Domande e incubi sulla raccolta differenziata

Antonio Pascale è molto favorevole, ma non vorrebbe andare a finire come in una certa città giapponese

Un centro di smaltimento dei rifiuti in Francia. (THOMAS SAMSON/AFP/Getty Images)
Un centro di smaltimento dei rifiuti in Francia. (THOMAS SAMSON/AFP/Getty Images)

Antonio Pascale – giornalista, scrittore, agronomo e blogger del Post – ha scritto sul Foglio di oggi una riflessione sulla raccolta differenziata dei rifiuti, sulle sue concrete difficoltà, sulle sue prospettive – alcune piuttosto inquietanti – e sull’equilibrio tra costi e benefici.

Alla domanda: sei favorevole alla raccolta differenziata, io rispondo sì. Anzi, la considero un dovere civile. Alla domanda ti è facile praticare la raccolta differenziata, devo rispondere, onestamente: insomma. Dico insomma soprattutto perché da qualche tempo noto lo scarto (l’inquietante gap) tra le nostre giuste dichiarazioni di intenti e gli strumenti per metterle in pratica. Ci rifletto, non vorrei mollare e tuttavia comincio a sentire una certa stanchezza, un pensiero mi attraversa: ma mica sto sbagliando tutto? Anzi, per essere più precisi, spesso ho l’incubo Kamikatsu/Kasuichi. Il primo è un comune di 2.042 abitanti (18 per km2), il secondo è il sindaco del paese, lui ha imposto per legge la raccolta differenziata “rifiuti zero spaccato”. Cioè: hanno abolito il servizio pubblico di raccolta. I rifiuti organici devono essere selezionati in casa e ogni famiglia deve produrre compost da utilizzare nel proprio giardino o come letame per fioriere. Tutto il resto dei rifiuti va portato all’isola ecologica, ma attenzione, dopo aver tolto le etichette dalle bottiglie, lavato e asciugato ogni rifiuto, smontati gli “oggetti” così da riporre i differenti materiali in 34 diversi contenitori. Appunto, c’è il cassonetto per le sole penne biro, per i rasoi multiuso, per i lacci delle scarpe, le chiusure lampo ecc.

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