(Joe Raedle/Getty Images)

Un articolo così non si era mai visto

Francesco Piccolo riflette sull'enfasi che mettiamo in ogni cosa, contagiati dai media

L’inserto La Lettura del Corriere della Sera si apre questa settimana con una riflessione dello scrittore Francesco Piccolo sulle derive mediatiche e personali di due pensieri: quello giornalistico per cui ogni cosa deve essere confezionata come straordinaria e sensazionale, e quello storico che ha reso protagonista del racconto del mondo le piccole cose quotidiane e le vite private. Aggiungeteci l’esibizione di sé stimolata da internet, e la competizione tra notizie stimolata da internet, e il risultato è che tutto è “storico”.

Quando ero ragazzino, c’erano questi incontri di boxe notturni con Muhammad Ali o Foreman o Carlos Monzón e poi anche Roberto Durán, che chiamavano Mano di pietra. Bisognava vederli perché i giornali mettevano pressione, anche una certa ansia, nel dire che quella notte c’era l’incontro del secolo. Di solito a Las Vegas, ma poi anche in altri angoli della terra, abbastanza lontani da essere trasmessi a orari impossibili. A me la boxe non faceva impazzire, però pensavo: mi posso mai sottrarre all’incontro del secolo? Così mettevo la sveglia alle tre di notte e insieme a mio padre guardavo questi round con l’aria assorta di chi sta assistendo a un evento storico. Speravo che Mano di pietra la usasse presto, così ce ne andavamo a dormire ed eravamo a posto con la coscienza.
Però poi qualche mese dopo c’era un altro incontro di boxe, e dicevano: questo è l’incontro del secolo. Poi c’era un altro incontro del secolo, e poi un altro ancora. Quindi andavo da mio padre e chiedevo: ma quanto durano i secoli? E quanti ne sono passati da quando sono nato?

(continua a leggere sulla rassegna stampa del blog di Pierluigi Piccini)

– Luca Sofri: L’era dell’enfasi

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