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  • Venerdì 5 giugno 2015

La Grecia ha rinviato il pagamento all’FMI

Potrebbe essere una strategia per guadagnare qualche giorno in vista della conclusione di un accordo: intanto Tsipras ha presentato le sue proposte all'UE

Un murale di Atene, 4 giugno 2015 (AP Photo/Thanassis Stavrakis)
Un murale di Atene, 4 giugno 2015 (AP Photo/Thanassis Stavrakis)

Il governo della Grecia avrebbe dovuto pagare oggi, venerdì 5 giugno, una rata da 300 milioni di euro al Fondo Monetario Internazionale (FMI). La sera di giovedì – dopo che Christine Lagarde, direttore del FMI, si era detta fiduciosa che il pagamento sarebbe arrivato – la Grecia ha però comunicato l’intenzione di accorpare in un’unica rata i quattro pagamenti previsti, per un totale di 1,6 miliardi di euro, che verserà entro il 30 giugno. Gerry Rice, portavoce del FMI, ha detto che si tratta di un’opzione prevista dallo stesso regolamento del FMI dalla fine degli anni Settanta: l’opzione prevede che i paesi membri possano raggruppare insieme più rate in scadenza nello stesso mese e pagarle in una volta sola. Finora ne aveva usufruito solo lo Zambia nel 1980. La procedura richiesta dalla Grecia è stata comunque autorizzata: si tratta della prima volta da quando sono iniziati i piani di aiuto nel 2010 che il paese non rispetta una delle scadenze di rimborso.

Ipotesi sul ritardo
Il Guardian e diversi altri giornali sostengono che la mossa del primo ministro Alexis Tsipras sia allo stesso tempo una reazione e una sfida verso i creditori internazionali che chiedono austerità e riforme in cambio dell’erogazione dei 7,2 miliardi di prolungamento di aiuti già concessi lo scorso febbraio dall’Eurogruppo, ma non ancora versati. Il Guardian aggiunge anche che se la Grecia avesse voluto avrebbe avuto la capacità di pagare i 300 milioni al FMI, nonostante la posizione finanziaria complicata e la mancanza di liquidità del paese.

Le Monde scrive che Tsipras guadagnerà così del tempo prezioso: il governo avrebbe potuto pagare 300 milioni il 5 giugno, ma probabilmente non i 336 in scadenza il 12 giugno e altre centinaia di milioni i giorni dopo ancora. Se avesse versato la rata del 5 sarebbe stato costretto a un accordo politico nelle ore o nei giorni successivi. Il ritardo darà invece a Tsipras un margine di trattativa. Inoltre, qualche giorno in più potrebbe essere necessario a Tsipras per preparare la sua maggioranza al parlamento di Atene e i membri del suo partito, Syriza, con i quali ha alcune difficoltà, all’approvazione di un accordo futuro.

A che punto sono le trattative
Giovedì 4 giugno a Bruxelles Alexis Tsipras ha incontrato Jean-Claude Juncker, presidente della Commissione europea, e Jeroen Dijsselbloem, presidente dell’Eurogruppo, che riunisce i ministri dell’Economia dei paesi membri. Juncker e Dijsselbloem hanno presentato a Tsipras una proposta di cinque pagine per concludere un accordo che il vice ministro greco della sicurezza sociale Dimitris Stratoulis ha definito «vergognoso e disonorevole»: prevede tagli di spesa e aumenti delle tasse per un valore corrispondente al 2 per cento del PIL del paese, attraverso un aumento dell’IVA e una riforma radicale delle pensioni che finora il governo greco ha detto di non voler toccare (qualche tempo fa, il ministro delle Finanze Varou­fa­kis aveva detto che «pre­fe­riamo pagare un pen­sio­nato rispetto a un cre­di­tore»).

