• Mondo
  • Venerdì 26 giugno 2015

Il matrimonio gay è legale in tutti gli USA

Lo ha deciso la Corte Suprema con una sentenza storica: i divieti sono incostituzionali, ora il diritto a sposarsi è esteso a tutti e ovunque nel paese

(AP Photo/Jose Luis Magana)
(AP Photo/Jose Luis Magana)

La Corte Suprema degli Stati Uniti ha reso incostituzionali le leggi statali che vietano il matrimonio gay, rendendolo di fatto legale in tutto il paese. La decisione è stata presa con cinque giudici favorevoli e quattro contrari: è stato stabilito che in base al Quattordicesimo emendamento della Costituzione americana – quello sull’uguaglianza di tutti i cittadini davanti alla legge – gli stati devono permettere a tutti i cittadini di sposarsi con chi vogliono e riconoscere i matrimoni gay celebrati fuori dai loro confini, mentre i divieti dei matrimoni gay sono incostituzionali. Alcuni stati che fino a poco fa proibivano il matrimonio omosessuale hanno iniziato ad avviare le pratiche per celebrarne i primi.

È una sentenza storica: nonostante già 37 stati americani avessero legalizzato il matrimonio gay negli ultimi anni, e grazie a un’altra famosa sentenza della Corte Suprema il matrimonio gay sia già riconosciuto dal governo federale, ora è possibile celebrare i matrimoni gay e vederne riconosciuti i diritti anche a livello statale, in tutti gli Stati Uniti. Prima di questa sentenza il matrimonio gay era esplicitamente vietato in 13 dei 50 stati americani.

https://twitter.com/germanrlopez/status/614433718044901376

Il presidente degli Stati Uniti Barack Obama ha commentato la sentenza spiegando che si tratta di «una vittoria per l’America». Obama ha aggiunto che «quando tutti gli americani sono trattati in maniera uguale, siamo tutti più liberi».

Secondo un sondaggio di Gallup, dal 1996 al 2014 i cittadini americani favorevoli alla legalizzazione dei matrimoni gay sono passati dal 27 al 55 per cento. L’amministrazione di Barack Obama è favorevole all’equiparazione fra matrimonio omosessuale ed eterosessuale già dal 2011.

Come ci siamo arrivati
Il “Defense of Marriage Act”, una legge approvata nel 1996 ma già allora apparsa di dubbia costituzionalità, conteneva una definizione di matrimonio limitata a quello eterosessuale: riguardo il matrimonio gay, inoltre, sospendeva il tradizionale vincolo di reciprocità fra i vari stati. Prima del giugno 2013, infatti, a una coppia omosessuale che si era sposata in Massachusetts (dove il matrimonio gay è legale dal 2004) non potevano essere riconosciuti i molti benefit fiscali e pensionistici federali – qui la lista di tutti i 1049 benefit – nel caso si fosse trasferita in uno stato in cui il matrimonio gay era illegale. La Corte Suprema è intervenuta a favore del riconoscimento federale dei matrimoni gay nel 2013: ma fino a oggi alcuni stati potevano rifiutarsi di celebrare i matrimoni gay e anche di riconoscere un matrimonio gay celebrato in un altro stato, e di conseguenza negare vari diritti e servizi.

In seguito alla sentenza del giugno 2013 moltissime corti federali minori avevano legalizzato il matrimonio gay in diversi stati, argomentando che la ratio della sentenza legittimava l’introduzione del matrimonio gay anche a livello statale. Un anno dopo, nell’ottobre del 2014, la Corte Suprema aveva rifiutato di esaminare gli appelli avanzati contro i matrimoni gay da parte di cinque stati in cui le proprie corti federali minori li avevano legalizzati, esprimendosi di fatto per una loro legittimazione anche a livello statale.

Il 6 novembre del 2014, però, la Corte d’Appello federale del sesto circuito, che ha giurisdizione in Kentucky, Michigan, Tennessee e Ohio, decise di confermare il diritto di vietare il matrimonio gay nei quattro stati, al contrario di quanto deciso da alcune corti minori in ciascuno stato. Si era creata quindi una discrepanza fra quanto deciso da tutte le altre corti federali, cosa che poteva essere risolta solo da un intervento della Corte Suprema.