Repubblica scrive che la procura di Milano ha aperto un’inchiesta sulla spartizione dei diritti televisivi della Serie A fra il 2015-2018: Repubblica dice che fra i documenti si parla anche della vendita del Milan
Un articolo pubblicato stamattina da Repubblica racconta di una presunta inchiesta della procura di Milano sulla spartizione dei diritti televisivi per la Serie A nel trienno 2015-2018. L’articolo si intitola “Diritti tv gonfiati e scalata al Milan: l’inchiesta segreta che scuote il calcio”: in realtà, del Milan si parla molto poco, e in mezzo all’articolo.
Tra le carte dell’accusa, ci sono anche tracce dei movimenti societari che hanno accompagnato la discussa compravendita – ancora in fase di perfezionamento – dell’Ac Milan, tra la famiglia Berlusconi e il tahilandese Mister Bee. […] Quale sia il collegamento conl’inchiesta sui diritti, almomento è praticamente impossibile scoprirlo. L’acquisizione del 49 per cento della società di via Turati da parte di Bee è stata accompagnata sin dal suo annuncio, da molti misteri. E personaggi legati al mercato dei diritti sembrano aver seguito da vicino anche questa operazione.
Fininvest, la società di Silvio Berlusconi che controlla il Milan, ha risposto all’articolo con un comunicato.
Non basta definire “cattivo giornalismo” l’incredibile operazione che Repubblica compie stamane. Annuncia con grande clamore in prima pagina l’apertura di una inchiesta della Procura di Milano, oltre che sui diritti tv, sulla “vendita del Milan”. Ma nelle due paginate che dedica all’argomento, sulla questione Milan compaiono solo poche righe di elucubrazioni, insinuazioni, ipotesi confuse, e l’ammissione che lo stesso quotidiano non sa assolutamente che cosa c’entrino le discussioni per la cessione di una minoranza della società calcistica con una presunta indagine sui diritti. La Fininvest nulla sa di inchieste della Procura sulla vicenda Milan ed esclude che tali inchieste possano esistere. Ribadisce la cristallina correttezza dei propri comportamenti. Ma denuncia con vigore un modo di fare disinformazione che ha superato ormai ogni limite. È qualcosa di molto più grave del “cattivo giornalismo”, è un comportamento inqualificabile, in grado di creare danni irreparabili. Repubblica sarà chiamata a risponderne davanti all’autorità giudiziaria.