• Mondo
  • Domenica 29 novembre 2015

I nuovi nemici della Russia, secondo Putin

Anne Applebaum racconta la "giravolta" compiuta dalla propaganda russa sul maggiore pericolo nel mondo da quando è iniziato l'intervento in Siria

Qualche settimana fa, parlando dell’intervento militare della Russia in Siria, un parlamentare russo ha detto nel corso di un popolare talk show: «È proprio da laggiù che la civiltà è arrivata fino a noi! Se non ci fosse stata una Siria non ci sarebbe stata una Russia». Non è stato il solo: nelle ultime settimane in Russia si sta parlando molto della Siria: per i mercatini delle strade di Mosca si possono già acquistare magliette che celebrano le operazioni militari russe in Medio Oriente.

Secondo la giornalista Anne Applebaum, che tra le altre cose ha vinto un premio Pulitzer, il merito è di alcuni cambiamenti nella narrazione sulla guerra in Siria compiuta dal governo russo insieme ai molti media che lo stesso governo controlla o influenza. Fino a non molto tempo fa, spiega Applebaum, i media russi sostenevano che il paese era minacciato da una cospirazione internazionale guidata e finanziata dalla NATO, che aveva lo scopo di isolare e destabilizzare la Russia finanziando movimenti neonazisti alla sua periferia. Ci si riferiva in particolare alla situazione ucraina, dove la Russia aveva annesso la Crimea e occupato una parte dell’Ucraina orientale.

Da quando è cominciato l’intervento militare in Siria – che la Russia ha giustificato come un’azione contro il terrorismo, ma che molti esperti sostengono sia stata più una decisione finalizzata a permettere la sopravvivenza del regime siriano di Bashar al Assad, alleato del governo russo – la storia della cospirazione guidata dalla NATO non si sente ripetere più molto spesso. I media russi hanno invece cominciato a parlare ogni giorno di Siria. La narrativa anti-NATO, racconta Applebaum, è stata “depotenziata” e sono diminuiti i riferimenti all’Ucraina, dove la Russia appoggia i ribelli che combattono contro il governo. Il presidente russo Vladimir Putin ha spiegato all’assemblea generale dell’ONU che oggi il vero nemico della Russia e del resto del mondo è il terrorismo islamico, e per combatterlo ha chiesto la creazione di una grande coalizione internazionale «simile a quella che affrontò Hitler».

Il “cambio di nemico” nei telegiornali delle principali televisioni russe è stato seguito da un atteggiamento meno aggressivo anche nei confronti della situazione in Ucraina. In Ucraina orientale la situazione è piuttosto tranquilla e la paura di quest’estate di un nuovo attacco dei separatisti filo-russi si è rivelata infondata. Anche i rapporti tra Russia e diversi paesi occidentali – molti dei quali mantengono ancora in vigore sanzioni contro diversi settori dell’economia russa – si sono distesi. Putin, ad esempio, ha incontrato il presidente francese François Hollande, che fino a poco tempo era considerato uno dei principali avversari della Russia per essersi rifiutato di consegnare due navi da guerra prodotte in Francia che la Russia aveva acquistato. I telegiornali russi si sono riempiti di immagini di Putin che si offre di aiutare i leader occidentali nella lotta al terrorismo, gli stessi – sempre secondo i media russi – che finanziavano i movimenti neonazisti in Ucraina.

Che ci sia qualcosa di serio dietro la nuova narrativa della propaganda russa lo dimostra anche la cronaca degli ultimi giorni, scrive Applebaum. Nel scorse settimane alcuni commentatori russi avevano tentato, senza molto successo, di unire in un unico fronte tutti i “nemici” della Russia, sostenendo ad esempio che i terroristi dell’ISIS si addestrano in Ucraina. Questa settimana la Turchia, un paese membro della NATO, ha abbattuto un aereo russo impegnato a bombardare i “terroristi” (anche se spesso più che l’ISIS o il Fronte al Nusra – il gruppo che rappresenta al Qaida in Siria – gli aerei russi bombardano gli altri gruppi ribelli). Il governo russo non ha però accusato l’intera NATO di quanto successo – come avrebbe potuto fare se avesse seguito la linea adottata in Ucraina – ma solo la Turchia. Il motivo, scrive Applebaum, deriva probabilmente dal fatto che Putin desidera poter dire la sua quando si arriverà al punto di decidere cosa sarà della Siria dopo la guerra: gli serve per dimostrare ai russi che il loro paese è tornato ad essere una potenza di primo livello. E per poter discutere del futuro della Siria i rapporti della Russia con l’Occidente non dovranno essere troppo compromessi.

Non è detto però che questa nuova narrazione resti in piedi molto a lungo. Se la guerra in Siria dovesse cominciare ad andare molto male e una soluzione al conflitto allontanarsi di pari passo, Putin dovrebbe spiegare come mai i suoi sforzi sono falliti. E in quel caso i complotti della NATO «tornerebbero ad essere un ottimo capro espiatorio», conclude Applebaum.