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  • Sabato 27 giugno 2015

Un passaggio commovente e uno brutale nella sentenza sui matrimoni gay

Li ha scelti Slate fra le 103 pagine della storica sentenza della Corte Suprema, e vale la pena leggerli entrambi

I membri della Corte Suprema degli Stati Uniti (Chip Somodevilla/Getty Images)
I membri della Corte Suprema degli Stati Uniti (Chip Somodevilla/Getty Images)

Slate ha raccolto i due passaggi più significativi della sentenza della Corte Suprema che venerdì 26 giugno ha legalizzato i matrimoni gay in tutti gli Stati Uniti. Il primo passaggio è stato scritto dal giudice Anthony Kennedy – di orientamento conservatore, ma che spesso ha votato coi progressisti in materia di diritti civili – ed è contenuto nelle motivazioni della sentenza da parte della Corte. Jordan Weissmann, il giornalista economico di Slate, ha detto che le parole di Kennedy lo hanno commosso, e che le ritiene «uno dei pezzi più belli che leggerete in una sentenza giudiziaria, in assoluto». Il secondo passaggio è stato invece scritto dal giudice conservatore Clarence Thomas ed è contenuto nel suo parere contrario all’esito della sentenza. Il parere di Thomas è stato molto citato in giro per la sua “brutalità” nel condannare il matrimonio omosessuale, e ruota attorno a una complicata questione lessicale tirando in ballo anche la schiavitù.

Kennedy, nella parte finale delle motivazioni della sentenza, ha scritto:

Nessuna unione è più profonda del matrimonio, dato che contiene gli ideali più alti di amore, fedeltà, devozione, sacrificio e famiglia. Unendosi in matrimonio, due persone diventano qualcosa di più grande rispetto a cos’erano prima, separatamente. Come hanno dimostrato alcuni dei querelanti in questo caso, il matrimonio implica un amore che può durare anche oltre la morte. Affermare che questi uomini e queste donne non rendono onore all’ideale di matrimonio sarebbe irrispettoso. Lo rispettano a tal punto che lo desiderano per sentirsi pienamente realizzati. La loro speranza è quella di non essere condannati a trascorrere la vita in solitudine, esclusi da una delle più antiche istituzioni umane. Chiedono di essere trattati davanti alla legge con la stessa dignità delle altre persone. La Costituzione dà loro questo diritto.

Thomas, invece, nel suo parere negativo ha scritto:

Da molto prima del 1787, la libertà è stata intesa come possibilità di fare cose al di fuori dell’ambito governativo, e non di godere di privilegi garantiti dallo stesso. La logica conseguenza di questo ragionamento è che la dignità umana non può essere “sottratta” dal governo. Gli schiavi non erano meno “degni” solamente perché il governo li considerava schiavi. Le persone internate nei campi di concentramento non persero la loro dignità perché il governo li aveva confinati lì dentro. E le persone a cui il governo non concede alcuni privilegi non sono meno “degne” per via di questo rifiuto: il governo non può garantire dignità alle singole persone, e nemmeno può portarla via.