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Beata Szydlo, prima ministra della Polonia (JOHN THYS/AFP/Getty Images)

La Polonia contro donne e gay?

Le nuove preoccupazioni sul governo di destra di Beata Szydło riguardano una legge sulla procreazione assistita e le accuse di voler vietare l'aborto

Da ottobre il partito di maggioranza in Polonia è Diritto e Giustizia (Pis), un partito molto di destra di cui fa parte anche Beata Szydło, la prima ministra polacca. Diritto e Giustizia ha vinto le elezioni battendo il centrodestra e promettendo tra le altre cose importanti riforme di politica interna a favore della famiglia “tradizionale” e ottenendo il supporto di molti vescovi conservatori. Nelle ultime settimane migliaia di manifestanti si sono riuniti per protestare contro il governo per una legge che tra le altre cose interviene sul Tribunale Costituzionale, ma associazioni polacche di femministe e per la difesa dei diritti civili si sono lamentate del poco sostegno e della poca attenzione per un’altra iniziativa presa dal governo, contro la procreazione assistita.

I movimenti accusano il nuovo governo di portare avanti una serie di politiche limitanti dei diritti delle donne e di voler far passare leggi che gradualmente vietino del tutto l’aborto. Chi si oppone al governo di Szydło sostiene che la legge che rende più complicata la procreazione assistita è solo l’inizio.

La prima mossa che ha fatto discutere delle intenzioni del governo polacco è stata l’abolizione dei sussidi che permettevano alle donne di ottenere la fecondazione in vitro – una delle più diffuse tecniche di procreazione assistita – negli ospedali pubblici. Il Guardian spiega che da ottobre a oggi Diritto e Giustizia non ha mai apertamente detto di voler vietare l’aborto, ma che alcuni parlamentari di Diritto e Giustizia hanno già tentato di far approvare una legge a riguardo durante la precedente legislatura.

Barbara Nowacka, femminista e leader della coalizione di opposizione Sinistra Unita (ZL), ha criticato il governo di Szydło e ha detto che «nelle ultime settimane la Polonia ha fatto molti passi indietro. Problemi come quello della parità di genere o quello dei diritti di gay e transessuali sembrano essere improvvisamente cancellati perché non più importanti». Jacek Kucharczyk dell’Istituto Affari Pubblici polacco (un gruppo indipendente che si occupa di questioni sociali e politiche) ha detto che la chiesa in Polonia si sta prendendo la sua rivalsa e ha spiegato che «Diritto e Giustizia ha racimolato una marea di persone che negli ultimi anni stavano davanti agli ingressi delle chiese e promuovevano petizioni contro l’aborto e la fecondazione in vitro». Quelle persone si opponevano alle riforme sociali – in verità piuttosto moderate – portate avanti da Piattaforma Civica (PO), il partito di centrodestra che insieme al Partito Popolare Polacco governava il paese dal 2007.

In generale, Diritto e Giustizia e la Chiesa polacca stanno portando avanti una campagna contro la cosiddetta “ideologia gender” che secondo loro l’Europa occidentale vorrebbe imporre anche in Polonia. Diritto e Giustizia ha raccolto queste proteste dichiarandosi pronto a ritirare la propria sottoscrizione dalla Convenzione di Istanbul del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica. La Convenzione è il primo strumento internazionale vincolante sul piano giuridico per prevenire e contrastare la violenza contro le donne e la violenza domestica.

Il Congresso delle Donne, una delle più importanti associazioni femministe dell’Europa orientale, ha scritto un comunicato ufficiale in cui accusa il governo di «evocare stereotipi sui ruoli tradizionali della donna e di cercare di limitarne autonomia e libertà». L’attivista Agnieszka Graff ha detto: «L’idea generale è il rifiuto dei diritti individuali in favore di quelli della famiglia, e l’aborto sta in cima alla lista. Lo vorranno vietare anche in caso di stupro. Si dice anche che il governo stia pensando di introdurre una condanna a tre anni per i dottori che praticano aborti illegali». Si parla inoltre di una limitazione dei cosiddetti studi di genere nelle università (i “gender studies” hanno a che fare con lo studio di come nella storia e nella cultura siano state costruite le identità femminili e maschili) e di una serie di provvedimenti contro le scuole che offrono percorsi di educazione sessuale per gli studenti e le studentesse: lo scorso novembre, il nuovo ministro della Cultura Piotr Gliński ha deciso per esempio di sospendere la rappresentazione teatrale de “La morte e la donzella” dalla scrittrice femminista premio Nobel Elfriede Jelinek, definendola “pornografia”.

Tra l’altro, da settimane la Polonia è bloccata da una grave crisi istituzionale per l’approvazione di una legge che interviene sul Tribunale Costituzionale e che la Corte Suprema ha però giudicato in gran parte incostituzionale. Il mancato rispetto della sentenza da parte del governo ha portato alle proteste degli ultimi giorni a sostegno delle quali ieri, mercoledì 23 dicembre, è intervenuto anche l’ex presidente polacco Lech Walesa chiedendo un referendum per contrastarla. Ci sono anche diverse preoccupazioni per altre decisioni prese dal nuovo governo. Dopo l’elezione Beata Szydło e il Pis sono intervenuti sui vertici delle agenzie anticorruzione del paese, hanno messo propri uomini a capo dei servizi segreti, hanno sostituito una serie di funzionari pubblici e hanno delineato un nuovo programma per la riforma dei media pubblici, sollevando diverse preoccupazioni sul sistema di controlli ed equilibri previsto dalla costituzione del paese.

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