• Sport
  • Venerdì 16 ottobre 2015

Perché le calciatrici di Serie A scioperano

La prima giornata del campionato di calcio femminile non si giocherà: le calciatrici chiedono l'applicazione di riforme di cui si discute da tempo

Melania Gabbiadini (Maurizio Borsari/AFLO)
Melania Gabbiadini (Maurizio Borsari/AFLO)

L’AIC, il sindacato dei calciatori e delle calciatrici italiani, ha indetto uno sciopero per la prima giornata di Serie A di calcio femminile, prevista per il 17 e il 18 ottobre. La stessa AIC ha spiegato che la causa dello sciopero è la mancata applicazione di alcune importanti modifiche nel sistema del calcio femminile già discusse nelle scorse settimane. Le richieste principali delle calciatrici riguardano l’abolizione del vincolo sportivo (cioè di una specie di contratto a vita con cui sono legate le calciatrici alla propria società), la possibilità di firmare contratti di più anni e nuovi finanziamenti per lo sviluppo del calcio femminile.

Da anni si discute di una riforma del calcio femminile, che ancora oggi in Italia non ha una categoria professionistica e viene gestito dalla Lega Nazionale Dilettanti (LND). Lo scorso maggio il presidente della LND era intervenuto in una discussione sui fondi per il calcio femminile dicendo: «Basta! Non si può sempre parlare di dare soldi a queste quattro lesbiche»; dopo qualche giorno è stato sfiduciato dal consiglio della LND e ha lasciato l’incarico. In estate la FIGC – la Federazione Italiana Giuoco Calcio, che gestisce e organizza i campionati professionistici – per occuparsi del problema ha nominato una commissione chiamata “Esecutivo del consiglio federale per lo sviluppo del calcio femminile”. L’Esecutivo si è incontrato con l’AIC il 6 ottobre ma secondo Melania Gabbiadini, una delle più forti e importanti calciatrici italiane e sorella dell’attaccante del Napoli Manolo Gabbiadini, nell’incontro sono emerse «solo proposte. Noi vogliamo qualcosa di scritto e di concreto».

La Lega Nazionale Dilettanti ha fatto sapere in un comunicato che «auspica un ripensamento rispetto alla decisione di non scendere in campo da parte delle calciatrici per senso di responsabilità e per dare sostegno al percorso avviato in favore del movimento del calcio femminile italiano». Nello stesso comunicato la LND ha anche spiegato che alcuni provvedimenti – come ad esempio l’erogazione di nuovi finanziamenti per lo sviluppo del calcio femminile – verranno presi già nelle prossime settimane.

Lo stanziamento di 500mila euro per la promozione del calcio femminile, di cui 50mila euro saranno destinati alla creazione di un fondo di solidarietà per le calciatrici e 180 mila destinati alle società che versano in grave difficoltà economica, sarà ratificato nella riunione del competente Comitato di presidenza del 22 ottobre prossimo. Mentre la possibilità di estendere al calcio femminile la stipula di accordi economici pluriennali, valutate tutte le condizioni normative, sarà ratificata nella riunione dello stesso Esecutivo già fissata per il 27 ottobre. Tali decisioni si aggiungono ad una serie di iniziative che stanno già producendo effetti positivi quali l’obbligo di istituire una sezione di calcio femminile all’interno di ogni club di Serie A e B (da quest’anno è obbligatorio il tesseramento di almeno 20 calciatrici under 12 fino ad arrivare entro 3 anni alla creazione di squadre giovanissime ed allieve).

Secondo quanto dice la stessa LND rimarrà però fuori dai prossimi provvedimenti l’abolizione del vincolo sportivo, da anni uno dei problemi più gravi per i calciatori dilettanti e per le calciatrici di alto livello, anche loro considerate formalmente dei dilettanti. Secondo una definizione contenuta in uno studio di Paolo Moro, un docente universitario di filosofia del diritto ed esperto di diritto sportivo, il vincolo sportivo è un «legame associativo senza assennati limiti di tempo e senza possibilità di essere sciolto se non con il consenso della società di appartenenza». In pratica, una norma prevista dalle principali federazioni sportive impone a un giocatore dilettante di cedere tutti i propri diritti sportivi legati alle proprie prestazioni alla propria società senza limiti di tempo, e senza quindi avere la possibilità di scegliere se trasferirsi autonomamente in un’altra squadra. Damiano Tommasi, ex calciatore della Roma e della Nazionale italiana e oggi presidente dell’AIC, da anni sostiene che vada abolito, e ha spiegato a Repubblica che la questione è tuttora molto grave nel calcio femminile, che «soffre come numeri e non si può permettere di lasciare per strada nemmeno un’atleta».

Non è chiaro se esiste la possibilità di anticipare la prossima riunione dell’Esecutivo, prevista per il 27 ottobre, e riuscire quindi a convincere l’AIC a far giocare la prima giornata di Serie A. L’ultimo campionato si è concluso il 9 maggio ed è stato vinto dal Verona, che ieri si è qualificato per gli ottavi di finale di Champions League pareggiando per 2-2 contro le austriache del St. Pölten Spratzern nei sedicesimi di finale (l’andata era finita 5-4 per il Verona).