rurale, che dicono di essere vittime di una sorta di discriminazione al contrario poiché il governo assicura una quota garantita di posti di lavoro e nelle scuole pubbliche superiori alle classi sociali meno abbienti. Una protesta simile era stata portata avanti lo scorso agosto dalla casta dei patel nel Gujarat.

La società indiana era tradizionalmente basata sul sistema delle caste, cioè su una stratificazione sociale in cui l’appartenenza a una certa casta era ereditaria e determinava tutto, dal tipo di lavoro che una persona avrebbe potuto fare alle persone che avrebbe potuto sposare. Le persone appartenenti alle caste più basse erano povere e oppresse: la Costituzione indiana scritta negli anni Cinquanta, alla fine della dominazione inglese, proibì dunque il sistema delle caste e in particolare la discriminazione degli “intoccabili”, le persone non appartenenti a nessuna casta, che vivevano in uno stato di segregazione sociale e politica. Per rendere più equa la società indiana, la Costituzione prevedeva anche che per i membri delle caste più basse venissero riservati un certo numero di posti di lavoro nell’amministrazione pubblica e nelle scuole pubbliche; negli anni Novanta queste quote sono state alzate fino al 49 per cento.

Il sistema delle quote ha sempre avuto molti critici tra i membri delle vecchie caste più alte, che si sentono ingiustamente esclusi da certi lavori o dalle università anche se, per esempio, hanno voti migliori di qualcuno che però rientra tra le persone che beneficiano delle agevolazioni delle quote: e questo anche perché col passare dei decenni sono andate assottigliandosi – senza sparire, ovviamente – anche le differenze “sociali” e di censo tra persone di caste diverse. I jat sono tra quelli che subiscono gli effetti discriminatori delle quote per i lavori pubblici e le scuole: nel senso che sono esclusi a vantaggio di altri. Chiedono al governo di superare il sistema delle quote o di includere i jat tra i gruppi a cui spettano i posti riservati.

Come forma di protesta i jat hanno sabotato il canale di Munak, che è la principale via di rifornimento degli impianti che trattano l’acqua a New Delhi. Il governo locale è stato dunque costretto a chiudere scuole e uffici e a stabilire il razionamento dell’acqua nelle case per garantire la fornitura agli ospedali e agli altri servizi pubblici. I manifestanti hanno attaccato le case dei funzionari pubblici locali, incendiato stazioni ferroviarie e hanno bloccato centinaia di treni sui binari. Durante il fine settimana il governo ha inviato l’esercito: migliaia di soldati e paramilitari che hanno cercato di riportare l’ordine. Ci sono stati violenti scontri e questa mattina, lunedì 22 febbraio, l’esercito ha ripreso parzialmente il controllo del canale. La stampa locale dice comunque che le cose stanno tornando alla normalità e che presto sarà ripristinata la fornitura di acqua nella capitale.