I creditori hanno chiesto anche una serie di privatizzazioni che il governo greco non è disposto ad accettare completamente: il governo si è detto favorevole alla privatizzazione degli aeroporti e del Pireo, ma non intende cedere sulle aziende che producono e distribuiscono elettricità. E infine c’è la questione del bilancio: i creditori chiedono alla Grecia un saldo positivo e un avanzo primario (cioè il saldo tra entrate e uscite prima del pagamento degli interessi sul debito) pari all’1 per cento nel 2015 e al 2 per cento nel 2016. Tsipras chiede, per limitare i tagli, cifre più basse: 0,6 per cento per quest’anno e 1,5 per cento per il 2016.

Tsipras ha presentato a Bruxelles le sue proposte contenute in 47 pagine che ha definito «complete e realistiche» (una precedente stesura delle proposte era stata giudicata inconsistente, vaga e per questo era stata molto criticata). In una lettera pubblicata e tradotta su diversi giornali internazionali, Tsipras ha spiegato i contenuti delle sue proposte. Un punto centrale è «l’impegno a ridurre – e quindi a ren­dere rea­liz­za­bili – gli avanzi pri­mari per il 2015 e il 2016, acconsen­tendo ad avanzi primari più ele­vati per gli anni successivi, poi­ché ci aspet­tiamo un aumento proporzio­nale dei tassi di cre­scita dell’economia greca». Ha poi scritto di voler aumen­tare le entrate pubbli­che «redi­stri­bu­endo l’onere fiscale dalle classi medio-basse a quelle più alte che finora non hanno fatto la loro parte». E questo attraverso l’approvazione di una legge contro l’evasione fiscale, «una tassa spe­ciale sui profitti molto alti, una tassa sulle scom­messe online, l’intensificazione dei con­trolli sui tito­lari di conti ban­cari con somme ingenti, una gara di appalto per la radio­dif­fu­sione e altre licenze, che la troika aveva stra­na­mente dimen­ti­cato negli ultimi cin­que anni». Sulle pensioni non è invece chiara la situazione: secondo alcuni Tsipras avrebbe ceduto a una riforma, ma la notizia è poi stata smentita da diverse agenzie di stampa.

L’ultimatum dei creditori scadrà comunque tra dieci giorni. Tsipras riferirà oggi pomeriggio al parlamento di Atene a che punto è la trattativa e nelle prossime ore dovrebbe tornare a Bruxelles per ulteriori negoziati.

Possibile bancarotta
La Grecia è sempre più vicina alla bancarotta e da tempo circola l’ipotesi di una sua eventuale uscita dall’euro: si tratta di un tema ricorrente ma di complicatissima praticabilità e che finora non ha trovato concreti sostegni politici nel governo greco. Più si va avanti nel tempo con le trattative, più la Grecia è in difficoltà, ma anche l’Europa. Thomas Fazi ha scritto sul Manifesto di oggi:

«In virtù del dilun­garsi delle trat­ta­tive la Gre­cia ha sem­pre meno da per­dere. A causa della con­ti­nua emorragia di capi­tali dalla Gre­cia – i depo­siti presso le ban­che gre­che hanno raggiunto il livello più basso da dieci anni a que­sta parte – le ban­che sono sem­pre più dipendenti dalla liqui­dità di emer­genza della Bce for­nita attra­verso l’Emergency Liqui­dity Assi­stance (Ela). Se da un lato que­sto pone il paese sem­pre più alla mercé della banca centrale, dall’altro – come ha fatto notare il falco tede­sco Hans-Werner Sinn – fa anche lievitare i costi per la con­tro­parte di un’eventuale uscita della Gre­cia dall’euro, poi­ché aumentano i crediti dell’Eurosistema nei con­fronti della banca cen­trale greca all’interno del sistema Target2, sem­pre attra­verso l’Ela (che in caso di uscita, ovvia­mente, andreb­bero in buona parte per­duti). Oggi que­sti ammontano a circa 100 miliardi di euro, pari quasi a due terzi il red­dito nazio­nale della Gre­cia. Come dice l’adagio, se devi alla banca mille euro è un pro­blema tuo, ma se le devi un milione è un pro­blema della banca».